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Nel mondo del tennis, nonostante si possa avere talento, voglia di imporsi, spirito di sacrificio, i motivi e le variabili per le quali una carriera rimanga ferma in attesa del decollo sono infiniti. Tantissimi sono gli esempi di giocatori che, con tutte le carte in regola per il definitivo salto di qualità, sono rimasti sull’uscio della gigantesca entrata che porta all’olimpo. Paolo Lorenzi però rappresenta l’altra faccia della medaglia, facendosi testimone di una bellissima storia a lieto fine. In fondo, nonostante le difficoltà e gli sforzi, in questo sport a volte una virgola può cambiare non solo il corso di una singola partita, non quello di una stagione, ma di una carriera stessa. E per i più scettici, basta chiedere a Paolo stesso: un percorso lungo e difficilissimo, iniziato nel 1999 a Valdegno e “sbocciato” definitivamente 15 anni dopo con l’arrivo delle prime vittorie storiche e dei risultati che segnano la carriera di un professionista di tennis. Non poche volte mi è capitato di sentire voci poco incoraggianti riguardo i primi passi del tennista romano, adottato poi dalla Toscana; a testimonianza del fatto che il livello di gioco, unito ad un acume tattico da sempre impressionante, si è alzato progressivamente portando Lorenzi ad essere un pezzo di storia del tennis italiano quando mediamente le carriere degli altri professionisti intraprendono il viale del tramonto.
23 luglio 2016, Generali Open di Kitzbuhel: vittoria su Nikoloz Basilashvili e tennista più anziano (35 anni) a vincere per la prima volta un trofeo ATP; 8 giorni dopo, best ranking al 40º posto della classifica mondiale e di conseguenza 1° tennista italiano (arriverà addirittura a sfiorare la trentesima casella l’anno dopo). Due pietre miliari della carriera di un pro raggiunte esattamente 17 primavere dopo l’esordio sono il sigillo di questa storia sportiva. A questi risultati non vanno poi dimenticate le 420 vittorie nel circuito Challenger, con 21 titoli su ben 40 finali. Un lungo viaggio, conclusosi il 26 agosto 2021 al secondo turno delle qualificazioni dello US Open, definito da Lorenzi stesso “il più bello mai fatto”, condito dalla componente umana che lo rende soprattutto una grande persona. Ci ho messo poco a convincermene, quando nell’ultima edizione degli Internazionali d’Italia passeggiava nelle “viscere” del Campo Centrale; una parola ed un sorriso per tutti, sempre con immensa educazione e simpatia, caratteristiche che di certo lo aiuteranno a continuare il suo percorso fuori dal campo, dove con grande naturalezza si sta ritagliando un posto al tavolo dei commentatori e degli analisti.
Per tutti questi motivi, Paolo Lorenzi deve essere considerato un esempio. In un’epoca dove fa notizia lo “stra-ordinario”, il grande colpo, la scenata in campo o la bizzarra esultanza, sarebbe bello se ci fosse un po’ di Lorenzi in ogni giovane ragazzo che sogna il grande palcoscenico tennistico. Dopotutto, in una disciplina dove la costanza e la concentrazione sono fondamentali, tutti avremmo bisogno di essere innanzitutto “ordinari” per aspirare ad andare oltre.
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