Amarcord

Internazionali BNL d’Italia, l’ultimo trionfo di un’italiana: Raffaella Reggi

Foto di Raffaella Reggi

“Quando scendo giù nel tunnel degli Internazionali d’Italia al Foro Italico e vedo la mia foto insieme a quella di grandissimi campioni è, ogni volta, un’emozione immensa”.

È da queste parole che traspare tutta l’emozione di Raffaella Reggi, ultima italiana capace di laurearsi campionessa agli Internazionali BNL d’Italia. Ex numero 13 del mondo e attualmente una tra le voci più autorevoli di Sky per il tennis, è una Reggi a cuore aperto quella che si racconta con estrema simpatia e gentilezza per Sportface.it. Il nastro viene riavvolto indietro fino al lontano 1985 quando la faentina si impose agli Internazionali. Anno lontano per molti, ma non per Raffaella che dimostra come quei ricordi siano a tutt’oggi indelebili e come abbia il piacere di farli riaffiorare e soprattutto raccontarli, anche grazie ai precisissimi archivi che le ha lasciato la sua mamma e che gelosamente conserva.

Quei primi di maggio del 1985 sono per il tennis italiano, e per i suoi romantici appassionati, giorni a tutt’oggi da ricordare: un’italiana vince agli Internazionali d’Italia (che quell’anno si disputarono a Taranto), pagina di storia tennistica che negli anni successivi nessun’altra giocatrice azzurra sarà capace di riscrivere (in precedenza ci riuscì soltanto Lucia Valerio nel lontano, questo sì, 1931, quando si disputò la seconda edizione del torneo nato appunto un anno prima).

“Giocai al primo turno contro Jamie Golder – inizia sfogliando i suoi cari archivi Raffaella – che lo dico con tutta sincerità, non ricordo nemmeno che faccia avesse (sorride, ndr), poi con Katerina Skronska fu 6-4 al terzo e fu una lotta pazzesca, questa sì che me la ricordo, lei era una ragazza di scuola tennistica della Repubblica Ceca, impostata molto bene che ti faceva giocar male mai dandoti ritmo… poi in semifinale ricordo che fu molto bello perché c’erano tre italiane: Nelson battè la Garrone e io che battei la Nozzoli 6-0 6-1”. E poi il racconto della finale: “Io quindi giocai in finale contro la Nelson – già, quella Vicky Nelson ancora oggi donna dei record in quanto l’anno prima del match contro Raffaella Reggi a Taranto fece segnare il record di match più lungo, concluso in un solo giorno, della storia del tennis, giocando per ben 6 ore e 31 minuti contro Jean Hapner. All’interno di quel match ci fu anche il punto più lungo della storia durato per ben 29 minuti e concluso dopo 643 colpi – e vinsi 6-4 6-4. Però fu una partita abbastanza pesante e faticosa soprattutto dal punto di vista mentale. Ero avanti 6-4 5-2 e ricordo ancora bene quella sensazione di paura di vincere unita però alla voglia di alzare le braccia al cielo davanti a quello che era il mio pubblico. E insomma me la feci letteralmente sotto per due game ma poi chiusi la partita e vinsi quel titolo.”

In quell’edizione degli Internazionali d’Italia la Reggi ottenne il massimo vincendo anche in doppio – “poi quell’anno vinsi anche il doppio insieme a Sandra Cecchini”. È qui che esce fuori tutta l’umiltà di una campionessa: “ Niente, per me fu una grande soddisfazione, quando oggi vado giù nel tunnel degli Internazionali d’Italia e vedo la mia foto tra quella di quei grandissimissimissimi campioni, dico, magari io c’entro poco però è sempre una grande emozione. Davanti a me ho Yannick Noah…” – con il riferimento al campione francese che nello stesso anno vinse il torneo maschile, lui sì, nello scenario del Foro Italico.

Come sottolineato anche da Raffaella (“noi donne siamo state sdoganate per un po’ prima a Perugia poi a Taranto per poi tornare a giocare al Foro Italico”) il torneo femminile è stato giocato quell’anno a Taranto (dopo qualche anno nei campi di Perugia) e sarebbe ritornato a Roma due anni dopo.

Allora, alla domanda d’obbligo, se c’è un po’ di rammarico per non aver alzato il trofeo all’interno di quel posto magico quale è il Foro Italico, Raffaella ai microfoni di SportFace replica: “ma, guarda, io ho giocato con meno responsabilità a Roma negli ultimi anni perché c’era prima di Roma il torneo a Taranto che era un torneo minore e io andavo in Puglia a giocare e ciò mi aiutava sempre a stemperare la tensione per Roma. Al Foro per me è sempre stato un grande tabù, ho perso due volte nei quarti con chance di andare avanti. Una volta con la Fulco e una volta con la Kelesi in cui diedi il meglio di me con 28 doppi falli! Persi 7-5 6-4, 7 game concessi solo con doppi falli contro la canadese! (grosse risate, ndr)”.

