Nuoto

Rio 2016, nuoto di fondo: finale thrilling, ma Bruni è d’argento

Rachele Bruni - Rio 2016 - Foto Ferraro/Gmt

Ferragosto a Copacabana, Rachele Bruni c’è. Sul podio c’è. Prima bronzo e poi argento. Finale thrilling per la 10 km femminile: altro che moviola, replay, challenge. La medaglia è italiana, abbasso la francese. Che pure aveva provato a tirare giù nell’acqua, e giù dal secondo gradino del podio, la 25enne di Firenze.

Vista e rivista, una irregolarità – nell’impeto della gara, va detto – che per qualche minuto ha tenuto con il fiato sospeso, prima della squalifica di Aurelie Muller e del bronzo andato a quel punto alla brasiliana Okimoto. Risultati ufficializzati dopo il rigetto del ricorso presentato dalla Francia.
Quel che è certo è che Bruni chiude la sua gara in 1h56’49”, tra le onde dell’oceano e davanti alle spiagge più famose del Brasile. Finalmente il vero fondo in acque libere, dopo il bacino artificiale di Pechino e il lago di Hyde Park a Londra. Inquinate, non inquinate? Fidiamoci dei nostri azzurri, che dicono di aver visto di peggio in giro per il mondo.

Poco meno di due ore di lotta e spallate in acqua, con una gara dalle due facce: fino alla boa dei 5 km gruppo compatto e nuotatrici accorte, con due brasiliane al comando. Poi la fuga lenta e solida di Sharon van Rouwendaal, l’olandese evidentemente temprata dai duri allenamenti sotto la guida di Philippe Lucas, famoso da queste parti per essere stato qualche anno fa tecnico anche di Federica Pellegrini.
Dopo un’ora e mezza di bracciate, il primo stacco in testa di quattro atlete guidate proprio dall’olandese che da lì inizia a salutare tutte. Alle sue spalle, Bruni attacca la brasiliana Okimoto che nel tentativo di chiuderla finisce con il portare entrambe fuori rotta. Prova ad approfittarne la cinese Xin, ma l’atleta allenata da Fabrizio Antonelli resiste e si riporta avanti senza poter sfruttare nemmeno la scia della leader. Il resto è un arrivo concitato: la Muller che sale sulla schiena dell’azzurra per toccare prima, un bronzo apparente. Poi i giudici e il metallo si trasforma. Bruni d’argento, quattro anni dopo il terzo posto di Martina Grimaldi a Londra.

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