[the_ad id=”10725″]
E’ un bilancio tra luci ed ombre quello della spedizione italiana a Helsinki in occasione dei centoventicinquesimi campionati mondiali di pattinaggio di figura ISU. Gli azzurri non hanno centrato nemmeno un podio, ma hanno portato a casa ben sei posti (due nel femminile, due nelle coppie di artistico e due nella danza) da far fruttare al meglio in occasione delle Olimpiadi invernali del prossimo anno in Corea. Erano 83 i posti in palio: 24 uomini, 24 donne, 16 coppie d’artistico e 19 coppie di danza e, poiché ogni Paese poteva arrivare a prendersi fino a tre atleti (o tre coppie) per specialità, facendo en plein ci si sarebbe potuti presentare a Pyeongchang con 12 atleti. Nessuna nazione, però, è riuscita nell’impresa: il Canada si è fermato a 11, Stati Uniti e Russia a 10.
La scuola italiana, da sempre votata alla parte artistica dello sport, è messa in difficoltà dal livello tecnico crescente delle 4 discipline e dall’età media dei pattinatori che si aggira sui 27-30 anni. Nonostante questi due limiti oggettivi, la squadra ha dimostrato di sapersi difendere alla grande, rimandando al Nebelhorn Trophy di Oberstdorf solo la chance di qualificazione olimpica maschile. Il 4 volte campione nazionale Ivan Righini, infatti, è stato bloccato dai problemi fisici e ha chiuso anzitempo la stagione, sostituto in corsa dal giovane Matteo Rizzo, cuore e talento ma ancora poca esperienza.
L’attesa azzurra (e non solo) più grande era sicuramente per Carolina Kostner, che ha dimostrato di avere ancora frecce al proprio arco. La regina italiana del ghiaccio è tornata sul palcoscenico mondiale senza alcuna ambizione se non quella di, per citare una intervista che ci ha rilasciato in esclusiva qualche tempo fa, “continuare a trasmettere l’arte e le emozioni con una passione ancora più matura e consapevole”. Ed è quello che ha fatto, mostrando una notevole capacità di reagire quando i salti non sono entrati bene o dopo quell’errore clamoroso su una trottola nello short, e trasmettendo la gioia e il piacere di pattinare solo per se stessa, dopo aver rincorso podi e medaglie per anni. Con buona pace di chi la descrive come un’atleta finita, quasi sempre gli stessi che l’hanno massacrata quando è caduta ma non l’hanno celebrata quando si è rialzata, chiude sesta col sorriso, felice di aver avuto una nuova chance, per nulla scontata dopo la squalifica, di rappresentare l’Italia. Una nazione che, sebbene possa contare su tante atlete di prestigio e in crescita, in realtà non sa ancora con chi sostituirla.
Nessuna medaglia ma record e soddisfazioni enormi anche per Valentina Marchei e Ondrej Hotarek, giunti in terra finlandese con la consapevolezza, condivisa con Nicole Della Monica e Matteo Guarise, della rapida ed esponenziale crescita dei cinesi Sui / Han, della certezza che una come Aliona Savchenko non scenderà mai dal podio se non dopo il ritiro e che i campioni europei, e vincitori della finale di Grand Prix, Tarasova / Morozov avrebbero venduto cara la pelle. In pochi avrebbero scommesso su di loro all’inizio, fosse anche solo per una questione anagrafica, invece Franca Bianconi li ha plasmati fino a farne dei campioni in appena tre stagioni. E loro ad Helsinki hanno messo la firma prima sul personal best nello short, oltre i famigerati 70, e poi su un libero oltre i 200, chiudendo tra le prime dieci coppie migliori al mondo. Mai una coppia italiana di artistico aveva osato tanto, ed è lecito adesso chiedersi fin dove i pattinatori dell’IceLab possano spingersi. Tredicesimi, invece, i campioni nazionali Della Monica / Guarise. Anche loro puliti e coinvolgenti, hanno totalizzato 192.02 spingendosi oltre quota 70, pure loro per la prima volta, nel programma corto.
Infine la danza, e qui parlare di delusione invece è legittimo. Non tanto per il podio mancato, in fondo la partita poteva essere aperta solo per il terzo posto, l’oro e l’argento erano un affaire privato tra Virtue /Moir, rientrati al top, e i francesi Papadakis / Cizeron, che approfittando proprio dell’assenza dei canadesi hanno fatto un po’ quello che hanno voluto ai vertici delle classifiche, quasi senza rivali. A lasciare l’amaro in bocca sono stati soprattutto i punteggi, decisamente penalizzanti sia per Anna Cappellini e Luca Lanotte che per Charlene Guignard e Marco Fabbri. L’impressione è che i giudici si siano mantenuti inspiegabilmente bassi, precludendo alle due coppie azzurre la possibilità di agguantare, rispettivamente, la top five e la top ten. Oggettivamente, è difficile trovar loro un difetto, i programmi sono stati portati a casa puliti e ben pattinati e per Paola Mezzadri, sbottata a fine gara, il libero dei suoi ragazzi “è stata la migliore performance di tutta la stagione”, veloce e carismatica. In effetti, il livello tecnico delle ultime coppie scese sul ghiaccio era altissimo in egual modo, a fare la differenza avrebbero dovuto essere i Components, ma la danza di Anna e Luca è stata un capolavoro che ha tolto il fiato a tutti, tranne ai giudici evidentemente. Stesso discorso per gli allievi di Barbara Fusar Poli, che avrebbero meritato almeno un paio di punti in più nel programma corto, punti che avrebbero potuto fare la differenza con i diretti rivali, i russi Stepanova / Bukin. E chi lo sa se, a quel punto, il libero non avrebbe potuto prendere una piega diversa.
Ad ogni modo, inutile rimuginare su quello che è stato. Sulla stagione scende il sipario, ora è tempo di un breve periodo di stop prima di tuffarsi a capofitto nella preparazione dei programmi della stagione olimpica.