Oggi, mercoledì 5 novembre alle 20.45 su Sky Sport Tennis e NOW il quarto capitolo di “Jannik, oltre il tennis”, la produzione originale di Sky Sport che svela il lato più umano del numero 1 al mondo.
A pochi giorni dalle Nitto ATP Finals di Torino, Jannik Sinner torna a raccontarsi in un’intervista intima e profonda. Oggi, mercoledì 5 novembre alle 20.45 su Sky Sport Tennis e in streaming su NOW, andrà in onda il quarto capitolo di “Jannik, oltre il tennis”, la produzione originale di Sky Sport in cui il numero 1 del mondo si apre al direttore Federico Ferri.
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L’incontro è stato realizzato all’Istituto di Candiolo per la Ricerca e la Cura del Cancro, alla presenza di pazienti, medici e ricercatori. Un luogo simbolico scelto da Sinner per un dialogo sincero su sport, vita e valori.
Ecco un estratto dell’intervista, che andrà in onda oggi nella versione integrale di un’ora.
Pensi mai al fatto che, se fossi nato 50 km più in giù, avresti meno critiche sul fatto di essere o non essere italiano?
Sai, questa è una domanda cui non so rispondere. Non lo so, è un po’ come dire perché oggi c’è il sole… non poteva piovere? Boh! Però sono orgoglioso di essere italiano, sono molto felice di essere nato in Italia e non in Austria, o da un’altra parte, perché secondo me onestamente questo Paese merita molto di più, anche di quello che sto facendo io. Perché abbiamo le strutture, abbiamo gli allenatori, abbiamo i giocatori, abbiamo tantissime mentalità differenti. Che sono anche la nostra nostra forza: alcuni dicono che l’Alto Adige è diverso, la Sicilia è totalmente diversa, però è anche la nostra fortuna, la forza nelle differenze, sì. Quindi abbiamo di tutto per essere lì a competere contro i migliori al mondo e secondo me dobbiamo unirci, stare insieme e darci forza per avere più trofei e più orgoglio possibile, perché secondo me l’Italia lo merita.
E’ diverso fare l’umile o essere umile. L’impressione è che sia così, e questo sia indispensabile per te anche per essere un campione sul campo.
Io ho sempre pensato che noi atleti non cambiamo il mondo. Poi ognuno ha degli idoli: all’inizio il mio è stato Andreas Seppi, perché conoscevo solo lui, e poi dopo, quando sono entrato un po’ nel tennis, è diventato Roger [Federer, ndr], poi ho conosciuto Rafa [Nadal, ndr] e ho detto “lui umanamente è incredibile”. Poi ho conosciuto Nole [Djokovic, ndr] e ho detto “lui è incredibile in quello che fa”. Però poi ti rendi conto che siamo persone che non cambiano il mondo. Invece oggi siamo seduti qua e voi [rivolto al pubblico di ricercatori e medici dell’Istituto di Candiano] fate la differenza, voi che riuscite a dare una vita o a risolvere dei problemi che sembrano impossibili. Noi giochiamo solo a tennis, cerchiamo di tirare una pallina in campo. Poi c’è chi lo fa meno bene e chi lo fa di più…
Sulla decisione di non giocare le finali di Davis. Ci spieghi il perché della tua programmazione?
A fine stagione, con tutte le pressioni, le partite giocate, le emozioni, sia quando si è vinto sia dopo una sconfitta, ci vuole tanto tempo a rimettere tutte le cose insieme. E soprattutto a fine stagione una settimana è davvero tanto, per noi atleti. Se hai una settimana in più di preparazione, a parte che hai una settimana in più di vacanza e arrivi in preparazione più forte, più carico, con più energie e soprattutto con più voglia. Giochiamo a tennis tutti i giorni e quindi ci sta che, a volte, non hai tanta voglia… però se tu inizi una settimana prima le settimane di carico, perché non è che inizi a mille già dal primo giorno, quelle sono importantissime, soprattutto per l’inizio della stagione ma anche a lungo termine e per la prevenzione degli infortuni. Quindi per me quest’anno non c’è stato un minimo di dubbio che questa è stata la scelta giusta [non giocare la finale Davis]. Invece l’anno scorso è stato diverso: l’anno scorso non ho giocato a Parigi, ho detto “io voglio giocare la Davis” e mi hanno un po’ trattenuto, nel mio team, ma ho detto “no, questo quest’anno voglio giocare perché l’avevo promessa a Berrettini quando abbiamo vinto nel 2023, quando lui era lì a sostenerci e abbiamo vinto, io l’ho abbracciato e gli ho detto ”ti prometto che vinciamo insieme la prossima Coppa Davis, perché tu lo meriti e siamo una squadra incredibile” e l’abbiamo vinta. Poi da lì avevo già deciso che l’anno prossimo [nel 2025] sicuramente non avrei giocato.
La cosa che a me personalmente non piace è che abbiamo una squadra incredibile anche senza di me e non ne parla nessuno. Noi dobbiamo rinunciare al numero 26 al mondo, che in questo momento è Darderi, possiamo permettere di non convocare il 26 al mondo in Coppa Davis perché c’è Cobolli, c’è Musetti, ce ne sono tantissimi altri: abbiamo una squadra di doppio incredibile! Possiamo vincere anche così, abbiamo lo stesso Berrettini, e quindi la possibilità di vincere la Davis è alta.
L’intervista è stata realizzata in collaborazione con Intesa Sanpaolo che anche quest’anno promuove la campagna “Un Ace per la Ricerca”, per raccogliere fondi per Fondazione Piemontese per le ricerca sul cancro.









