Amarcord

L’angolo del ricordo: il trash-talking nel tennis, da Kyrgios-Wawrinka a Murray-Rosol

Nick Kyrgios - Foto Adelchi Fioriti

Il trash-talking è una particolare tecnica parecchio utilizzata nello sport, seppur abbia evidenti origini al di fuori di qualsiasi pratica agonistica. Non è altro che una irriverente modalità retorica volta ad innervosire le “vittime”, attuata al solo scopo di guadagnare un vantaggio dal punto di vista psicologico, talvolta però suscitando l’effetto opposto ed in ogni caso generando sterili polemiche su quanto possa essere etico “giocare sporco“. Il basket, le arti marziali miste ed il calcio contano svariati e frequenti episodi di trash-talking, da Shaquille O’Neal a Conor McGregor, passando inevitabilmente da Joey Barton.

Il tennis non è però esente da esternazioni dialettiche o gestuali della suddetta metodologia strategica, in quanto molti interpreti istrionici di questo sport hanno più volte palesato comportamenti sopra le righe e volti palesemente a recare un qualsivoglia danno all’opponente, che potesse essere una reazione spropositata o un vistoso calo di concentrazione. Nick Kyrgios è un classico esempio di trash-talker, noto quasi più per le sue uscite infelici che per le gesta sui campi da gioco. L’australiano classe ’95 si è reso fautore difatti di diversi comportamenti poco leciti ed inusuali, fra i quali spicca però una grave “infrazione” morale commessa nei confronti di Stanislas Wawrinka, durante una sfida valida per l’ATP di Montreal 2016. Kyrgios ritenne adeguato riferirsi allo svizzero con i seguenti termini: “Mi dispiace amico, ma Kokkinakis ti ha rubato la ragazza“, proponendo un’insinuazione completamente fuori luogo e volta soltanto ad irritare Wawrinka stesso, veritiera o meno che fosse, di certo non allontanando la nomea di “bad boy“. Lo svizzero ignorò in tutto e per tutto la frase di Kyrgios, mantenendo un lodevole controllo delle sue emozioni.

Un altro episodio legato alla pratica del trash-talking riguarda Lukas Rosol, il quale prese di mira Andy Murray in occasione del torneo ATP di Monaco del 2015. Il bombardiere ceco si rese protagonista di svariate perdite di tempo durante i propri turni di servizio, esplicitamente provocando l’atleta britannico con sguardi prolungati e sorrisi istigatori, finchè Murray non reagì istintivamente, forse troppo. Il campione scozzese difatti esplicitò chiaramente il suo pensiero: “Non piaci a nessuno di noi atleti, chiunque ti odia“, abbastanza eloquente. Rosol replicò con un ennesimo sorriso e con una nuova perdita di tempo, in un certo senso legittimata dal richiamo del giudice di sedia verso Murray: missione compiuta.

Infine da ricordare la disputa puramente dialettica fra Tomas Berdych e ancora Andy Murray, con il secondo nuovamente “vittima” di un attacco nel corso della semifinale degli Australian Open 2015. Il tutto si concretizzo in seguito ad un errore non forzato del britannico, che conferì al ceco la possibilità di conquistare il primo set al tie-break. Berdych provocò Murray durante la pausa fra il primo ed il secondo parziale, mediante parole fomentatrici: “Grazie mille, mi hai aiutato“. Il nativo di Glasgow non la prese bene e allarmò il giudice di sedia, il quale riprese cautamente Berdych: “Stop this“, seguito da un classico sorrisetto ironico del ceco.

Gli esempi di trash-talking sono innumerevoli ed in varie occasioni essi hanno creato uno spunto di riflessione interessante sull’importanza, nel tennis, della solidità psicologica. Un punto, un game, un set possono fare la storia di un match, una competizione, una carriera, soprattutto per quanto riguarda atleti storicamente meno vincenti che provano ad utilizzare qualsiasi arma per dar fastidio ai grandi. Gustav Flaubert disse: “Si può essere padroni di ciò che si pensa, ma mai di ciò che si sente“, ed è proprio questo a cui punta un trash-talker, colpire l’avversario nell’animo con offese o provocazioni talmente pungenti da far perdere l’autocontrollo anche a personalità sempre miti. Interrogarsi sul fatto che possa essere corretto o meno non è sbagliato, nè superfluo, ma lo sport è affascinante per ogni sua sfaccettatura ed è tale in quanto pieno di ostacoli: giocare “sporco” non è pur sempre giocare?

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