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Andrea Cassarà: “Se sto bene a Rio mi prendo due medaglie d’oro”

Andrea Cassarà - Foto Bizzi

Andrea Cassarà, 32 anni, bresciano, con la sua carriera ha segnato gli ultimi 15 anni del fioretto azzurro. Tre medaglie olimpiche (bronzo individuale ad Atene 2004 e oro a squadre a Pechino 2008 e Londra 2012), record in Coppa del mondo per vittorie totali (5) e tappe vinte (27). Al suo attivo a livello individuale un titolo iridato (2011) e quattro europei, il primo a soli 18 anni nel 2002. Carabiniere, all’attività agonistica affianca la gestione, condivisa con la propria famiglia, di una scuola di scherma, la Schermabrescia S.r.l., in cui si occupa talvolta in prima persona della preparazione dei giovani e giovanissimi allievi. Impegnato nel weekend a Cuba per il Gran Prix di scena a L’Avana, Andrea Cassarà si è concesso ai “microfoni” di Sportface.it 

Dopo mesi di acciacchi e problemi soprattutto al braccio armato, oggi Andrea Cassarà pare finalmente in forma dal punto di vista fisico E’ così?
“Quello al braccio è un problema risolto, spero in modo definitivo. Ho un lieve fastidio, non fosse che ci combatto da mesi, ma non ci darei troppo peso”.

La qualificazione olimpica a squadre è acquisita e anche nell’individuale la situazione appare ben indirizzata. Per te sarà la quarta Olimpiade della carriera, quali sono i ricordi delle altre tre?
“Spero di arrivare a Rio preparato e a posto completamente, cosa che finora, per varie ragioni, non mi è mai capitata. Non mi interessa molto contro chi andrò a tirare, ho tutto il tempo e sto lavorando per presentarmi al meglio possibile. Delle altre ho comunque un buon ricordo, i Giochi Olimpici sono la massima espressione dello sport. Spero in un’ottima Olimpiade, non sarei sincero se dicessi il contrario, poi ci sono tanti fattori che possono incidere, ma sono convinto che molto dipenderà da me”.

L’oro olimpico individuale è l’unico traguardo che manca nel palmarès. Sarà più la pressione di doverci provare un’altra volta o l’aiuto dell’esperienza delle scorse edizioni?
“Come ho detto, se arriverò a Rio al meglio e tirerò al mio massimo possibile, non vorrei esagerare in spavalderia ma pur sapendo che ci sarà da lottare, che saranno tanti assalti difficili e che potrò perdere anche ai sedicesimi o ai quarti, in cuor mio sono sicuro che potrò puntare in alto. Non devono ‘allinearsi i pianeti’ perché io possa vincere l’Olimpiade, la cosa importante è che io riesca ad arrivare a Rio senza problemi fisici, a tirare bene e a mantenere la concentrazione: se queste tre cose si verificheranno, allora so che posso arrivare alla medaglia d’oro. Viceversa, dovesse mancare una sola di queste situazioni, allora potrà succedere di tutto”.

Per quanto riguarda la gara a squadre, le stesse sensazioni sono le stesse?
“Sì, assolutamente. Vale lo stesso discorso: se noi tiriamo in modo coeso, concentrato e senza farci condizionare da fattori esterni, siamo i più forti. Lo dimostra la nostra storia, quindi sarebbe sciocco dire qualcosa di diverso da quello che penso già per quanto riguarda me nell’individuale. Certo, è capitato di fare fatica in alcuni casi, come con la Gran Bretagna a Londra 2012, dove abbiamo anche rischiato di perdere, ma ripeto se si guarda la nostra storia i fatti sono questi”.

Ripensando alla tua carriera, a 18 anni è giunta la prima medaglia importante. Con il livello medio di oggi sarebbe ripetibile un’impresa simile?
“Nei miei primi tempi non dico che fosse normale che un under 20 facesse finali in prove di Coppa tra gli Assoluti, ma comunque si era in tanti a poterlo fare. Secondo me non è tanto una questione di livello, forse la differenza l’hanno fatta i cambi di apparecchiature, con il vecchio sistema sapevi che c’erano quegli otto che difficilmente mancavano la finale… Più in generale penso che tutti i record, anche i miei di Coppa del Mondo, sono fatti per essere battuti: spero di no, ma non mi stupirei se fra una decina d’anni qualcuno ci riuscisse”.

I successi hanno fatto di Cassarà un modello di riferimento nella scherma italiana. Che effetto fa quando un giovane viene paragonato a te?
“Un enorme piacere. Credo che vincere sia bello, ma ancora più bello è essere ricordati: se poi hai la fortuna di essere ricordato per quello che hai vinto, allora hai fatto il massimo possibile per uno sportivo. Per rimanere alla scherma e alla mia arma penso a Mauro Numa o al russo Romankov, atleti indimenticabili per ciò che hanno lasciato. Una volta mi è capitato di essere premiato per un secondo posto a Parigi da Andrea Borella, che in Francia è ricordato per le sue vittorie e per la scherma che sapeva esprimere. Ecco, quello è il traguardo a cui davvero aspiro ed è quello che mi spinge a continuare con la scherma”.

Con la Schermabrescia hai già di fatto avviato la tua attività di istruttore. Hai già qualche programma per il post-Olimpiade?
“Voglio continuare, indipendentemente da quello che succederà a Rio. Il mio orizzonte è per altri quattro anni ancora, poi non nego che mi piacerebbe continuare a restare sulle pedane in un altro ruolo. Alla Schermabrescia sono a casa mia, lavorare con i ragazzi è bellissimo. Ho tante idee per la testa, mi piace fare progetti e lasciarmi alcune porte aperte per il futuro. Prima vorrei formarmi, osservare il nostro mondo da un altro punto di vista, e poi mi piacerebbe allenare. Il passaggio come tecnico di società sarà fondamentale, ma a lungo termine mi vedo allenare una nazionale. Che poi sia in Italia o all’estero, vedremo”.

Dopo Rio hai fissato il tuo matrimonio (con la fidanzata Sissi Albini, ndr). Inizierà un nuovo capitolo della tua vita?
“In realtà più che un capitolo nuovo sarà qualcosa di bello che va avanti ormai da tempo, è un passaggio in più che può farmi felice. Sposarmi con la persona cui voglio bene mi darà la possibilità di completarmi sotto tutti gli aspetti”.

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