Rugby

Rugby, Sei Nazioni 2018: i neozelandesi d’Italia

Dean Budd - Foto: Roberto Bregani / Fotosportit

L’inno di Mameli non sarà l’haka. Ma quando, davanti a uno Stadio Olimpico gremito, Sergio Parisse ti stringe a sé con quella forza che viene dal cuore, cantandolo a squarciagola, i brividi sono assicurati lo stesso. Certo, né Dean Budd, né Jayden Hayward hanno mai provato, per il momento, la sensazione di giocare un grande match internazionale a Roma. Ma il Sei Nazioni 2018 sarà per loro l’occasione della definitiva consacrazione in azzurro. Loro, che sono i neozelandesi d’Italia e che possono essere convocati in virtù del loro tesseramento da più di tre anni con una formazione tricolore.

Una storia di incroci, di lunga militanza nel nostro Paese, di un innamoramento – in fondo – per la nostra terra. Dean Budd un po’ prima, seguito a ruota dal connazionale Hayward. Treviso come casa, i campi del rugby europeo come territorio da esplorare. Budd a sporcarsi le casacche in seconda linea, a fare a spallate con gli avversari nella mischia, a cercare di conquistare terreno nei ricicli di ovale. Hayward a far ripartire la squadra, centro che all’occorrenza sa fare l’estremo e che, proprio da estremo, ha debuttato in azzurro con una prova convincente (anche se non priva di errori) contro Figi.

IL VIDEO DELLA META DI JAYDEN HAYWARD IN BENETTON-SCARLETS

Per Budd, invece, l’avventura con la maglia della nazionale era iniziata qualche mese prima, nei test match di giugno. La seconda linea subì la sconfitta a Singapore contro la Scozia e si rese protagonista di altri due caps sfortunati nella tournée estiva in oriente, con Figi e Australia. Quelle stesse Figi che, ironia della sorte, hanno sorriso al suo connazionale nel novembre di Catania.

Entrambi oltre i 30 anni (Hayward è un classe ’87, Budd è nato nel 1986), hanno due fisici diversi. Agile quello del centro (185 centimetri per 92 kg), piazzato quello della seconda linea (un gigante da 198 centimetri per 108 kg): hanno imparato, nel tempo, a valutare la propria altezza e peso secondo il sistema internazionale, senza più fare i conti con piedi e libbre. Sono l’arma in più della nazionale azzurra guidata da Conor O’Shea, che ha creduto in loro e che si affida a loro. Hayward – maggiore esperienza nel rugby dell’emisfero sud con quasi 50 presenze in Super Rugby – può rappresentare quel salto di qualità nella tre quarti che, negli ultimi anni, è mancato all’Italia.

Budd, invece, della Nuova Zelanda ricorda le insenature di Whangarei, dei suoi porti tra i golfi verdissimi del nord del Paese. Gioca a Treviso dal 2012, dove ha collezionato ben 77 presenze e 45 punti. Aggiunte alle 50 presenze e ai 278 punti di Hayward fanno un bel bottino per la franchigia veneta. E fanno ben sperare per l’Italia della palla ovale. Perché – è vero – l’inno di Mameli non sarà l’haka. Ma vuoi mettere la soddisfazione di portare gli azzurri al successo?

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