Pallanuoto

Alessandro Campagna avverte il Settebello: “Guai a sottovalutare avversari”

Alessandro Campagna e Paolo Barelli

L’appuntamento è a Torino, martedì 16 febbraio. Il Settebello di pallanuoto fa il suo esordio in World League contro la Russia, e il ct Alessandro Campagna è pronto a vendicare la delusione nell’Europeo di Belgrado che ha saputo regalare soltanto un sesto posto agli azzurri: “Nella fase eliminatoria eravamo andati davvero bene, il podio pareva ampiamente alla portata. Nei quarti abbiamo trovato il Montenegro che ci ha messo le mani addosso e ci ha mandato in tilt. Batterli avrebbe significato quasi sicuramente staccare il pass per i Giochi di Rio. Le possibilità di volare in Brasile per l’Olimpiade di questa estate non sono ancora finite, ad aprile il Settebello è atteso da un fondamentale torneo preolimpico a Trieste che può consentire la qualificazione in extremis: “Dovremmo disputarci i quattro posti in palio con Ungheria, Russia e Spagna. Ma ci sono rivali temibili come Germania, Romania e Canada. Attenzione a non essere troppo sicuri come con il Montenegro”. Il ct avverte i suoi, e lui di Olimpiade ne sa qualcosa perché gli ultimi Giochi Olimpici vinti dall’Italia della pallanuoto – a Barcellona ’92 – videro protagonista proprio Campagna: “Ma a Londra 2012 siamo arrivati secondi e nel 2011 abbiamo vinto il Mondiale di Shanghai”. Il mister lo sa, il suo sport è cambiato ma lui non vuol cambiare. Vecchie maniere: “Vengono concessi troppi contatti in nome dello spettacolo, forse si sta andando troppo oltre. La Fina dovrebbe intervenire e gli arbitri cambiare metro di giudizio”. E vecchie regole, assurdo pensare a squadre di sei anziché sette giocatori o al campo ridotto da 35 a 30 metri o all’utilizzo di un pallone più piccolo o a ridurre il tempo delle azioni d’attacco: “E’ come se si giocasse a calcio in nove. Non esageriamo. Vanno bene i cambiamenti ma senza snaturarsi – racconta a La Stampa – La pallanuoto negli anni ha già cambiato tanto e per certi versi è anche migliorata. Così però rischiamo di trasformarla in un altro sport”.

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