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Quando nasci in una città dove un atleta come Michael Jordan ha scritto la sotria del basket, non puoi non appassionarti alla palla a spicchi. Questa è la storia di Derrick Martell Rose, un ragazzo nato nell’Illinois il 4 ottobre del 1988. Inevitabilmente sboccia l’amore per i Bulls, squadra che in quegli anni dominava l’NBA. Con i fratelli maggiori al campetto cresce e affina le proprie abilità fino al momento dell’high school, quando si iscrive alla Simeon Career Accademy. Il talento in questi anni inizia ad essere evidente: porta la propria squadra al record di 30 vittorie e 5 sconfitte, vince due campionati “Chicago Public League”, il tutto condito da ottime statistiche. Non a caso arriva la borsa di studio da parte dell’Università di Memphis, dove trova i Tigers di Rod Strickland e la maglia numero 23, scelta in onore del grande Jordan. Al completamento della stagione, nonostante la sconfitta in finale, Rose è migliorato molto sotto ogni punto di vista (anche quello difensivo, dove spesso peccava).
Il 15 aprile del 2008, è il momento probabilmente più importante per la sua carriera: si dichiara eleggibile per il draft NBA. I Bulls colgono la palla al balzo portandosi a casa il ragazzo di Chicago alla prima scelta. Nel ruolo di playmaker, Rose diventa subito un punto fondamentale per la 43° franchigia, vincendo il titolo di “Rookie of the year” e viaggiando nei play-off ad una media di 19,7 punti, 6,4 assist e 6,3 rimbalzi. La stagione di Sophomore lo mette davanti per la prima volta a quello che in futuro sarà il suo tormento: l’infortunio. La caviglia non sta bene, lo rallenta e non gli permette di giocare al massimo delle capacità. Ma Derrick è un ragazzo che non molla facilmente, sa da dove viene e quanto è importante per i suoi tifosi. Nonostante queste difficoltà i Bulls raggiungeranno nuovamente i play-off. La sua scalata al successo però non è ancora completa. L’alba di Derrick Rose arriva nel 2011 portando Chicago ad un record di 62-20, conquistando un posto nel quintetto di Los Angeles agli All-Star Game e ottenendo il titolo di MVP dell’intera lega. Nessuno era mai riuscito ad ottenere un’onorificenza simile alla sua età. A 22 anni era arrivato dove molti non sarebbero mai riusciti ad avvicinarsi, con un futuro ancora tutto da scoprire. Ma dopo un’alba c’è sempre il tramonto e in quel futuro, proprio quest’ultimo si stava nascondendo.
La stagione 2011-2012 doveva essere quella del riscatto per i Bulls, che persero le finals contro Miami 4-1, con il giovane playmaker pronto a riconfermarsi. Ai play-off ci sono i 76ers e l’incubo inizia proprio durante gara 1: Derrick prova un’incursione ma stacca male da terra. Il risultato finale è un grave infortunio al legamento crociato anteriore sinistro, che costringerà il ragazzo ad un lungo stop. Il suo sarà uno dei rientri più attesi della storia della NBA, alimentata anche dallo spirito combattivo di Rose che insieme all’Adidas produrrà una serie di episodi pubblicitari intitolati “The Return”, in cui verranno mostrate le immagini del suo recupero. Nonostante ciò, la stagione passa senza che il numero uno dei Bulls riesca a mettere piede in campo almeno una volta. Il 2013 potrebbe essere la svolta, ma la Dea bendata gli gira le spalle nuovamente. Dopo dieci partite infatti, il menisco non regge ed è costretto a ritirarsi ancora. Il tempo non passa in fretta, la squadra di Thibodeau gioca con Nate Robinson e la mancanza dell’imprevedibilità del più giovane MVP della storia comincia a farsi sentire. Ma Derrick finalmente ritorna. Il figlio di Chicago fa il suo rientro ai playoff contro i Millwaukee Bucks con 23 punti e 7 assist vincendo per 103-91. Il cammino dei Bulls continua e Rose contro i Cavaliers mette dentro il buzzer-beater in gara 3, portando sul 2-1 i suoi. Perderanno le successive gare, facendo terminare così la stagione che però ha riportato il suo playmaker nel quintetto.
A lungo andare salterà all’occhio una cosa: Rose fisicamente è tornato, ma non è più lo stesso. Le prestazioni cominceranno ad essere al di sotto delle aspettative, qualche altro incidente lo fermerà (sarà costretto ad indossare una maschera protettiva per qualche mese) e il suo contratto inizierà a pesare. Il 22 giugno arriva il finale della sua storia d’amore con i Bulls, che lo cedono ai Knicks, un trasferimento che lascerà con l’amaro in bocca i tifosi e lo stesso Derrick. La voglia di riscatto del ragazzo cresciuto con il mito di Jordan inizia a svanire, nonostante gli stimoli di una nuova carriera nella Grande Mela a 28 anni. A New York comincia una stagione di alti e bassi, dove la sua grinta che lo ha sempre contraddistinto comincia ad affievolirsi. Quando un’alba arriva troppo presto può causare un tramonto altrettanto affrettato. L’unico pensiero che tormenta Derrick in questo momento è se lasciare o meno quella palla a spicchi che tanta gioia gli ha regalato insieme alla sua città nativa. La sua decisione sarà molto importante per il suo futuro e per la gioia di molti tifosi, che tornerebbero volentieri indietro di qualche anno pur di rivederlo nel pieno delle sue capacità.