Amarcord

Atene 1906: Lo straordinario successo di una Non Olimpiade

Atene 1906 - Stadio Olimpico

L’olimpiade del 1906. Ma è davvero un’olimpiade? Possiamo chiamarla così? Ufficialmente no, visto che nel 1949 una commissione del comitato olimpico definì una volta per tutte che quei giochi non potessero essere definiti in quel modo. Ma 43 anni prima, quando nella cerimonia di chiusura re Giorgio di Grecia chiuse quell’edizione “intermedia” pensando di poterne organizzare una ogni quattro anni ad Atene, nessuno pensava di non aver appena assistito a un’olimpiade, anzi.

Dopo l’entusiastico esordio, sempre ad Atene, dieci anni prima, si arrivava infatti da due edizioni disastrose: a Parigi, dove i tornei si dispersero in cinque mesi tra gli eventi dell’esposizione universale, e a Saint Louis, dove parteciparono quasi solo americani e ci fu la bieca parentesi delle giornate antropologiche. Serviva nuovamente Atene per riportare lo spirito olimpico ai giochi, e i greci avrebbero voluto riprovarci già nel 1898, ma lo scoppio della guerra a Creta con i turchi bloccò il tutto. A dire il vero De Coubertin, il grande padre dei giochi moderni, non era granché d’accordo con l’idea (e infatti non si presentò mai ad Atene), ma dopo quelle due terribili edizioni nel comitato vigeva il caos, e quando i greci decisero di organizzare una nuova edizione dei giochi, non ci fu la compattezza per opporsi. E così quegli strani giochi si fecero. E furono un grandissimo successo, con molti atleti (854), rappresentanti di venti nazioni, grande risonanza da parte della stampa e ottima partecipazione del pubblico.

Atene 1906 - Iole italianaTornarono anche gli italiani (che a Saint Louis non avevano ufficialmente partecipato), e portammo a casa un buon bottino di sette medaglie d’oro, quattro nel canottaggio e tre nel ciclismo. I protagonisti furono soprattutto due, Giorgio Cesana e Francesco Verri. Giorgio Cesana era nato a Venezia il 14 aprile 1892, e quindi no, non sbagliate, ad Atene aveva solo 14 anni e 10 giorni quando vinse il suo primo oro. Non era nemmeno il più giovane atleta in quell’Olimpiade, visto che il turco Vahram Papazyan arrivò ottavo negli 800 metri di atletica a 13 anni, ma nessun italiano sarebbe più riuscito a vincere un oro olimpico a quell’età. Giorgio faceva parte del Bucintoro, il galeone sul quale i veneziani si imbarcavano ritualmente ogni anno nel giorno dell’Ascensione, e la Reale Società Canottieri Bucintoro riuscì per un soffio a qualificarsi a quei giochi (non in tutti gli sport partecipavano le nazionali, ma più spesso i singoli club), superando i favoriti concittadini della Querini e l’Aniene. Andarono quindi ad Atene, ritrovandosi con tutti gli italiani a Brindisi il 17 aprile, tre giorni dopo il compleanno del giovane Giorgio, e a bordo della Scilla raggiunsero Atene, in quell’hotel Zappeion che era una sorta di previllaggio olimpico, visto che ospitava praticamente tutte le nazioni. Tranne gli americani, che dopo un paio di giorni passati a mangiare carne di montone, preferirono trovarsi un altro albergo. La prima gara fu il quattro con, e Giorgio era proprio il “con”, il timoniere, e Il Bucintoro, l’Italia, vinse davanti ai due equipaggi francesi. In tre giorni arrivarono altri due ori nel “due con”, sul miglio e sul chilometro, dove per l’Italia fu un trionfo, visto che al secondo posto arrivò l’equipaggio della Varion di Bari. Del futuro di Cesana purtroppo si sa ben poco, dopo quei tre giorni trionfali, solo che morì, praticamente sconosciuto, nel 1977.

