Quando si guarda Mick jr. Schumacher si vedono netti i tratti somatici del padre Michael e della madre Corinna: il volto è la sintesi gentile dei genitori. Ma non è la sua fisionomia ciò che interessa a mezzo mondo, quello che veramente interessa è scoprire se il 17enne ha nel sangue le doti del padre, se ha il DNA vincente. Correre con una simile pressione mediatica addosso non deve essere semplice anche se sei abituato fin da piccolo all’ombra invadente e gigantesca di tuo padre, il più grande pilota di F1 titoli alla mano: 7 di cui 5 con la Ferrari. Un mito nel mito.
Schumacher jr. è al secondo anno di Formula 4 e gareggerà sia in Italia che in Germania (il prossimo weekend è atteso a Oschersleben), tra qualche gran premio deciderà se correre continuare in entrambi i campionati o in uno solo. Ai nastri di partenza del torneo taliano ci sono 41 piloti (tra questi anche Manuel Maldonado, cugino di Pastor ex pilota Williams e Lotus) e 20 team per un totale di 21 paesi rappresentati. Il tedeschino guida la monoposto numero 5 della Prema Powerteam, la scuderia veneta – considerata la Ferrari della categoria – ha vinto il campionato nel 2014 e 2015. Secondo gli addetti ai lavori, lo schivo e riservato Mick è determinato, puntiglioso e sensibile nella messa a punto della macchina, ma non basta: deve dimostrare di esser cresciuto, di essere veloce e di avere carica agonistica. Ha iniziato bene: nelle libere di oggi ha ottenuto il secondo e il primo tempo, il giusto biglietto da visita per due giornate da protagonista. La Formula 4 è da sempre un trampolino di lancio: Jacques Villeneuve, il fenomeno Robert Kubica e Valteri Bottas si sono fatti le ossa qui. Giuliano Alesi, figlio dell’ex ferrarista Jean, sta disputando lo stesso torneo ma in patria, in Francia. «Per me è stato sempre tutto chiaro, mi interessano le corse. Partire con un anno di esperienza è sicuramente un vantaggio in Formula 4. Darò il massimo, sono orgoglioso di essere con la Prema» dichiarò mesi fa – al momento dell’ingaggio – Mick jr che corre nel ricordo di come sia stata stravolta la sua vita negli ultimi due anni e mezzo. Aveva 15 anni quando il 29 dicembre 2013 sulle Alpi dell’Alta Savoia a Meribèl, Schumi andò a sbattere con gli sci contro un sasso sepolto dalla neve riportando un gravissimo trauma cerebrale. Era presente in quel momento e poi in ospedale a Grenoble. E c’è ora nella villa di Gland dove ogni giorno vede il padre lottare senza sosta per tornare a una vita che si avvicini per quanto possibile al normale. Ogni corsa gli ricorderà quando al suo fianco c’era Michael, pronto a consigliarlo gara dopo gara, circuito dopo circuito. Ha l’imperativo morale ed emotivo di renderlo orgoglioso. E forse questa spinta è la stessa che provano tanti altri figli d’arte.
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Lunga è la lista dei rampolli che hanno voluto seguire le orme di uno dei genitori, di rado è una buona idea, anzi spesso il paragone è impietoso. Alberto Ascari era figlio di Antonio, il dominatore degli anni ‘20 con l’Alfa Romeo. Alberto lo superò e divenne il più grande pilota italiano del dopoguerra. Andretti è sinonimo di una dinastia pazza per le quattro ruote: Mario detto Piedone, il gemello Aldo, Michael e Marco. David Brabham è nato dal tre volte iridato Jack. Esordì in F1 nel 1990 a bordo di una Brabham, facile così direte voi, ma non aveva le doti di Sir Jack e emigrò mestamente in altre categorie. Chi non ricorda Damon Hill? Il padre era l’iridato Graham. A bordo della Williams pluridecorata conquistò un Mondiale ma rimpiange ancora l’ingenuità commessa nel 1994 ad Adelaide quando sottovalutò la manovra di Schumacher e si fece scippare il primo possibile titolo. Se avesse avuto la grinta e il fuoco dei fenomeni avrebbe due allori in bacheca. E invece era soprannominato ‘Capitan 0’ per via del numero sul musetto della Williams perché Mansell si era ritirato con il numero 1. La storia recente racconta di Nelson Piquet jr: il figlio del 3 volte campione del mondo è stata una stella filante e viene ricordato più per un incidente ad hoc imposto da Briatore ai tempi della Renault che per le sue abilità. Ha ripiegato in Formula E dove gli fanno buona compagnia Nicolas Prost, figlio di Alain, il francese dei 4 titoli in F1, e Bruno Senna, il nipote di Ayrton: il confronto con il mito era perso in partenza ed è un ‘mistero’ perché abbia scelto di usare il cognome tanto impegnativo della madre. Attualmente la truppa di chi si misura con l’arte paterna è altrettanto nutrita. C’è Nico Rosberg: il figlio di Keke è obbligato a vincere il titolo quest’anno, altrimenti passerà alla storia come l’eterno secondo. Carlos Sainz jr è il bimbo del due volte campione del mondo di rally. Lo spagnolo è bravo, ma non balla. E poi c’è chi fa storia a sé: Max Verstappen. Il padre è Jos, pilota di F1 veloce, ma dalla carriera mediocre: 17 punti in 106 gran premi. Il 18enne olandese invece è un fuoriclasse, per temperamento, personalità, arroganza e piede caldo, anzi bollente. Non è un caso che sia l’unico ad avere un padre pilota dalla storia non ingombrante. A volte gli allievi superano i maestri, i figli i padri: non è il cognome a far la differenza, ma la fame.
Per Mick Schumacher jr grande debutto nella Formula 4 italiana. Dopo aver vinto gara-1, il figlio 17enne del sette volte campione del mondo di Formula 1 ha trionfato anche nella manche pomeridiana nonostante la pioggia caduta sul circuito di Misano. Mick Schumacher ha debuttato nel Campionato Italiano con i colori della Prema Powerteam della provincia vicentina, team che dal 2014 ha domina il Torneo Tricolore: nel 2014 con il candese Lance Stroll e nel 2015 con l’estone Ralf Aron, entrami impegnati quest’anno in Formula 3.