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Djokovic si riscopre umano a Wimbledon: Alcaraz riscrive il concetto di precocità stupendo anche se stesso

Carlos Alcaraz e Novak Djokovic
Carlos Alcaraz e Novak Djokovic - Foto Ray Giubilo

Ci sono alcune partite destinate a rimanere a lungo nella storia del tennis: Alcaraz-Djokovic è una di queste. Non solo perché banalmente si tratta di una finale di Wimbledon, ma per ciò che rappresenta per tutto il movimento tennistico. Parlare di ricambio generazionale, come accaduto in occasione di Federer-Sampras nel 2001, forse non è del tutto corretto. Fatto sta che il risultato di questo match non passa inosservato ed è destinato a far parlare a lungo. Paradossalmente ciò che stupisce di più non è tanto la vittoria di un fenomeno come Alcaraz, seppur più precoce del previsto, bensì la sconfitta di Djokovic. A parlare per lui erano i numeri: vincitore delle ultime quattro edizioni dello slam londinese, imbattuto su erba dal 2018, imbattuto negli slam dal Roland Garros 2022 (27 match) e ancora in corsa per il Grande Slam. Carlos Alcaraz è riuscito a far passare tutto questo in secondo piano, battendo al quinto set (e dopo un 6-1 subito in apertura) il giocatore più forte della storia di questo sport.

La vittoria di Alcaraz è la vittoria del talento, ma anche della solidità mentale e della sana incoscienza dei vent’anni. Se lo spagnolo è riuscito a laurearsi campione di Wimbledon, in parte il merito è anche delle basse aspettative alla vigilia. Lui stesso ha detto nell’intervista post-match: “Già sfidare un grande come Djokovic nella finale di questo torneo è motivo d’orgoglio“. Carlitos però non si è accontentato di fare da comparsa ed è riuscito a conquistare una clamorosa vittoria in cinque set. Un’altra dichiarazione molto interessante dello spagnolo riguarda invece il concetto di precocità. “Non mi aspettavo di arrivare così presto su questi palcoscenici” ha affermato, quasi sorpreso di aver messo in bacheca il suo secondo slam già a vent’anni. La verità è che la vittoria odierna, per quanto sia indubbiamente a sorpresa, fa parte di un percorso intrapreso tempo fa ed è perfettamente coerente con quanto realizzato dallo spagnolo finora. Alcaraz ha sempre risposto presente quando chiamato in causa, a prescindere dall’avversario. Emblematico il suo percorso nel Masters 1000 di Madrid dello scorso anno, in cui ha battuto prima Nadal e poi Djokovic. Una prova di forza che nessun giovane era riuscito a dare negli ultimi decenni, proprio a causa di quei tre (+Murray) alieni. Carlitos invece ha fatto tutto con una facilità disarmante e ancora una volta ha dimostrato di essere diverso dagli altri.

Ciò che sorprende della vittoria odierna è che sia arrivata poco più di un mese dopo la semifinale del Roland Garros. Quel venerdì 9 giugno lo spagnolo disputò due buoni set prima che il suo corpo lo abbandonasse, costringendolo ad andare incontro ad un destino già scritto. Nulla lasciava pensare dunque che le cose potessero andare meglio su erba, superficie su cui Djokovic ha dominato da anni e su cui invece Alcaraz era appena al quarto torneo. Ciò non fa altro che ribadire quanto Carlitos impari in fretta e sia in grado di non ripetere gli stessi errori.

La fotografia della giornata di Djokovic è invece la racchetta scagliata con violenza sul paletto della rete dopo il break subito in avvio di quinto set. Un gesto di stizza provocato da Alcaraz, che con il suo tennis incisivo è riuscito ad entrare nella mente di Djokovic, provocando la sua frustrazione e portandolo ad un’azione sopra le righe. Emblematico inoltre il quinto gioco del terzo set, vinto da Alcaraz dopo 32 minuti e 13 parità. A sorpresa, nonostante il game si fosse prolungato in maniera significativa, a vincerlo non è stato Djokovic come di consueto. Questo perché Alcaraz non ha mollato nulla, non si è disunito nonostante le numerose chance sprecate ed è stato in grado di tenere costantemente sulle spine il suo avversario. Certo, poi Djokovic ha vinto il quarto set, di fatto annullando il vantaggio, ma ha fatto comunque un certo effetto vedere il serbo così in difficoltà.

Un’altra immagine che cattura in maniera particolarmente fedele la giornata no di Djokovic sono le sue lacrime in occasione della cerimonia di premiazione. Non capita spesso di vedere un campione del suo livello, spesso sorridente e allegro, esternare la tristezza dopo una sconfitta così dolorosa. In maniera molto sportiva Nole si è congratulato con il suo avversario stringendogli la mano a rete con un grande sorriso. Era tuttavia palese come dentro di sé stesse soffrendo in maniera smisurata per l’occasione mancata, che avrebbe potuto consegnarlo ulteriormente alla storia. Il sogno Grande Slam e l’ottavo Wimbledon erano solamente una parte di ciò che una vittoria avrebbe significato.

Certo, vista la sua esperienza sull’erba potrà sicuramente riprovarci il prossimo anno e sarebbe sicuramente tra i favoriti, ma non sarà la stessa cosa. 24 ore dopo le lacrime di Ons Jabeur, affranta per aver visto sfumare per la terza volta il tanto agognato primo slam, il Centrale di Wimbledon torna ad essere teatro delle emozioni che solo lo sport sa regalare. Una rappresentazione da manuale della poesia ‘If’ di Ruyard Kipling incisa a caratteri cubitali sul palcoscenico dello slam londinese, che recita “Se riuscirai a confrontarti con Trionfo e Rovina. E trattare allo stesso modo questi due impostori“. Dopo tanti anni in cui ha sperimentato il trionfo, oggi Djokovic deve confrontarsi anche con la rovina. Una rovina che lo vide protagonista già quattro anni fa, ma a ruoli invertiti, nella finale contro Roger Federer.

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