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Il CBD non è più considerato doping

Nella mente di molti sportivi e non sportivi di tutto il mondo è ancora vivo il ricordo del grande scandalo russo dei risultati dei test anti-doping, che ha indotto l’organo esecutivo dell’Agenzia mondiale anti-doping (Wada) qualche mese fa, aderendo a quanto suggerito dal suo stesso Comitato di revisione della conformità (CRC), ovvero squalificare “d’ufficio” tutto lo sport della Federazione Russa per quattro anni per la grave inosservanza dell’obbligo di fornire una copia autentica dei dati (in oltre 140 casi) del laboratorio di Mosca. Come era prevedibile l’Agenzia anti-doping russa (Rusada) ha proposto immediatamente ricorso innanzi al Tribunale arbitrale sportivo di Losanna, ma tutto il procedimento è rallentato dall’emergenza sanitaria e per ora l’audizione della Rusada è stata fissata per il 26 giugno.

E sempre a proposito di pratiche sportive illecite, il settore ha accolto con grande apprezzamento l’eliminazione del cannabidiolo (CBD) dalle sostanze dopanti; la decisione è stata presa in epoca in cui si intensificano sempre di più gli studi scientifici e le prove evidenti degli effetti benefici della cannabis. È proprio uno dei principali componenti della canapa, per l’appunto il CBD, ad essere un importante alleato degli sportivi per le sue comprovate qualità analgesiche ed antinfiammatorie senza andare ad influire in maniera psicoattiva sull’individuo (al contrario di quanto accade a seguito dell’assunzione di THC od oppiacei, in grado di portare alla dipendenza).

In modo particolare l’assunzione di CBD oggi è molto sicura e può avvenire con dosaggi assolutamente controllati, per mezzo di molteplici prodotti come oli ed estratti come si può vedere su questo sito, che permette di evitare l’inalazione delle sostanze pericolose che si vengono a creare durante il processo di combustione per l’atto di fumare cannabis. Su quest’ultimo punto un recentissimo studio dei ricercatori della Washington State University ha portato alla luce come la metà degli studenti osservati abbiano riportato l’insorgenza di tosse, stati ansiosi e paranoici dovuti al fumo di cannabis, al contrario di quanto accade con il ricorso al CBD isolato.

Dunque nella nuova lista che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale non è più presente il cannabidiolo fra le sostanze dopanti. Il provvedimento arriva dopo lungo tempo di lotta anche contro i pregiudizi verso questo rimedio naturale, con la prime aperture dell’Agenzia Mondiale Anti-doping (WADA-AMA) che, nel 2013, ha innalzato il livello di tolleranza ai principi attivi di cannabis riscontrabili in un atleta: si passò da 15 nanogrammi per ml fino a 150 nanogrammi per ml. 

Pertanto oggi viene escluso il cannabidiolo (CBD) dalle sostanze proibite per lo sport, pur rimanendo alta l’attenzione a contrastare il ricorso agli altri cannabinoidi considerati stupefacenti a tutti gli effetti per la loro capacità di “sballare”. Le indicazioni della WADA fanno ben presente CBD è consentito ma il THC non lo è, per cui gli atleti che vogliono utilizzare la sostanza senza fallire il test antidoping dovranno assicurarsi che il CBD, derivato da canapa, da loro scelto sia stato interamente separato da qualsiasi livello tracciabile di THC.

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