Running

Running, “I consigli del Prof”: come correre un trail

Maurizio Di Pietro
Il professor Maurizio Di Pietro

Nel 7° appuntamento con la rubrica di approfondimento sul running, il professor Maurizio Di Pietro, tecnico federale di atletica leggera (www.profmauriziodipietro.com) avrebbe dovuto parlare di alimentazione. Seguendo però le richieste dei lettori, abbiamo deciso di chiedere al professor Di Pietro un paio di approfondimenti supplementari sulla preparazione di alcune gare particolari, come un trail o una maratona.

Professor Di Pietro, una premessa doverosa. Per preparare una gara è fondamentale aver ben chiaro l’obiettivo che si vuol perseguire: è d’accordo?
“Certamente, la chiarezza dell’obiettivo è il punto di partenza, la condizione necessaria per poter impostare un corretto ciclo di allenamento, che ovviamente dovrà essere tarato sul tipo di competizione a cui si vuole partecipare. La corsa è una disciplina molto variegata: se ci addentriamo nello specifico di questo sport, troviamo diverse specificità nel preparare una distanza corta rispetto a un trail o una maratona. Uno stesso atleta, trovandosi a preparare una gara corta piuttosto che una lunga distanza, nell’approcciare l’evento agonistico percepirà sensibili differenze fisiche, organiche e strutturali. Si tratta di differenze che si determinano in base al ciclo di allenamento impostato”.

Parliamo del trail running.
“Il trail è senza dubbio l’espressione massima per chi ama correre in mezzo alla natura. Si tratta di una disciplina che coinvolge un numero sempre crescente di atleti. Date le caratteristiche di questa tipologia di corsa, però, è bene conoscere alcune strategie per correre bene su questi tracciati. A questo proposito voglio raccontare una mia esperienza”.

Prego.
“Mi è capitato diverse volte di correre e allenarmi insieme ad amici specializzati in questo tipo di gare e verificare come, pur avendo io un discreto allenamento, facessi fatica a tenere il loro ritmo. Traslando la medesima sessione di allenamento sull’asfalto pianeggiante, si ottiene il risultato contrario: sono loro che faticano a tenere il mio passo. Il motivo è molto semplice: questi podisti hanno ottimizzato il loro modo di correre su terreni sconnessi e variabili”.

Quali caratteristiche sono necessarie per esprimersi bene in un trail?
“Fondamentalmente, chi corre i trail deve possedere la capacità di correre bene in salita, in discesa e su terreni dal fondo variegato. Per migliorare la potenza aerobica, consiglio comunque a chi svolge queste gare di adottare gli allenamenti di costruzione organica identici a chi corre su strada. Sarà però fondamentale introdurre, accanto a questa fase di costruzione organica generale,  un secondo step di allenamenti su terreni specifici , a patto che l’organismo e soprattutto i distretti muscolari siano pronti ad affrontare pendenze impegnative e spesso traumatiche”.

Partire subito ad allenarsi su terreni impegnativi potrebbe quindi essere controproducente?
“A mio avviso sì, soprattutto per chi parte da zero. Il rischio è quello di perdere il controllo della crescita dell’allenamento. Le sessioni di lavoro sui percorsi sconnessi, seppur molto divertenti, tendono ad impegnare molto dal punto di vista muscolare. Di conseguenza, il recupero rischia di essere più lungo e si traduce in sedute di allenamento successive a ritmi più blandi. La crescita del motore può risentirne”.

Quali sono gli accorgimenti da adottare per non “imballare” i muscoli?
“Per correre con agilità in salita, soprattutto su lunghe distanze e con pendenze difficili, si deve rendere economica l’azione, in modo da ridurre il sovraccarico dei quadricipiti. Tecnicamente consiglio di adottare una soluzione che eviti il più possibile di sovraccaricare le cosce”.

In che cosa consiste?
“Quando si corrono tanti chilometri in salita, la tendenza per chi è stanco è quella di piegarsi in avanti portando le spalle ben oltre la linea delle ginocchia, spingendo in avanti il proprio corpo. Questo modo di correre, soprattutto in assenza di una adeguata struttura muscolare, alla lunga non paga, anzi affatica i muscoli delle cosce, con l’inevitabile conseguenza di dover rallentare per la fatica. Per far sì che l’azione sia efficace, bisogna invece cercare di non avanzare le spalle e adottare quasi una forma di rullata del piede al fine di far lavorare le caviglie, ma soprattutto i muscoli ischiocrurali, i muscoli posteriori della coscia, quasi a voler ‘tirare indietro’ invece che ‘spingere avanti’. Questi muscoli sono spesso trascurati e poco usati, ma imparare a correre con il loro utilizzo permette di avere a disposizione un’arma in più”.

Per la discesa invece?
“Anche in questo caso, il segreto per correre forte è quello di non affaticare troppo i quadricipiti. Al contrario di quanto si pensa, per avere una corsa redditizia in discesa, non è sufficiente essere spericolati. Per rilanciare l’azione in discesa, le gambe devono sorreggere bene l’atleta: occorrono tempi di appoggio che siano i più brevi possibili. Più a lungo il piede poggia a terra, più il peso corporeo sollecita gambe e cosce: bisogna appoggiare e subito ‘scappare via’ dal terreno, un po’ come fanno i caprioli o gli stambecchi. Correre in questo modo è vantaggioso anche per un altro motivo”.

Quale?
“Ammortizzare con l’avampiede e successivamente appoggiare tutta la pianta del piede, evitando di cadere a tutto peso sul tallone, riduce il sovraccarico di tutte le articolazioni e in particolar modo della schiena. La cosa più importante, a mio giudizio, è cercare di far salire molto i piedi verso il fondo schiena, quasi una forma di corsa calciata dietro. In questo modo si rende più agile l’azione e, nel contempo, la falcata diventa più ampia: ciò si ottiene facendo lavorare i muscoli posteriori della coscia, che solitamente sono riposati determinando un pre-stiramento al quadricipite, che riesce così a decontrarsi. L’azione diventa di conseguenza più rotonda, con minori tempi di appoggio”.

Un conto è dirlo, un conto è farlo.
“Vero. Sono meccanismi che vanno allenati. Se durante le sessioni di training, nei percorsi ondulati, si provano ad adottare queste tecniche, esse diverranno sempre più naturali e automatiche, producendo un progressivo miglioramento della prestazione”.

Nella prossima puntata, online lunedì 14 maggio, il professor Di Pietro parlerà di maratona.

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