Francesco VerriL’altro trionfatore italiano fu, come si è detto, Francesco Verri. Lui all’Olimpiade neanche ci sarebbe dovuto andare. La leggenda vuole che la prima bicicletta la prese “in prestito” da un negoziante, da ragazzino discolo e furbo qual era, e finì la corsa pochi metri dopo nella fontana di Piazza Garibaldi della sua città, Mantova. Ai giochi aveva 21 anni, ed era già fortissimo: l’anno prima aveva vinto la massacrante maratona Milano – Verona – Milano, e nell’anno di grazia 1906 vinse anche il titolo mondiale per dilettanti della sua vera specialità: la velocità. A dire il vero, lui dilettante proprio non lo era, visto che percepiva 105 lire di stipendio dal club di Cernobbio, dove si allenava, e all’Olimpiade i professionisti non potevano partecipare. E a dire ancora di più il vero, venne anche eliminato dalle qualificazioni svolte a Torino, superato da Federico Della Ferrera. Ma Verri era considerato il ciclista italiano più forte, e la stampa si schierò con lui. I selezionatori, pressati anche da tutta la città di Mantova, decisero di ripescarlo, portando ad Atene sia lui che Della Ferrera (che in realtà ebbe poi più successo con il suo marchio di motociclette). Arrivato ai giochi, Verri avrebbe dovuto correre solo il chilometro da fermo. La gara si disputò nel circuito attorno al campo di calcio, durante l’intervallo della finale, Danimarca – Smirne. Verri non vinse, dominò, e decise così di iscriversi anche alla gara del chilometro e dei cinque chilometri. Ovviamente, vinse anche quelle. Solo nel chilometro ebbe qualche difficoltà, superando l’inglese Herbert Crowther solo allo spareggio. Verri e la sua bicicletta erano una cosa sola, e così decise di seguire anche la specialità madre dei giochi olimpici, la maratona, percorrendo i 42 chilometri in bicicletta. Seguì in particolare un atleta italiano, che diventerà molto più famoso due anni più tardi, per la sua indimenticata maratona vinta e poi persa per squalifica a Londra, Dorando Pietri. Pietri arrivò da favorito alla maratona, avendo da poco vinto quella di Parigi, e al 24° chilometro era effettivamente in testa. Alcune cronache dicono con cinque minuti di vantaggio, altre con qualche metro sul gruppo inseguitore. Sta di fatto che fu colto da un fortissimo attacco intestinale che lo costrinse a ritirarsi. Il primo a soccorrerlo, con la sua scattante bicicletta, fu proprio Verri.

La maratona del 1906 rimase così famosa per l’incredibile storia del suo vincitore, il canadese Billy Sherring. Quasi sette minuti di vantaggio sul secondo classificato, lo svedese John Svanberg, testimoniano di un dominio in corsa, ma per arrivare a quel traguardo la storia fu decisamente complicata. Sherring era un ventottenne ferroviere dell’Ontario a cui piaceva correre, e il cui sogno era partecipare Atene 1906 - Maratonaall’Olimpiade. Il Canada però aveva selezionato solo due atleti da mandare ad Atene. Sherring organizzò così un concerto per finanziare il suo viaggio olimpico, guadagnò 75 dollari, lì giocò tutti nei cavalli, vinse e raggiunse così la cifra necessaria per il lungo tragitto in nave. Non fece quindi il viaggio con gli altri americani e canadesi, tra l’altro decisamente complicato e che costò diversi infortuni a bordo, ma quello che si poté permettere fu solo un passaggio a bordo di un cargo bestiame. Arrivò però ad Atene due mesi prima di tutti gli altri, passò quel tempo lavorando come operaio per le ferrovie greche e si allenò duramente, arrivando a perdere dieci chilogrammi. In gara, superato il dolorante Pietri, non ce ne fu per nessuno. Tornato in Canada, venne fatto ispettore delle ferrovie dell’Ontario.

Alla fine si tornò, come dieci anni prima, a organizzare una grande cerimonia di chiusura, con l’esibizione di 6000 giovani ginnasti greci e la consegna degli allori ai vincitori (e di un bronzo rappresentante Romolo e Remo da parte del principe Costantino al comitato olimpico italiano). Re Giorgio dichiarò chiusi i giochi, con l’idea di rifarli, sempre ad Atene, ogni quattro anni. Ma prima la guerra con la Turchia, poi il crollo dell’impero ottomano e infine la seconda guerra mondiale non permisero altre edizioni. Quello del 1906 rimase così un caso unico che, se di olimpico oggi non può portare il nome ufficiale, di sicuro allora ebbe lo spirito a cinque cerchi che storie come quelle di Cesana, Verri e Sherring hanno perfettamente impersonato.

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