Champions League

Dall’Atletico all’Atletico: in sette mesi è già cambiata la Juventus formato Champions

Leonardo Bonucci - Foto Antonio Fraioli

Erano passati 210 giorni dall’ultimo incontro tra Atlético Madrid e Juventus al Wanda Metropolitano. Era sempre Champions League, anche se erano gli ottavi di finale, e dopo un primo tempo equilibrato i Colchoneros s’imposero per 2-0 sulla Juve di Allegri in quel 20 febbraio, grazie ad una ripresa a senso unico, dominata dal carisma più che dalla tecnica dei padroni di casa. Sono passati diversi mesi e Simeone si è ritrovato ad accogliere nel proprio stadio nella prima giornata della fase a gironi una squadra completamente diversa, passata in mano a Maurizio Sarri; e diverso è stato anche il risultato, con i campioni d’Italia che sono stati raggiunti al 90esimo per 2-2.

Sarebbe semplicistico ridurre la differenza tra le due prestazioni al cambio d’allenatore effettuato dalla Juventus – specie ricordando che con Allegri in panchina la Signora riuscì comunque ad eliminare l’Atlético. Ma sarebbe altrettanto sbagliato, se non di più, non utilizzare il contrasto tra queste due sfide per spiegare tutto quello che potrebbe aver guadagnato la Juventus nell’ottica della campagna europea appena iniziata, e quali sono i suoi margini di miglioramento. Dunque: cosa ha avuto di più la Juventus, dopo un primo tempo equilibrato e combattuto, rispetto a sette mesi fa? Ha avuto un’idea di gioco chiara a cui appigliarsi, che emerge sempre più chiaramente anche nelle difficoltà – inevitabili – che i bianconeri hanno trovato e troveranno ancora in questo percorso. Un percorso di miglioramento che però sta già iniziando a dare risultati: quando Madama tiene bassa la palla e trova le proprie linee di gioco qualsiasi avversario sembra andare in difficoltà, indistintamente che si chiami Napoli o Atlético, che abbia l’intenzione di venire a prenderti alto o voglia chiudere ogni spazio nella propria area di rigore.

La qualità a disposizione di Sarri è altissima e la sfida più grande ora è trovare il modo per mantenere alto lo standard lungo tutti i 90 minuti. Non sarà semplice, ma bisogna ricordare che fra infortuni e acquisti da integrare i margini per prospettare un miglioramento futuro ci sono tutti. Dall’altro lato la Juve sembra ancora fragile, ed è proprio nei big match che questa fragilità viene fuori. Al di là dei risultati complessivamente positivi, le gare contro Napoli e Atlético Madrid hanno mostrato che difensivamente i campioni d’Italia hanno la necessità di fare dei progressi e possibilmente alla svelta, per evitare di perdere altri punti in campionato o nel girone. Il punto più problematico sembra essere quello riguardante le palle inattive: in queste occasioni la marcatura a zona proposta da Sarri sembra essere ancora parecchio deficitaria, per un gruppo di giocatori che per anni ha marcato a uomo. Ma più che zona o uomo, sembra che ogni tanto i bianconeri paghino delle disattenzioni inaccettabili a questo livello.

La Juve ha buttato due punti che avrebbero fatto molto comodo a causa di questo limite, che c’è da dire si è scontrato anche con uno dei punti di forza più evidenti dell’Atlético Madrid: ma il percorso non è tale se non avvengono degli incidenti nel frattempo, ed allora chissà che questa gara non possa essere ricordata nei prossimi mesi come una severa, ma utile, lezione. Posto che del 2-2 devono preoccuparsi più gli spagnoli, che gli italiani, nell’ottica del passaggio del turno. Al Wanda Metropolitano l’Atlético ha mostrato tutte le sue armi migliori, le solite: tanta verticalità e fisicità, il dominio di Gimenez in entrambe le aree e la capacità incredibile di non uscire mai dalla partita. La sensazione è che invece la Juve possa puntare a fare molto di più: riuscirà Sarri a guidare questo percorso?

SportFace