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“Non so se continuerò a scrivere romanzi, ma non è il momento di preoccuparmene. Fare lo scrittore è il mestiere più bello del mondo”. Stefano Benni scopre le carte e festeggia i 40 anni di un libro da un milione di copie, Bar Sport, entrato ormai a far parte dell’immaginario collettivo. Con lui, l’amico Daniel Pennac, stessa assonanza di penna, una storia condivisa, un percorso comune all’ombra della casa editrice Feltrinelli. Nella splendida cornice di Piazza Castello a Mantova, nell’ambito del 20° Festival della Letteratura, i due avviano un dialogo esilarante.
“È noto che Bar Sport non sia il mio libro preferito – ha detto Benni -, ma voi lo avete scelto. Oggi sono felice, perché facciamo festa insieme. Ma da oggi in poi, non parlatemi più di Bar Sport”. Lo scrittore si lancia in un esilarante elenco di tutti gli eventi, seri e semi-seri, avvenuti nel 1976, anno di pubblicazione del libro. Scherza sulla sua età e sui suoi problemi di salute, ma si mostra sempre aperto a qualsiasi soluzione il destino gli riservi. I quarant’anni del Bar Sport, insomma, sono un’occasione per un resoconto del suo viaggio letterario, delle sue letture e delle sue amicizia.
Ed è l’amico di sempre, Daniele Pennac, a rendere l’omaggio più alto a Benni, citandolo come modello e come guida nei primi passi della sua carriera di autore. Il palco di Mantova, per lui, diventa l’occasione per annunciare la stesura di un nuovo capitolo della saga dei Malaussène. “Se fosse un personaggio del Bar Sport – scherza Benni – Daniel sarebbe il tecnico da bar, quello che ha sempre la risposta pronta: il 50% delle volte perché la sa, l’altro 50% perché la inventa”.
Poi, è il momento degli applausi e del bagno di folla. Una fila lunghissima di lettori affronta il sole di un caldo pomeriggio mantovano di fine estate per strappare un autografo a Benni e Pennac. Autori che certificano la pacificazione di un certo tipo di pubblico con la grande letteratura.