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Basket femminile, Andrea Capobianco: “Il risultato non basta, vogliamo regalare emozioni”

Andrea Capobianco - Foto FB Fip

Oggi Kathrin Ress, Raffaella Masciadri, Laura Macchi e Giorgia Sottana, ieri Bruno Cerella, David Moss, Giuseppe Poeta e Jaycee Carroll, ma Andrea Capobianco è lo stesso allenatore che vinse il premio di migliore dell’anno con Teramo nella stagione 2008/2009. Passione, voce calma e concetti chiari all’insegna del rispetto dell’equilibrio che esiste in un connubio tra giovani ed esperienza, come oggi è la sua nazionale femminile da cui si aspetta un “…qualcosa che vada aldilà del risultato”.

L’incredibile vittoria con il Montenegro e poi quella con l’Albania, che consentiranno alle azzurre il prossimo 16 novembre, in caso di vittoria casalinga contro la Gran Bretagna di essere direttamente qualificate al prossimo campionato europeo del 2017. Un’intervista rilasciata in esclusiva a Sportface.it, in cui le parole dell’allenatore napoletano spaziano dalla grande risorsa che oggi sono i giovani per l’intero movimento del basket italiano alle aspettative nei confronti delle sue ragazze che ha imparato a conoscere. De Gregori cantava nella sua leva calcistica del ’68, “…Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore”, per il coach classe 1966 lo sport è diverso ma il concetto molto simile: “…non è un tiro che entra od uno sbagliato che altera quanto fatto”.

Cuore ed intelligenza, come si allenano questi due fattori?
Credo che sia molto importante il percorso formativo del settore giovanile a cui si aggiunge un fattore genetico e poi d’esperienza. Noi allenatori possiamo dare tanto ai giovani, dobbiamo avere coraggio e cuore nel prendere le nostre scelte, cercando anche di rendere le nostre ragazze ed i nostri ragazzi “autonomi”. Noi tecnici non possiamo giocare con i nostri atleti come con una sorta di joystick ma insegnarli ad essere per l’appunto “autonomi”, che non vuol dire concedergli libertà assoluta ma concreta e basata sul rispetto e sul senso di responsabilità, che può significare in campo ad esempio passare la palla ad una compagna che in quel momento è più libera di me“.

In Italia capita che si abbia poca “pazienza” proprio con i giovani, magari alla ricerca di punti veloci in altri modi. Come si può cambiare questo “atteggiamento”?
“L’equilibrio è il punto di partenza per creare fiducia l’uno nell’altro e per  prendersi cura l’uno dell’altro, questo deve essere il compito dell’allenatore. Sapersi prender cura non vuol dire assecondare ed esiste un termine molto bello che è “Tolleranza”, che ci da la possibilità di stare alla giusta distanza dal problema e dallo stesso giocatore, in maniera uguale dall’atleta giovane che da quello che lo è di meno. Troppe volte si può pensare che al ragazzo si possa regalare qualcosa ma credo che questa possa essere a suo modo una mancanza di rispetto verso lo stesso giocatore ed alla stessa maniera si ritiene che in quanto “giovani” non bisogna essere tolleranti nei confronti dello sbaglio stesso. Ecco, bisogna capire in che momento sia il giocatore che si ha davanti nel suo processo di crescita e quindi comprendere in quel determinato istante cosa possa dare lo stesso giocatore relativamente alla situazione che sta vivendo. Noi dovremo essere dei portatori sani di cultura sportiva, dentro e fuori dal campo trasmettendo un “qualcosa” in grado di evidenziare le reali capacità di chi abbiamo davanti. Un esempio? Kathrin ha messo un tiro da campionessa contro il Montenegro ma il passaggio che le è arrivato è la dimostrazione di ciò, quando la sua compagna avrebbe potuto tranquillamente prendersi la responsabilità del tiro. Un grande campione, in un caso del genere, passa la palla”.

Cosa si aspetta dalla sua squadra?
“Mi aspetto che rimangano quelle che sono state fino ad oggi, pulendo qualche dettaglio. Voglio che continuino a trasferire emozioni e sono molto soddisfatto di come le ragazze svolgono allenamento e di come stanno insieme, di come vivono insieme i momenti in nazionale e quindi alla luce di questo, in un certo senso, mi aspetto qualcosa che vada aldilà del risultato”.

Nazionale maschile. Come vede il preolimpico?
“Questa Nazionale, come ricordato da Ettore Messina, sarà da ammirare per il sudore che getterà sul campo e per il modo in cui onorerà la maglia che indosserà. Dietro ad un risultato ci sono tanti fattori e non è un tiro che entra od uno che esce che altera o meno tutto quello che è stato fatto. L’Italia si sta legando molto a questa nazionale e questo credo che sia il punto di partenza più importante”.

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