Editoriali

Fabio Fognini, quando il gioco si fa (sul) duro

Fabio Fognini - Foto Ray Giubilo

Per caratteristiche fisiche e tecniche, nonostante il servizio lo penalizzi un po’ rispetto ad alcuni giganti del circuito, Fabio può giocare meglio più sul cemento che non sulla terra. La speranza è che anche in lui scatti presto questa convinzione”. Sono passati esattamente 482 giorni da quando Fulvio Fognini, papà di Fabio, pronunciò profeticamente queste parole al sottoscritto nel corso di un’intervista per Spazio Tennis. Numeri alla mano, tenendo in considerazione le ultime 52 settimane, i risultati raggiunti sul duro dall’azzurro non si discostano poi tanto da quelli sulla terra, anzi, sono migliori seppur per valori quasi infinitesimali. Nell’ultimo anno Fabio ha ottenuto 15 vittorie e 11 sconfitte sulla terra (57,6% di successi) a fronte di 18 affermazioni e 13 battute d’arresto sul cemento (58% di successi). D’altronde sarebbe sufficiente pensare che l’ultima finale disputata dal ligure sia stata sul duro di Mosca lo scorso ottobre o, evidentemente, basterebbe soffermarsi sull’exploit ottenuto questa settimana a Miami dove ha raggiunto il suo terzo quarto di finale in carriera in un Masters 1000 di cui, guarda caso, due sul cemento (Cincinnati 2014, Miami 2017). Il tennis di Fognini da un punto di vista prettamente tecnico può ben districarsi su qualsiasi superficie ed è risaputo. Velocità di gambe incredibile, facilità nel portare i colpi encomiabile, abilità nel giocare d’anticipo e nel toccare la palla per pochi eletti. L’unica pecca, purtroppo, rimane il servizio che lo costringe ad essere concentrato (non esattamente la miglior dote dell’azzurro), e di conseguenza nervoso se qualcosa dovesse andare storto, nell’arco di tutto il match. Su una superficie dunque più veloce, dove agisce maggiormente l’istinto e viene messa in risalto la tecnica pura, allora Fabio potrebbe dire la sua più di quanto fatto sinora a 29 anni. Potrebbe quindi reinventarsi sul duro? Non ai livelli di qualche tempo fa sulla terra ma nelle corde e nella testa di Fognini c’è il tennis e la convinzione di poter sconfessare i suoi più grandi detrattori anche sul veloce.

Nel corso della carriera di un tennista sono spesso gli episodi a fare la differenza, soprattutto per i più emotivi. 11 Marzo 2017, Indian Wells. Fabio Fognini batte a sorpresa Jo-Wilfried Tsonga 7-6 3-6 6-4 giocando una partita esemplare salvo poi mancare l’ennesima prova del nove contro Pablo Cuevas nel turno successivo. A distanza di circa 3 anni da quell’infausto incontro contro il prima menzionato transalpino sulla terra di Montecarlo, che ne frenò la scalata verso la top-10, qualcosa può essere realmente cambiato. Nulla a che vedere però con superfici, tattiche o aspetti tecnici. Il tutto alberga nella testa di Fabio. Il Fognini personaggio dentro e fuori dal campo che in tanti osannano e condannano allo stesso tempo per alcuni suoi atteggiamenti è solo una maschera che nasconde una persona estremamente buona ed affabile alla costante ricerca di motivazioni e consensi. Anche quella tanto decantata sigla “NMM” sta lì a ricordarglielo nei momenti più propizi quando la sua mente appare obnubilata da altri pensieri. Fabio non sarà mai un tennista dal sicuro affidamento (leggasi come non in grado di dare costanza ai risultati) e lo sappiamo, probabilmente quel suo carattere umorale non farà di lui un top-10 in futuro ma una cosa negli anni l’abbiamo capita: con Fabio Fognini nulla è scontato, nel bene e nel male. Neanche contro Kei Nishikori.

 

 

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