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“Se non avessi scelto il ghiaccio probabilmente sarei diventata una pittrice perché amo l’arte e dipingo: c’è un filone artistico che mi segue da sempre”. Invece, per fortuna, ha scelto il ghiaccio e Paola Mezzadri, allenatrice e coreografa di danza tra le più grandi di sempre, le sue tele le ha disegnate sulle piste di tutto il mondo. Paola Mezzadri è discreta, preferisce il ghiaccio ai riflettori, ma quando parla lascia il segno e con eleganza e rispetto va dritta al punto. Vanta collaborazioni con Ludmila Vlasova, Marina Zueva, Corrado Giordani, Igor Shpilband, Roberto Pelizzola, e per oltre 30 anni ha tirato su campioni del calibro di Federica Faiella e Massimo Scali, Federica Testa e Lukas Csolley, Barbara Fusar Poli e Maurizio Margaglio, Anna Cappellini e Luca Lanotte. In parte istinto, in parte bravura, ha saputo fiutare il talento e mettere la firma su molti dei podi più importanti sulla scena internazionale che la storia del pattinaggio di figura italiano ricordi.
Pyeongchang 2018 sarà la sua ultima Olimpiade, poi, ha annunciato, appenderà i pattini al chiodo, e per ringraziarla di aver dato tutta se stessa al mondo della danza sul ghiaccio, al ritorno da Ostrava, in Repubblica Ceca, dove Anna e Luca sono stati d’argento, nei giorni scorsi il Coni l’ha insignita della Palma di bronzo al Merito Tecnico.
“E’ un premio per il quale ringrazio tutti i miei atleti, perché senza di loro non lo avrei mai potuto ricevere. Ci sono coppie che ti rimangono di più nel cuore, ma tutte mi hanno lasciato qualcosa e dato soddisfazioni enormi” si limita a dire, ma nel suo sguardo c’è molto di più. C’è tutto l’affetto per quei ragazzi che sono, e sono stati, la sua seconda famiglia. Per Luca e Anna (che da pattinatrice di artistico ha trasformato in una campionessa di danza) conosciuti quando erano solo dei bambini, che ha perso e ritrovato a distanza di anni e dei quali ha sempre detto di apprezzare la tenacia, la costanza e la voglia di lavorare senza risparmiarsi. Per Federica e Massimo, che hanno lasciato la scena agonistica nel 2011 e che sono stati come dei figli per i quali ancora oggi le brillano gli occhi. Ma per tutti, senza troppe distinzioni. Perché quando si guarda alle imminenti Olimpiadi come all’ultimo traguardo della carriera non si può non voltarsi indietro con un pizzico di nostalgia e qualche piccola amarezza. Una su tutti: non aver visto crescere, parallelamente ai risultati, un movimento forte e compatto capace di fare in modo che di pattinaggio in Italia si parlasse sempre di più, come meriterebbe una scuola, quella azzurra, che nulla ha da invidiare ad altre comunemente ritenute di più alto livello.
Ad ogni modo, da qui a Pyeongchang c’è ancora un anno (e tra poco ci sono i mondiali di Helsinki) quindi, per il momento, è d’obbligo rimanere concentrati e continuare a guardare avanti, lavorando al Mediolanum Forum di Assago per quella medaglia olimpica che a Cappellini – Lanotte ancora manca.
Paola, quando il partner di Anna (Matteo Zanni, ndr) si è ritirato è stata proprio lei a vedere quel quid in più in Luca e a decidere di metterli insieme…
“Con loro come con altri. Il quid in più che vedo sono la passione e il potenziale, insieme al talento che, però, va coltivato. Anche gente poco talentuosa è riuscita ad arrivare ad alti livelli perché ha lavorato tanto, il lavoro paga sempre”.
Sulla deduction ai danni di Anna e Luca a 4 ore dalla fine dello short agli Europei di Ostrava cosa mi dice?
“Crea un precedente pesante, perché d’ora in avanti chiunque vedrà qualcosa di sbagliato potrà fare ricorso. Non credo sia stata una decisione gradita all’ISU. I ragazzi hanno restituito la medaglia con grande serenità, anche se hanno ammesso di essere molto dispiaciuti. Ma la gara continuava e dovevano impegnarsi per fare un libero al meglio delle loro possibilità”.
Ma psicologicamente crede che siano stati condizionati da questa decisione?
“Si, abbastanza. Non so se, in assenza di quella detrazione, si potesse arrivare all’oro, ma essendo primi lo si poteva certamente pensare”.
E ancora una volta sulla loro strada hanno incontrato Papadakis/Cizeron…
“La lotta coi francesi sembra nel nostro destino, si trascina da anni. Una volta va meglio a loro, una volta a noi. Però noi abbiamo un modo di creare programmi che è completamente diverso dal loro e che trae spunto dal fatto che Anna e Luca hanno uno stile tutto personale e il vantaggio di saper danzare e interpretare alla perfezione qualunque ruolo”.
Lei, invece, come si è avvicinata al pattinaggio?
“Per puro caso! La mia mamma era appassionata di sport e un giorno mi portò al Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi, a Milano. Me ne innamorai, ma ero molto giovane, insegnavo a scuola e ho dovuto fare una scelta. Quando ho deciso di allenare, mi sono ripromessa che lo avrei fatto solo ad alti livelli e così è stato. Ho cominciato ad andare all’estero d’estate. Ho trascorso molti mesi in giro per il mondo, soprattutto in Canada, America e Russia, per cercare sempre di migliorarmi. Non si arriva a fare 8 Olimpiadi per caso, ma quella dell’anno prossimo in Corea, lo ribadisco, sarà l’ultima”.
Anna e Luca, ovviamente, non sono l’unica coppia che segue al Medionalum Forum di Assago. Tra quelle che promettono bene adesso ci sono Flora Mühlmeyer e Pietro Papetti…
“Flora e Pietro sono giovanissimi, hanno 15 anni e pattinano insieme da maggio. Da qualche giorno per loro è arrivata la convocazione per i mondiali junior, quindi li vedremo a Taipei dal 15 al 19 marzo. Lei è di Berlino, si è trasferita in Italia proprio per allenarsi e frequenta la scuola tedesca. Lui è di Bergamo, quindi immaginate l’impegno e i sacrifici non solo di questi ragazzi ma anche dei genitori per far si che possano avere la preparazione che meritano. Sono davvero una coppia molto accattivante, bellissima da vedere e fanno ben sperare per il futuro di questa disciplina che non può permettersi di distrarsi dal vivaio, senza ricambio generazionale non ci può essere futuro”.
Un rammarico con il quale lei chiuderà la sua straordinaria carriera sarà quello di aver visto il pattinaggio regredire, da un punto di vista prettamente artistico…
“Questo sport sta diventando tutto uguale perché ci sono troppe regole e il rischio è che tutti i programmi siano identici e noiosi, con la parte artistica sempre meno curata. Il pattinaggio dei Torvill/Dean e dei Ponomarenko (ndr: Sergei e la moglie Marina Klimova) erano decisamente un’altra cosa. La riduzione da tre a due programmi ha penalizzato tanto la danza e il nuovo sistema di giudizio non ha risolto alcun problema, continua ad essere penalizzata la nazione più debole e favorita quella più forte. Diverso il discorso per quanto riguarda il livello tecnico che ormai è altissimo, ma a discapito della parte coreografica. Lifts e sollevamenti sono diventati troppo pericolosi e decisamente non belli, quasi senza linee, ed è necessario introdurre talmente tanti elementi che è diventato davvero difficile fare in modo che il programma narri una storia e abbia un filo conduttore, com’è giusto che sia”.