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Nick Kyrgios, un talento in discesa da salvare al più presto

Nick Kyrgios - Roland Garros 2016 - Foto Ray Giubilo

Dal vincitore al vinto, dal giocatore navigato che con passione e volontà lotta contro il tempo che scorre, alla giovane ex promessa che il tempo lo lascia fluire, senza, almeno tennisticamente parlando, curarsi affatto del concetto del divenire. Così passiamo da Tomas Berdych, che prova a ricostruire se stesso e la propria classifica nel 2019, a Nick Kyrgios, beniamino di casa all‘Australian Open e protagonista, in negativo, del nostro focus di oggi.

A tabellone compilato, il match di primo turno che metteva di fronte lui, sceso oramai alla 52esima posizione mondiale, e Milos Raonic, numero 16 del tabellone, era senz’altro il più interessante, insieme a quello tra Stan Wawrinka e Ernests Gulbis. Lo scontro si è invece consumato quasi a senso unico, chiuso a favore di Raonic per 6-4 7-6(4) 6-4, rivelandosi poco spettacolare per telespettatori e spettatori presenti alla Melbourne Arena, con i tifosi di casa usciti peraltro dallo stadio amareggiati e delusi da un ragazzo, il 23enne di Canberra, che mai da quando calca i campi del Melbourne Park nel main draw (la prima volta nel 2014) aveva perso all’esordio.

Il reale problema non è di certo l’esito in sé, data anche la forza dell’avversario. La delusione di oggi è invece frutto delle dinamiche messe in atto proprio da Kyrgios, che nel tempo si stanno ribellando a lui stesso, e che, nel dominio tennistico di Milos Raonic (zero palle break concesse dal canadese) gli infliggono una sconfitta che può e deve far riflettere su ciò che Kyrgios è diventato oggi, o meglio, su ciò che non è diventato nel corso del tempo.

Recentemente, il tennista australiano ha dichiarato di non avere alcun problema nel ritrovarsi fuori dai primi 50 giocatori del mondo, accendendo come sempre delle discussioni intorno al suo personaggio. Le stesse parole, pochi giorni dopo, sembrano essersi rivolte contro l’uomo che le ha pronunciate, lasciando trasparire un’eccessiva leggerezza e noncuranza nei confronti di sé e della propria carriera di tennista. Parole che offendono non tanto il mondo della racchetta, ma il suo stesso talento e quel destino che glielo ha donato. Quel destino che ha oggi mostrato a Nick Kyrgios, mettendo sulla sua strada Raonic, le crude conseguenze del suo stesso atteggiamento.

A poco serve mettersi a discutere del numero 52 del ranking Atp parlando della sconfitta di oggi in termini tecnici o statistici, perché quando Milos Raonic mette in campo il 73% di prime, portandone a casa il 90%, con 53 vincenti e solo 8 errori non forzati, la sconfitta appare il finale più probabile.

Quello che di oggi più ha sorpreso è stato un Kyrgios incapace di essere ciò che sempre, e quasi solamente davanti al suo pubblico, è stato negli ultimi anni all’Australian Open. Una versione, quella del beniamino di casa, mai in grado di accendersi e di trascinare. Tale contesto ha logicamente soppresso le stesse qualità di Kyrgios: quell’estro a cui non può certamente rinunciare, che spesso nei momenti di difficoltà è sfociato a Melbourne in una meravigliosa concretezza, è rimasto oggi frenato solamente in ultimo da un grande Raonic, ma in primis dai soliti problemi fisici che attanagliano quasi costantemente l’australiano. Quest’oggi il ginocchio ha creato ulteriori problemi ad un Kyrgios che paga sempre più a caro prezzo la negligenza nei confronti delle sue qualità, non coltivandole evidentemente nella maniera più giusta negli allenamenti.

E’ sempre stato croce e delizia, Nick Kyrgios. Prendere o lasciare. Non tutti d’altronde possono essere modelli da seguire a tutto tondo, non tutti possono avere un’ossessiva ambizione ai limiti del cannibalismo sportivo. Ma la filosofia spesso applicata al pugilato del “chi muore in palestra sopravvive sul ring” nasconde certamente delle verità incontrovertibili. Perché nel tennis sempre più muscolare di oggi soprattutto, non curare il proprio corpo vuol dire frenare il proprio talento e, di conseguenza, anche la propria ascesa nelle classifiche. Eraclito, il primo grande teorico e filosofo del divenire, parlava dell’impossibilità da parte dell’uomo di poter scendere per due volte nel medesimo fiume, perché questo e ogni altra “sostanza mortale” sono in continuo divenire. Allo stesso modo, le indiscutibili doti non possono sempre salvare Kyrgios sul campo, perché il tempo scorre e trasforma il nostro corpo e i nostri avversari. Con i 170 punti persi oggi, Kyrgios perderà almeno 14 posizioni, rischiando di uscire dai primi 70 giocatori del mondo. Ulteriore terreno e tempo perso, mentre la prossima generazione di campioni si prepara a salire alla ribalta proprio grazie ad una costante evoluzione, mettendo il proprio corpo nelle condizioni migliori per sostenere tale processo.

Nick Kyrgios, peraltro autore di uno dei post più belli e sinceri post a sostegno del suo amico Andy Murray, ha ora tempo per pensare, guardare magari anche a ciò che è accaduto al britannico, per provare a rialzarsi e cambiare rotta. D’altronde, anche qualora l’australiano si dedichi davvero al tennis per puro divertimento, è difficile che si diverta davvero quando anche il proprio fisico non gli permette di esprimere la propria follia tennistica, sia nella vittoria che nella sconfitta. Per il “bad boy” australiano dalla semifinale del 2018 al Queen’s non sono più arrivati risultati davvero positivi, ed anche il 2019 è iniziato in maniera negativa: rimonta subita negli ottavi dell’Atp 250 di Brisbane per mano di Jeremy Chardy ed ora la sconfitta a Melbourne, dopo che lo scorso anno si era arreso agli ottavi, ma solamente ad alla miglior versione 2018 di Grigor Dimitrov.

Per capire di cosa è capace un Kyrgios al meglio delle proprie possibilità, basta tornare al bellissimo 2017, in cui l’australiano raggiunse la sua prima finale in un Masters 1000 a Cincinnati, oltre a giocare, con Federer in quel di Miami, una delle partite più belle dell’anno, essendosi dimostrato anche l’unico capace di mettere in crisi il nuovo Federer, che vinse solo al tie-break decisivo. Da quel 2017 sembra passata un’eternità per Kyrgios. A 23 anni l’australiano è ancora padrone del proprio futuro, ma ha ora decisamente bisogno di tuffarsi tra le pieghe della propria mente per evitare di soffocare tutte le sue straordinarie qualità anche durante il 2019.

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