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NBA 2019/2020: la presentazione del roster degli Oklahoma City Thunder

La scorsa stagione è iniziata per gli Oklahoma City Thunder con un confortevole “ciao”, dovuto all’estensione di Paul George (snobbando i Lakers), ed è finita con un devastante “arrivederci“, ossia il saluto sarcastico di Damian Lillard dopo aver messo a segno la tripla che ha sbattuto gli uomini di Billy Donovan fuori da playoffs. Ciò che è accaduto nel mentre è stato decisamente agrodolce: George ha probabilmente giocato la migliore stagione della sua carriera, terminando terzo nella scorsa per l’MVP. L’ex Pacers è diventato il miglior giocatore, se non il volto, della franchigia conducendola per punti (28.0 ppg) e guidandola in palle rubate (2.2 spg), aggiungendo 8.2 rpg e 4.1 apg.

LA PRESENTAZIONE DI TUTTE LE ALTRE SQUADRE

RECORD 2018/2019: 49-33, eliminati 4-1 al primo round dei playoffs dai Portland Trail Blazers.

ARRIVI: Chris Paul (trade), Shai Gilgeous-Alexander (trade), Danilo Gallinari (trade), Darius Bazley, (Draft), Mike Muscala (free agency).

PARTENZE: Russell Westbrook, Paul George, Patrick Patterson, Jerami Grant, Markieff Morris.

PROBABILE QUINTETTO 2019/2020: Paul, Gilgeous-Alexander, Roberson, Gallinari, Adams.

PANCHINA 2019/2020: Schröder, Ferguson, Gaddy, Muscala, Nader, Diallo, Bazley, Noel.

Tutto ciò è stato reso possibile dalla decisione di Russell Westbrook di cedere in buona quantità le luci della ribalta, assicurandosi che la sua co-star avesse un sacco di libertà. Il numero 0 ha fatto di tutto per rendere felice il suo partner, facendo ad esempio calare il proprio usage rate a 30.1 (il più basso registrato da Westbrook in questa decade). Si è dimostrato tuttavia un deludente tiratore (42.8% dal campo con 20.2 tentativi a partita), sia per quanto riguarda le percentuali dietro l’arco (29% con 5.6 tentativi a partita) sia per quanto riguarda la linea della carità (65% con 6.2 tentativi a partita): quasi inspiegabile da parte di un giocatore che, dopo essere stato eletto MVP della stagione 2016/2017, ha visto vistosamente calare le sue medie realizzative. Scremato il giocatore da questi problemi bisogna dire che è comunque arrivata la terza stagione consecutiva in tripla-doppia di media (22.9 ppg, 11 rpg e 10.7 apg).

Insieme queste due All-Stars hanno costituito lo scheletro offensivo e di playmaking dei Thunder. OKC ha ottenuto sforzi decenti da Jerami Grant, ala atletica che ha finalmente sviluppato un tiro da tre credibile, e dal mai domo Steven Adams. Tuttavia hanno dovuto fare a meno della feroce difesa da mastino di Andre Roberson dopo che un intervento al ginocchio l’ha relegato ai box per tutta la durata della scorsa stagione. Lo sviluppo di Terrance Ferguson come tiratore consistente e come giocatore di rotazione è avanzato anche meglio di quanto previsto. Tuttavia, per la seconda stagione di fila, George e Westbrook non sono stati abbastanza neanche per superare il primo round.

Dopo una settimana dall’inizio della free-agency Sam Presti, GM dei Thunder, riceve un messaggio che non dimenticherà tanto in fretta: la richiesta di Paul George di essere tradato ai Clippers. Il fenomeno sismico ha fatto scattare una reazione a catena che ha letteralmente ribaltato il roster di Donovan e che ha generato la partenza dei due migliori giocatori: uno di questi è Westbrook, una delle poche bandiere rimaste all’interno dell’NBA. Né Presti né OKC avevano chiesto questo, anche se l’uscita dei playoffs era stata abbastanza scoraggiante e, su certi livelli, imbarazzante. Nonostante tutto Westbrook e George hanno avuto un’ottima relazione e, che dir si voglia, i Thunder erano considerati una contender (seppure di seconda fascia): i presupposti erano un duo di stars e un arguto GM ai quali bisognava soltanto aggiungere gli ultimi pezzi del puzzle.

