Il Tour de France 2016 prenderà il via sabato 2 luglio da Mont Saint-Michel, per poi concludersi – come da tradizione – nella splendida cornice parigina degli Champs-Élyseés, domenica 24. Ventuno le tappe previste (intervallate – come di consueto – da due giorni di riposo: il primo tra la nona e la decima tappa, il secondo tra la sedicesima e la diciassettesima), per complessivi 3519 chilometri. Nove presentano un tracciato sostanzialmente pianeggiante, ma ben sette sono quelle di alta montagna (quattro delle quali si concludono in salita), dove la corsa verosimilmente si deciderà; cinque le tappe di media montagna, mentre due sono le prove contro il tempo (per un totale di 54 km a cronometro). Un Tour de France che, dunque, ancora una volta, strizza l’occhio agli scalatori.
Ad accogliere il Grand Départ dell’edizione numero 103 della Grande Boucle è la Normandia, in uno tra gli scenari più suggestivi d’Europa. La prima maglia gialla verrà assegnata al termine di una frazione in linea che condurrà la corsa a Sainte-Marie-du-Mont, e più precisamente nel luogo passato alla storia come Utah Beach, teatro – il 6 giugno 1944 – del celebre Sbarco. Contrariamente a quanto avveniva in passato, la prima settimana presenta ben poche occasioni per le ruote veloci: dopo la frazione inaugurale, solamente la terza, (forse) la quarta e la sesta frazione paiono destinate agli sprinter. La seconda tappa si conclude invece in prossimità di una côte di terza categoria, mentre la quinta – con arrivo a Le Lioran – è un continuo saliscendi sul Massiccio Centrale, che potrebbe nascondere insidie per quanti non avessero ancora trovato la miglior condizione.
Alla 7ª tappa è già tempo di Pirenei, con la frazione che termina sull’inedito traguardo di Lac de Payolle; nel finale la classica ascesa al Col d’Aspin, la cui sommità è posta è soli 7 km (quasi interamente di discesa) dalla conclusione.
Si replica l’indomani con la tradizionale Pau-Bagnères de Luchon; questa prevede nel mezzo la scalata a quattro colli pirenaici, il primo dei quali è il mitico Col du Tourmalet (tuttavia troppo lontano dal traguardo per poter risultare decisivo), seguito dalla Horquette d’Ancizan, dal Col de Val Louron-Azet e dal Col de Peyresourde, sul quale verosimilmente si deciderà la tappa.
La tre giorni pirenaica termina domenica 10 luglio con lo sconfinamento in Spagna e la conclusione ad Andorra, in cima all’Arcalis, asperità più volte affrontata dalla Grande Boucle: 10,1 km è la lunghezza della salita finale, la cui pendenza media è del 7,2%.
Dopo il primo dei due giorni di riposo, la corsa lascia Andorra e ritorna in Francia attraverso il Port d’Envalira, che con i suoi 2408 m di quota è la cima più alta di questa edizione della Grande Boucle e per questo vede l’assegnazione dello speciale Souvenir Henri Desgrange (dal nome del fondatore del Tour, è l’equivalente della Cima Coppi del Giro); ma è l’unica insidia altimetrica di una tappa che si concluderà a Revel e potrebbe veder tornare di scena i velocisti, al pari della frazione successiva, con arrivo a Montpellier. Giovedì 14 luglio, festa nazionale francese, la corsa fa ritorno su un altro dei giganti che hanno segnato la storia ultracentenaria del Tour de France: il leggendario Mont Ventoux, teatro di innumerevoli sfide epiche e, nel 1967, della tragica morte di Tommy Simpson. Il Monte Calvo tanto caro al Petrarca fa paura non tanto e non solo nei numeri (15,7 km all’8,8% di pendenza media), quanto per la caratteristica assenza di vegetazione che – negli ultimi 6 km – riduce drasticamente le riserve di ossigeno a disposizione degli atleti impegnati nello sforzo.
A questo punto la classifica potrebbe risultare delineata, ma rischia di essere scombussolata ulteriormente già l’indomani: la 13ª tappa è infatti una cronometro individuale di 37,5 km, che per gli specialisti rappresenta una ghiotta occasione di distanziare gli scalatori, i quali avranno comunque in seguito altro terreno per recuperare.
Se la 14ª tappa si preannuncia interlocutoria, la quindicesima è una nuova scorpacciata di salite, attraverso il Giura (a tal proposito sembra che quest’anno gli organizzatori si siano ricordati di ogni catena montuosa presente sul loro territorio). Dei sei gran premi della montagna previsti, i più impegnativi sono indubbiamente gli ultimi due: il Grand Colombier (12,8 km al 6,8% di pendenza media) e il Lacets du Grand Colombier (8,4 km al 7,6% di media), dalla cui vetta mancheranno 14 km all’arrivo di Culoz. Una frazione certamente da non sottovalutare, adatta alle imboscate, che potrebbe favorire l’inventiva di alcuni e penalizzare pesantemente quanti incappassero in una giornata storta, con la terza settimana ormai alle porte. Questa si apre con un nuovo sconfinamento; la corsa lascia infatti nuovamente la Francia e approda in Svizzera, con una frazione che pare adattarsi alle ruote veloci, in quel di Berna.
Dopo aver trascorso nella capitale elvetica il secondo e ultimo giorno di riposo, il Tour riparte alla volta delle Alpi. La 17ª tappa, che terminerà in quota sull’inedito traguardo di Finhaut-Emosson (nel Canton Vallese, al confine con la Francia), presenta un finale pressoché senza respiro; dei 30 km finali, 23 sono in salita: si affronteranno, in rapida successione, il Col de la Forclaz (13 km al 7,9% di pendenza media) e l’asperità conclusiva (10,4 km all’8,4%).
Archiviata questa frazione, le difficoltà non saranno certo finite, tutt’altro. Nel cuore della terza settimana, ad attendere i corridori sarà la cronometro di Megève, 17 km caratterizzati dalla scalata alla Côte des Chozeaux, che ne misura 10; una prova contro il tempo che, dunque, non dovrebbe penalizzare eccessivamente gli scalatori, ma nella quale si dovranno fare i conti soprattutto con le energie residue.
Si arriva così al weekend conclusivo. La 19ª frazione è un nuovo tappone alpino: arrivo in salita a Saint-Gervais Mont Blanc Le Bettex (9,8 km all’8% di pendenza media), ultimo di quattro gran premi della montagna tra i quali spicca l’inedita Montée de Bisanne (12,4 km all’8,2% di media).
Non meno impegnativa è la ventesima tappa, che come la precedente si sviluppa tra la Savoia e l’Alta Savoia e presenta nuovamente quattro colli da scalare; l’ultimo di questi è il micidiale Col de Joux Plane: 11,6 km all’8,5% di pendenza media per una delle salite più impegnative tra quelle regolarmente affrontate dal Tour de France.
Dalla vetta, una picchiata di 12 km per raggiungere il traguardo di Morzine, che incoronerà definitivamente il vincitore del Tour de France 2016. Per costui, l’onore e la gloria della passerella finale sugli Champs-Élyseés; per tutti gli altri, la soddisfazione di aver portato a compimento la corsa più prestigiosa al mondo, al termine di un’avventura lunga tre settimane.