Calcio

Claudio Ranieri e il sogno Leicester, il capolavoro di un gentiluomo della panchina

Claudio Ranieri - Official Leicester City Facebook Page

“Ranieri, really?”. Quando il Leicester annunciò il suo ingaggio, la gloria nazionale Gary Lineker, principe dei commentatori tv, non trattenne la delusione: “E’ incredibile come i soliti vecchi trovino posto nella giostra delle panchine”. Oggi che Claudio Ranieri ha firmato la più grande impresa del calcio contemporaneo portando il Leicester a vincere la Premier, l’ex attaccante delle Volpi e della nazionale inglese, è pronto a pagare la sua scommessa: nella prossima stagione condurrà in boxer la prima puntata del suo programma televisivo.

Ha messo in mutande critici e scettici, Ranieri, che vince il suo primo campionato in 29 anni da allenatore. Un anno fa il Leicester si salvava per il rotto della cuffia dalla retrocessione. Se oggi si ritrova a festeggiare il primo titolo in 132 anni di storia lo deve al “genio di un uomo gentile” (copyright Simon Kuper sul “Financial Times”). La vulgata pallonara aveva già archiviato Ranieri dopo la fallimentare esperienza come ct della Grecia. “La morte del calcio”, così la stampa ellenica aveva salutato la sconfitta contro le Far Oer che costò la panchina a Ranieri.

“Bollito”. L’etichetta che poteva dannarlo all’oblio. Eppure aveva portato il Cagliari dalla C alla A e la Fiorentina alla conquista della Coppa Italia, col Parma aveva agguantato una salvezza che valeva come uno scudetto e con la sua Roma arrivò a un passo dal “titulo” vinto dal suo amico e rivale Mourinho. In Spagna aveva lasciato un buon ricordo e una coppa del Re a Valencia. Per gli inglesi era rimasto Tinkerman, l’aggiustatore degli anni al Chelsea che comunque portò alla semifinale di Champions. Proud man walking. L’uomo che cammina a testa alta, la faccia nobile, leale, onesta del calcio italiano, secondo il noto commentatore sportivo, Des Lynam, e nulla di più: Sir Claudio rischiava di rimanere confinato per sempre nella ridotta dei perdenti di successo.

Quando quest’estate il Leicester annunciò il suo nome, il “Guardian” ironizzò: “Se volevano qualcuno simpatico, l’hanno trovato. Se volevano qualcuno che li tenesse in Premier League sono andati dalla persona sbagliata”. Per i bookmakers sarebbe stato il primo allenatore ad essere esonerato. Niente male come saluto di benvenuto. Gli chiedevano la salvezza, ma Ranieri ha fatto di più. Poca tattica, tanto ritmo. Ha blindato la difesa e organizzato la squadra per esaltare le qualità del bomber della working class James Vardy e di Mahrez fino a qualche anno fa spiaggiato nelle categorie inferiori del calcio francese. Battute (“Kanté sta correndo così forte che deve avere delle batterie di riserva nei calzoncini”), lavoro e serate in pizzeria: ha costruito un sogno.

Vincere la Premier? Perché no? Ci proveremo, la svolta della stagione la vittoria contro il City quando fu chiaro a tutti che il Leicester si candidava a ripercorrere le orme del Nottingham Forest di Brian Clough, la cenerentola che divenne nel ‘78 regina della Premier (e poi per due anni consecutivi campione d’Europa). Do you remember? La saracinesca Shilton, i gol di Trevor Francis, il nume tutelare Clough. Football genius, per la stampa inglese.

E allora come dovrebbero chiamare Claudio Ranieri? “26 giocatori, 26 cervelli, un solo cuore – ha scritto il tecnico italiano omaggiato in queste ore a Leicester anche da un murale – la nostra storia è importante per il calcio. Dà speranza a tutti i ragazzi lì fuori che si sono sentiti dire di non essere abbastanza bravi”. Vale come esempio, per tutti. Anche per Lineker. Una gigantesca metafora che racconta di sogni, lotta e sacrifici, bocciature premature e riscatto. Ha tutto per diventare un kolossal di Hollywood, l’epopea del Leicester. Il capolavoro di un gentiluomo della panchina. Claudio Ranieri, really!

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