La richiesta di trade è stata un pugno nello stomaco per Presti: un pugno che non ha nemmeno visto arrivare e a causa del quale è stato immediatamente costretto a riorientare la direzione del team. Dopo 11 stagioni Westbrook non aveva intenzione di sedersi e assistere nuovamente a un rebuilding, né tantomeno qualcuno ha preteso che lo facesse. Presti è stato dunque costretto a chiudere un paio di trattative nell’arco di alcune settimane. Già da quest’estate il GM ha indirizzato la franchigia pensandola in ottica futura: è stata infatti fatta scorta di scelte, tra qui sette del primo round appartenenti ai Clippers e ai Rockets e quattro swap picks del primo round. Si parla letteralmente di un furto con scasso: se Clippers e Rockets dovessero fallire da qui al 2026 in Oklahoma potrebbero dire di aver fatto il colpaccio. Se nulla accade i Thunder manterranno incellofanate quelle scelte in vista di future trade. Presti ha quindi delle opzioni: il meglio che potesse chiedere.

Il front-office è riuscito a ottenere un’altra scelta del primo round, questa volta una top-10 protected 2020 da Denver, in cambio di Jerami Grant: mossa quasi obbligatoria dato che l’ala sarebbe stata free-agent la prossima estate. Come se Presti non abbia già tanti problemi da risolvere, c’è n’è un altro da affrontare prima che la regular season cominci: che cosa fare con Chris Paul? Cp3, ormai 34enne, è stato parte integrante della trade con i Rockets e rappresenta una sciarada non da poco. I Thunder non hanno bisogno di Paul dato che Shai Gilgeous-Alexander rappresenta il futuro della franchigia in quella posizione. Inoltre, come risaputo, Paul ha fatto fatica nel mantenere l’integrità fisica, soprattutto in questa parte finale della sua carriera: ha giocato solo 177 partite di regular season su 246 negli ultimi tre anni. Il suo contratto è mastodontico: CP3 sarà free-agent nel 2022 quando, probabilmente, sarà completamente usurato da un bel po’ di tempo.

Una decisione no sense da parte degli OKC: il giocatore percepirà nelle sue prime due stagione 80 milioni di dollari prima di imbattersi nella player option per una terza stagione da 44 milioni di dollari. Presti e Paul si trovano in una posizione delicata: il playmaker non ha mai vinto un anello e sicuramente avrebbe preferito essere andato altrove piuttosto che annusare solamente l’aria della postseason: nonostante Paul continui ad ammettere che tutto stia andando per il verso giusto, è comunque lecito porsi questo dubbio. L’unica (fievolissima) speranza è trovare un team che, prima delle deadline del 2020 e del 2021, possa mettere sul piatto qualcosa per ottenere l’ex Rockets: attendere ulteriormente sino al termine del suo contratto significherebbe far crollare il suo valore all’interno di ogni trade. OKC non sarebbe mai caduta in piedi, Presti ha semplicemente scelto la scelta meno dolorosa: se hai preso Danilo Gallinari, efficiente scorer e reduce dalla migliore stagione della carriera, non puoi affermare di aver fallito completamene durante la sessione estiva (in maggior ragione se gli offri un triennale da 65 milioni di dollari).

Tutto sommato è stata un’estate piena di ramificazioni per OKC: Presti rimane un GM accorto e, da questo momento, dotato di opzioni (e assets) nel tentativo di riavviare la franchigia. L’esito dei suoi sforzi brillerà in maniera inversamente proporzionale all’impatto causato dall’assenza di Westbrook e George.

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