Amarcord

L’angolo del ricordo, Dwyane Wade: il giorno in cui Flash entrò nell’empireo dell’NBA

Dwyane Wade
Dwyane Wade

2 giugno 2006: per la prima volta nella loro giovane storia (data di nascita 1988) i Miami Heat di coach Pat Riley vincono il titolo della Eastern Conference conquistando così la possibilità di giocarsi le NBA Finals contro i Dallas Mavericks. La finale di Conference mette gli Heat al confronto dei Detroit Pistons primi a Est.

Già in gara-1 salta il fattore campo: 91-86 per Miami guidata dai 25 punti di Dwyane Wade. Detroit si riprende in gara-2 e pareggia la serie vincendo 92-88: Wade si migliora (32 punti) ma Detroit regge grazie alla coppia Prince-Hamilton (24+22). La serie si trasferisce all’American Airlines Arena con la vittoria degli Heat (98-83) con 35 punti di Wade e doppia doppia per Shaquille O’Neal (27 punti e 12 rimbalzi). La supremazia di Miami si conferma in gara-4: la squadra di Riley va sul 3-1 nella serie dopo l’89-78, con Wade che continua a essere dominante (31 punti). I Pistons tornano in casa con le spalle al muro, ma la pressione spinge la squadra di Flip Saunders che vince 91-78 limitando Wade a soli 23 punti. Gli tuttavia Heat vogliono chiudere i conti: sarebbe troppo pericoloso tornare al The Palace of Auburn Hills.

In quel 2 giugno Miami sa che ha un appuntamento con la sua storia. La gara è tenuta sempre in mano: +19 alla fine del terzo quarto e gestione del vantaggio resistendo al disperato tentativo di rimonta nell’ultimo periodo dei Pistons. Finale 95-78 e i Miami Heat possono ottenere il pass per la Finale NBA. Dwyane Wade segna 14 punti con coach Riley che trova un eccellente Jason Williams (21 punti) e ha Shaq con 28 punti e 16 rimbalzi. La carica degli Heat non si ferma nella finale di Conference: è tutto pronto per un momento che ha consacrato, almeno per quell’anno, Dwyane Wade come miglior giocatore del mondo, capace di segnare a piacimento, sostenuto da un primo passo bruciante e da gambe di ghepardo.

Gara-3, a 6:34 dal termine il punteggio è 89-76 per i Dallas Mavericks. Gli Heat erano partiti forti, sopra di 9 a fine primo tempo, ma nel terzo periodo Dirk Nowitzki è salito in cattedra con 10 punti coadiuvato da Josh Howard, un’autentica spina nel fianco della difesa Heat, autore di 11 pesantissimi punti in pochi minuti che hanno ribaltato il punteggio e l’inerzia. Dallas è sopra 2-0 nella serie dopo aver dominato le prime due gare in Texas contro degli irriconoscibili Heat ed è a un passo dal traguardo: vincere questa partita a South Beach significherebbe portarsi 3-0 e ipotecare il primo titolo della loro storia.
Miami è in ginocchio, Shaquille O’Neal è braccato dalla difesa dei Mavs e i vari Payton, Walker, Posey, Williams sono pressoché nulli nella metà campo offensiva e soffrono tremendamente i pari ruolo avversari.

La situazione è disperata, l’American Airlines Arena rumoreggia, Pat Riley non sa che pesci prendere: l’unica mossa che può fare è togliere Payton per rimettere in campo Dwyane Wade, che dopo aver tenuto in piedi la baracca con 27 punti nei primi 3 quarti ed aver messo l’unico canestro degli Heat nei primi 4 minuti del quarto quarto era andato stremato a sedersi per riposare. Definire ciò che è successo da quel momento in poi è difficile, forse inspiegabile: Wade segna 9 punti nel parziale di 12-2 Heat che riapre la partita e apre il baratro per i Mavericks. Shaq & soci trainati dal loro leader iniziano a difendere alla morte, per Dallas gli spazi di manovra si riducono ai minimi termini e fioccano forzature, palle perse, sfondamenti ed errori al tiro. Nell’altra metà campo non esiste altra tattica che dare palla a Wade e farsi da parte.

Wade attacca il canestro ogni azione e taglia a fette la difesa dei Mavs in ogni modo e quest’ultima non trova un antidoto: il nativo di Chicago è talmente su di giri che ad ogni inquadratura lo si vede sbuffare come un toro, bava alla bocca, in completa trance agonistica. Il finale di partita è concitato: Wade e Udonis Haslem propiziano il vantaggio Heat che poco dopo diventa +2 con un libero di Posey per il 95-93 a 42 secondi dalla fine. Devin Harris impatta con un canestro da sotto in faccia a Wade. Miami gioca il pallone fino allo scadere dei 24 secondi senza costruire nulla fino a che la palla non capita in mano a un evanescente Gary Payton (a secco in punti e tiri dal campo fino a quel momento e autore di 2 punti con 1 su 8 al tiro nelle prime due gare della serie) che, come fosse la cosa più facile e semplice del mondo, manda al bar Howard con una finta e segna il canestro del +2 a 9 secondi dalla fine. Dallas cerca Nowitzki che subisce il fallo e va in lunetta con i liberi del pareggio. Segna il primo ma sbaglia il secondo. Il rimbalzo lo prende Wade, il tredicesimo (record franchigia per una gara di finale) che viene subito fermato con un fallo e mandato in lunetta dove anche lui segna il primo e sbaglia il secondo. Con un secondo netto da giocare sul cronometro Dallas ha in mano il pallone dell’overtime, Dirk rimette la palla con un lob al ferro verso Howard ma dal nulla spunta ancora una volta Wade che respinge il pallone e regala a Miami l’inatteso 2-1 con il parziale finale che recita 22-7 in favore degli Heat. Per Flash ci sono 42 punti con 14 su 26 dal campo e 13 su 18 dalla lunetta.

Le Finals del 2006 da lì in poi non sarebbero state più le stesse. Gli Heat avrebbero vinte le successive 3 partite, compiendo un miracolo riuscito poche altre volte nella storia della lega: solo i Boston Celtics nel 1969 e i Portland Trail Blazers nel 1977 riuscirono a aggiudicarsi l’anello rimontando dal 2-0 in Finale NBA. L’ultima squadra a riuscirci dopo gli Heat sono stati i Cleveland Cavaliers di Lebron James nel 2016. Wade prese in mano la serie e sfornò 4 partite leggendarie, diventate immortali nella storia del gioco per la prorompenza con cui cambiarono le Finals che per 2 gare e 3 quarti ebbero un solo padrone. Contro Dallas chiuse a 34.7 di media conditi da 7.8 rimbalzi, quasi 4 assist e 2.7 palle recuperate in 6 partite. E’ l’eroe indiscusso e si aggiudica all’unanimità il premio di MVP delle Finals. Dopo appena 3 anni e 263 partite nella NBA prenota il suo posto nella Hall Of Fame ed entra nell’empireo dei grandi protagonisti del gioco.

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