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La finale dell’Aegon International 2017 di Eastbourne vedeva affrontarsi per il titolo il già tre volte campione di Wimbledon Novak Djokovic e Gael Monfils. Ranking, esperienza e precedenti erano tutti dalla sua parte: alla fine il campione serbo non li ha traditi, e si è imposto piuttosto agilmente con un 6-3 6-4 maturato in un’ora e 16 minuti di gioco. Il successo di oggi è per lui la seconda affermazione dell’anno, la 68° complessiva in carriera (su 98 finali giocate).
E, soprattutto, significa tornare a vincere un titolo dopo un “digiuno” fin troppo prolungato, protrattosi per ben 6 mesi.
Per ritrovare un Djokovic sorridente e vittorioso come quello visto questo pomeriggio, occorre infatti tornare indietro fino al 2 gennaio 2017. Siamo a Doha, e il trentenne di Belgrado cominciava l’anno battendo, nella finale dell’omonimo Atp 250, Andy Murray (che poche settimane prima gli aveva strappato la vetta del ranking mondiale). Un Djokovic che dava l’idea di essere pronto all’ennesima stagione da dominatore indiscusso, specie dopo una seconda parte di 2016 calante e sottotono.
Alla fine sappiamo tutti come è andata realmente. Il 2017 per lui è stato un’annata, almeno fino ad ora, contraddistinta più da ombre che da luci. Un anno di transizione, come si suol dire, sia dentro che fuori dal campo. Tanti cambiamenti personali e non: tutto ciò non ci ha mostrato il campione al quale eravamo abituati da 5-6 anni a questa parte. Adesso è lecito chiedersi: da qui, da questo piccolo torneo, può ricominciare la risalita di Novak Djokovic? La sua “rinascita”? Può questa vittoria dargli la fiducia giusta di cui avrà bisogno, sui campi di Church Road?
Il giocatore visto quest’oggi (e nell’arco di tutta la settimana) è sembrato sulla “via del recupero”: ha sempre vinto senza cedere set (ma vero è che gli avversari erano i “discreti” Vasek Pospisil, Donald Young e Daniil Medvedev). Ed è vero anche che in tutte queste partite – ad eccezione di quella di oggi contro Monfils – le cose ad un tratto avrebbero potuto girare in un modo o nell’altro. Bravo il serbo a venir sempre fuori da questi momenti difficili.
Il match odierno è stato invece piuttosto chiuso, senza storia sin dall’inizio. Monfils non è riuscito – per la quattordicesima volta in carriera, di fila – a produrre un gioco capace di impensierire seriamente l’ex numero uno del mondo. Fattosi subito breakkare in apertura, da lì in poi il transalpino ha potuto e dovuto solo inseguire, senza riuscire mai a guadagnarsi concrete chances di bilanciare nuovamente il punteggio e strappare a sua volta il servizio all’avversario. Anzi, si è ritrovato nuovamente costretto a fronteggiare e salvare palle break sulla sua battuta, nel settimo gioco; pericolo scampato solo momentaneamente: nel nono game, alla prima occasione utile, Djokovic ha breakkato per la seconda volta e chiuso il set 6-3.
Il francese ha avuto pochissime opportunità di andare avanti, tutte nel secondo parziale. Due subito, in apertura, e una terza nel quinto gioco. Nole è stato cinico e bravo sia a recuperare e ottenere il massimo col suo servizio, sia a sfruttare l’unica opportunità arrivata in suo favore nella seconda frazione. Una palla break maturata e convertita nel decimo gioco, quando si trovava già 5-4 avanti, col quale ha chiuso la partita e fatto suo quello che è il suo primo titolo in carriera a Eastbourne.
Bene quest’oggi la sua resa al servizio: solo tre palle break concesse, e oltre il 75% di punti vinti con la prima. Per Monfils giornata non impeccabile (come suo solito) con la prima, male invece con la seconda: appena 7 punti vinti sui 18 serviti; spiegati in parte i 26 punti in risposta (su 63, 41%) concessi al serbo.