Olimpiadi Tokyo 2020

Tokyo 2020, ombre sulla Cina: 23 casi positivi prima dei Giochi Olimpici in Giappone

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Una nuova bufera doping rischia di sconvolgere il mondo del nuoto a pochi mesi dalle Olimpiadi di Parigi. I fatti, però, risalgono a Tokyo 2021 e vedono coinvolta la spedizione cinese in Sol Levante. Secondo quanto emerge da un videoreportage che dovrebbe essere trasmesso nel fine settimana, l’ARD spiega di aver ricevuto i documenti, ribattezzati “China files”, da un rapporto di indagine dell’Agenzia nazionale antidoping cinese (Chinada). Sarebbero 23 i nuotatori cinesi risultati positivi a una sostanza vietata prima delle Olimpiadi di Tokyo del 2021, ma poi autorizzati a competere dopo che gli organi di governo mondiali hanno segretamente accettato le scoperte della Cina secondo cui l’avevano ingerita inconsapevolmente.

Tra questi nuotatori ci sarebbero il campione olimpico dei 200 metri farfalla Zhang Yufei, l’olimpionico dei 200 misti e secondo classificato questa stagione al mondo Wang Shun e il ranista Qin Haiyang, campione mondiale dei 50, 100 e 200 lo scorso anno, mentre 13 dei 23 atleti positivi hanno partecipato alle Olimpiadi di Tokyo dove la Cina ha vinto sei medaglie. Sempre secondo l’ARD, che ha lavorato insieme al New York Times, la Cina ha giustificato questi casi di doping nel suo report indicandone la causa nella contaminazione del cibo preparato per tutti gli atleti nella cucina di un hotel a Shijiazhuang. Nel rapporto si legge inoltre che gli investigatori hanno ispezionato la cucina due mesi dopo e hanno trovato tracce di trimetazidina nella cappa aspirante, sui contenitori delle spezie e nello scarico. 

“La Wada ha  concluso di non essere in grado di confutare la possibilità che la contaminazione fosse la causa della positività alla trimetazidina e che ciò era coerente con i dati analitici contenuti nel dossier. La Wada ha inoltre concluso che gli atleti non sarebbero stati considerati colpevoli o negligenti. Pertanto, e sulla base del parere di un consulente esterno, la Wada ha ritenuto che un ricorso non fosse giustificato”. “Se questo è vero, sembrerebbe un insabbiamento ai massimi livelli mondiali”, ha ammesso all’ARD Travis Tygart, capo dell’Agenzia americana antidoping.

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