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Alex Schwazer torna all’attacco. La decisione del giudice tedesco di concedere la sola analisi della provetta A non è andata giù all’ex marciatore altoatesino, squalificato per la seconda volta la scorsa estate per doping in relazione all’esame effettuato il primo gennaio 2016. Convinto della sua innocenza, Schwazer ha spostato la battaglia nei tribunali ordinari chiedendo l’esame del Dna sulle proprie urine, ma il magistrato tedesco ha dato l’ok soltanto per la provetta A, negando il trasporto in Italia delle contro analisi e scatenando la rabbia dell’olimpionico della marcia.
“Cari Amici – ha scritto Schwazer sulla propria pagina Facebook – la notizia che è giunta dal giudice tedesco è stata letta da qualche giornale italiano come favorevole per me ma le cose non stanno affatto così. Come ha già accennato il mio allenatore Donati la differenza tra la provetta A e la provetta B è totale: la provetta B è stata aperta e poi risigillata davanti al mio perito, per cui il suo contenuto di urina è garantito, mentre la provetta A è stata aperta dai soli responsabili del laboratorio e mai risigillata. È dunque chiaro che la provetta A, da sola, non ha alcun valore. Tutto al più può essere utile come comparazione con il contenuto della provetta ma questo è proprio ciò che non vuole la Iaaf, come emerge in tutta chiarezza dalle email diffuse da Fancy Bears”.
La decisione del giudice tedesco non trova spiegazioni specifiche e Schwazer ha voluto rimarcarlo: “Cerco di spiegare meglio la situazione – ha scritto l’altoatesino – Nelle contro analisi viene utilizzata la provetta B, a nessuno verrebbe di proporre di usare la provetta A che è solo servita per l’esame iniziale. E che, forse, l’esame del DNA è meno importante di una contro analisi? Come ho già detto, sono convinto che le urine siano mie ma non del tutto. C’è una piccola parte estranea al mio corpo che mi ha fatto risultare positivo al controllo del primo gennaio 2016. Questo è il motivo per cui insisto sul fatto che devono essere analizzate per intero entrambe le provette e non certo solamente 10 ml di un campione non sigillato…”.
Schwazer è poi passato all’attacco, accusando la Iaaf e la stessa magistratura tedesca: “Con quale faccia la Iaaf ha potuto proporre al giudice tedesco questa soluzione? E con quale grado di approfondimento lo stesso giudice ha fatto propria tale proposta? So sulla mia pelle quanto queste istituzioni sportive siano suadenti, ma in questo caso lo sforzo della Iaaf per non consentire all’autorità giudiziaria italiana di disporre di tutte e due le provette è andato oltre fino a sconfinare in un grossolano impedimento della mia difesa, come del resto hanno fatto fin dall’inizio”.
Poi Schwazer se l’è presa anche con la Agenzia mondiale antidoping (Wada): “Mi viene ora da sorridere leggendo che la Wada provvederà a garantire il corretto trasporto dell’urina. Ma che cosa c’è più da garantire se quell’urina che trasporteranno è in una provetta rimasta aperta da un anno e mezzo? Queste istituzioni sono bravissime a sottolineare la propria correttezza ed il rispetto delle regole. Perfino la Iaaf, con la sua storia recentissima di corruzione che ha toccato i suoi vertici, ha ostentato il suo rispetto delle regole…”.
Schwazer resta dunque molto arrabbiato per come è stata gestita tutta la vicenda, ma non ha intenzione di demordere: “Questa è una brutta storia, piena di falsi, di sfrontate forzature e di vessazioni nella quale la Iaaf è stata la protagonista ma con diversi complici. Sono stati pochissimi i dirigenti sportivi che hanno mostrato sensibilità e attenzione ai miei disperati tentativi di far capire che io non sono colpevole di niente e che tutto è stato mostruosamente costruito a più mani. Quello che è certo è che io, il mio allenatore e i miei avvocati andremo avanti fino in fondo e chi ha la coscienza sporca non potrà stare tranquillo”.