Parole ancora oggi di tensione che dimostrano come comunque non sia mai troppo facile per un giocatore esprimersi al meglio nel grande evento di casa – “no sentivo una grande tensione, anche perché era l’unico appuntamento, e quindi… – poi il riferimento al rammarico, non tanto per il titolo non alzato al Foro ma più per le prestazioni esibite: “a Roma purtroppo non sono mai riuscita a dare il meglio di me stessa, a giocare il mio miglior tennis, e forse è quello il rammarico più grande.”

Oggi quello di Roma è uno dei più grandi eventi sportivi del nostro paese, a livello mediatico viene data sempre più attenzione e ogni anno l’attenzione aumenta verso gli Internazionali d’Italia. Quello che si disputò in quel di Taranto nel 1985 era sicuramente un evento minore rispetto agli Internazionali di oggi, ma di sicuro non va sminuita la vittoria di un titolo che, alla fine della fiera, va comunque conquistato: “Beh per noi italiane, e per me personalmente, era un evento che si sentiva moltissimo. Anche perché era uno dei pochi appuntamenti dove i tuoi amici e sostenitori (non dico la mia famiglia perché avevo la fortuna di averla quasi sempre al seguito) ti vedevano giocare, e la sentivo molto per quello. Riuscire a poter dare il 100% anche in una situazione mentale non facile era la mia prerogativa, nonostante le pressioni di stampa e sponsor, anche se questi ultimi non erano ai livelli di ciò che si vede oggi. Il tennis adesso è cambiato moltissimo e in meglio, con una crescita esponenziale. Però comunque anche in quel per me dolce 1985, c’erano quelle attenzioni in più che non c’erano negli altri tornei e già solo quella poca attenzione ti faceva sentire le farfalle nello stomaco. Sentivo la responsabilità di giocare davanti al mio pubblico, di giocare bene. Questo a Taranto come anche a Roma”.

Sì, proprio quel pubblico che come sappiamo oggi, riesce a dare una spinta incredibile ai nostri ragazzi e ragazze tra le mura del Foro Italico, nel glorioso campo Pietrangeli, e come si usa dire in gergo calcistico si rivela spesso come “dodicesimo uomo”: “a Taranto, come rivedo dalle mie foto, lo stadio era gremito. Era una città con una bella tradizione tennistica e la gente era affezionata al torneo. Attorno c’erano le case con gente in terrazza che guardava le partite e addirittura urlava, questo me lo ricordo come fosse ora. Il pubblico dà sicuramente una bella spinta.” Poi il rapporto tra Raffaella e il pubblico che dimostra come l’ex-campionessa di Faenza vivesse le sue partite in campo – “io cercavo di portare il pubblico sempre dalla mia parte, a Roma durante il match con la Kelesi che ho raccontato, uno spettatore ad un certo punto si alzò e mi invitò (con tipico accento romano), dopo sei o sette doppi falli, a battere da sotto. Io lo guardai, alzai le braccia, e gli diedi ragione. Purtroppo la tensione gioca brutti scherzi, che dovevo fare. Poi i romani non ti perdonano eh se vai contro pelo…ahò!”.

Raffaella Reggi, ultima italiana sul podio più alto degli Internazionali d’Italia e anche unica italiana a medaglia alle Olimpiadi, quando vinse il bronzo (medaglia appesa ancora con orgoglio in casa) a Los Angeles nel 1984: “mah, aldilà della medaglia, che a volte vado lì e la guardo, penso che quella delle Olimpiadi è stata una delle pagine più belle della mia carriera. Bello perché per me rappresentare il mio paese è sempre stata una delle priorità. E bello perché insieme agli altri ragazzi degli altri sport si creava un rapporto di complicità, gli altri ci venivano a vedere, noi andavamo a vedere loro, condividevamo le esperienze con atleti di altri sport. Noi tennisti eravamo visti un po’ come dei privilegiati, perché effettivamente il nostro livello economico era superiore rispetto a un nuoto o alla scherma, ma una volta battute queste barriere si veniva a creare un “campanilismo” strepitoso” – poi il riferimento anche ad Adriano Panatta, altro mito del tennis italiano – “poi a noi ci ha sempre accompagnato Adriano Panatta, a parte nella prima Olimpiade (a Los Angeles, ndr), poi a Seoul e a Barcellona c’era Adriano, quindi sai, andare in giro con lui, una persona così carismatica, era un motivo di orgoglio, un qualcosa che portava le attenzioni verso il tennis. Ricordo ancora gli scherzi tra lui Pietro Mennea e Patrizio Oliva…”. E poi il rimpianto (questo sì, ancora sul “groppone”) di Raffaella anche a livello olimpico quando fu a un passo ancora una volta dal bronzo, 4 anni dopo a Seoul, quando perse dalla Maleeva dopo aver ottenuto il roboante successo sulla pluri- titolata Chris Evert: “quando battei la Evert, lo stesso giorno che gli Abbagnale vinsero l’oro nel canottaggio, feci per la prima e poi unica volta l’esame anti-doping. Strinsi la mano alla Evert, non feci nemmeno in tempo di assaporare la vittoria che mi chiusero in uno stanzino due metri per uno per due ore mezza, quando poi, alla fine, riuscii a fare pipì. Poi le interviste con i giornalisti, e arrivai al villaggio 4 ore e mezza dopo. Lì c’erano gli Abbagnale che festeggiavano, ma la loro festa consisteva nel tirare dal quindicesimo piano dei gavettoni d’acqua. Io arrivai, parcheggiai la mia bicicletta, soltanto che tra borsone delle racchette e il gavettone che mi arrivava, mi incartai e caddi con tutte due le ginocchia sulla grata di ferro, e il giorno dopo sarei andata in medaglia. Ok, magari avrei perso perché Maleeva era la mia bestia nera, ma… ero in******a nera!”.

