Editoriali

Milan “Die hard”, nella sagra del non gioco

Brahim Diaz Milan
Brahim Diaz - Foto LiveMedia/Raffaele Conti

Quando si giudica una partita, non va mai dimenticato che in campo c’è sempre l’avversario. Mai come con la Roma questa frase acquista enorme valore, perché piaccia o meno la squadra di Mourinho ha avuto un chiaro piano gara: squadra bassa, pronta a ripartire nel caso ci fosse l’occasione e appena il Milan prova ad andare si “picchia” duro. Non mi si fraintenda, non è una lettura “offensiva”, anzi. Un piano gara che comunque ha pagato, contro un Milan che è stato tutt’altro che brillante, un po’ per colpa sua, molto per colpa dell’avversario.

So che scontenterò parecchi tifosi che non saranno d’accordo con me e sono conscio dell’appunto che in molti fanno sulle difficoltà rossonere ad essere efficaci contro squadre chiuse, tutto giusto. Poi però mi son riguardato la gara di ieri per intero e se è vero che alcuni singoli hanno peccato di scarsa brillantezza (Theo in modo particolare, ma anche Krunic, Bennacer..), lo è altrettanto che finchè il giro palla rossonero era orizzontale la Roma lasciava fare, appena si provava a cercare verticalità in velocità, c’era il fallo sistematico a interrompere la trama. Questo ti crea difficoltà a trovare una continuità di costruzione e soprattutto come sottolineato da Pioli nel post gara diventa “difficile trovare spazio e ritmo quando si gioca così poco”.

Il Milan avrebbe dovuto comunque provare ad alzare i giri del motore, a cercare di muovere il pallone molto più velocemente, a stanare la Roma e a farle male con le sue armi, ma non l’ha fatto, in una partita spezzettata e dove forse (o anche senza il forse..) qualche cartellino in più avrebbe aiutato oppure semplicemente sarebbe bastato il rosso, sacrosanto, a Ibanez per il brutto intervento su Saelemaekers, che ai tifosi rossoneri tanto ha ricordato quello di Hateboer su Leao.

Non amo soffermarmi sugli arbitri, spesso è la scusa dei perdenti, perché se è vero che questa partita ha sottolineato la scarsa brillantezza rossonera, ha anche detto chiaramente che è un Milan Die Hard. Diciamocelo chiaramente, prendere gol al 94′ è una mazzata in testa, una di quelle che ti lascia K.O che neanche Gervonta, con un pallone perso ingenuamente a centrocampo in un momento in cui potevi anche vincerla, invece qui esce il carattere, esce la rabbia, esce il carisma. Quello che ti consente di riprendere una partita persa e di pareggiarla al 97′, con la solita trovata magica di Leao (Assist numero 7 in campionato, 12esimo in stagione) che la accarezza e piazza Alexis Saelemaekers solo davanti a Rui Patricio.

Ed è qui che voglio soffermarmi, sulla reazione post goal, perchè il body language dice tanto, tantissimo sullo stato di salute di una squadra. Appena segnato, al minuto 97, non si esulta nemmeno ma si prende il pallone e torna velocemente verso il cerchio di centrocampo, un qualcosa del tipo “dai che la possiamo ancora vincere”, una sorta di “questo pareggio, nonostante tutto ci va stretto” ed è l’atteggiamento mentale giusto, di una squadra che è cresciuta e continua a crescere, anche se non l’ha dimostrato magari nell’arco dei 90′, nonostante il 68% di possesso palla.
Finisce con mister Mourinho che sottolinea le sue assenze e Pioli che sottolinea come siano “due punti persi anche per il Milan”.

Finisce la partita che ho definito “la serata del non gioco”. Finisce in pareggio, come all’andata.
Quel pareggio “killer” che ha trascinato il Milan nel baratro e il cui contraccolpo psicologico per i rossoneri, ebbe un effetto devastante.  E’ tutto diverso, oggi il Milan la riprende, oggi il Milan ne esce a testa alta, oggi – si spera – il contraccolpo sarà in chiave positiva. Perchè ora è troppo importante continuare la corsa e non fermarsi.
Ora serve “Mamba mentality“, bisogna “cercare di essere ogni giorno la versione migliore di se stessi”. L’ha insegnato Kobe.

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