Raffaella Reggi, Foro Italico, Olimpiadi, insomma: tennis azzurro. Tennis azzurro in gonnella che vede 5 top-100 ma nessuna giocatrice nel ranking di lì fino al 270esimo posto: “dopo il ritiro di Flavia e con Francesca e Roberta che a livello anagrafico iniziano a scricchiolare, forse qualche problema c’è. Qui ci sarebbe un po’ da interrogarsi, la situazione non è brillantissima – prosegue la Reggi analizzando la situazione del tennis femminile italiano – ci sono stati dei periodi, c’è il discorso fisiologico e ciclico, però se guardiamo la storia del tennis italiano c’è sempre stato un buon ricambio, che attualmente appare lontano. Oggi non dico che sia facile arrivare top-50 del mondo, ma se una mette insieme diversi tasselli l’impresa non sembra così insormontabile guardando il livello attuale. E ciò non è assolutamente polemica, soltanto la realtà dei fatti.” Poi un consiglio per le più giovani sul “modello Paolino Lorenzi” e per l’impostazione dei lavori: “ci vuole dedizione, ci vuole passione e provare a risalire la china partendo dai tornei inferiori, guarda cosa è riuscito a fare Lorenzi. Probabilmente bisogna pianificare bene, affiancare persone che hanno voglia di poter intraprendere un certo percorso al fianco delle giocatrici (e giocatori), e dare disponibilità a loro non di dieci/tredici settimane all’anno ma guardare più a lungo termine. Facciamo un bel quadriennio olimpico e vediamo come va.”

Tra le giocatrici azzurre c’è, ovviamente, Camila Giorgi: “A me Camila piace molto, credo che abbia grandi margini di miglioramento che non so se ne renda conto o meno. Non voglio dare nessun parere su un rapporto padre- figlia senza conoscere. Mi sembra riduttivo e non voglio farlo”. Poi sulla polemica con la FIT: “Sta tutto in un contratto firmato e in un impegno preso, quindi il problema penso stia in poco. Però quello che credo è che quando uno è un professionista, è un professionista a tutti gli effetti e il discorso federale deve fermarsi alla crescita del ragazzo, investendo lì e portarlo fino a un certo punto, ma quando questo ragazzo cammina con le sue gambe deve farlo a 360 gradi, per conto suo, poi ci sono le chiamate di Fed Cup e Coppa Davis, dove l’ITF mette a disposizione dei montepremi da dividersi tra giocatori e giocatrici. Ma secondo me, dare soldi a professionisti quando poi potrebbero essere spesi meglio magari in propaganda per i giovani, io oggi questa cosa qui faccio un po’ fatica a comprenderla.”.

Dal passato, al presente, fino all’immediato futuro: 31 anni dopo Raffaella Reggi la favorita agli Internazionali d’Italia è?

“Quando parliamo di favorita al femminile: se Serena Williams è al 100% senza problemi, il torneo sai a chi va. Ma siccome Roberta sembra avergli dato una bella botta in quel di New York, il torneo potrebbe essere aperto a tutte. Azarenka è quella che sta giocando meglio, fare il “double” Indian Wells e Miami non è da tutti, poi dopo un paio d’anni disastrosi con i suoi problemi sia fisici ma anche esistenziali… per quello che mi riguarda tutto il mio rispetto, però se la Williams è al massimo non ce n’è per nessuno.”

SportFace