Un italiano a Sacramento, Marco Belinelli l’America l’ha conquistata nove anni fa quando, ancora giovanissimo, sbarcò nel Nuovo Continente. Le esperienze a Chicago e San Antonio, le più importanti, poi i Kings per rilanciare una franchigia che da 10 anni non partecipa ai playoff. Missione fallita, sarà per il prossimo anno ammette. “Annata complicata sotto tutti i punti di vista. Ci sono ancora 11 partite da giocare, ma siamo tagliati fuori dalla volata playoff. La stagione è iniziata male e finita peggio. Avevo accettato questa sfida con tanto entusiasmo e immaginando prospettive diverse. C’erano tante speranze. Il g.m. Divac mi aveva voluto, e assemblato una squadra di talento. Non ha funzionato: non siamo riusciti a essere uniti, a giocare un basket continuo”.
Il pensiero ora è rivolto all’occasione di una vita, quell’Olimpiade da vivere da protagonista. Belinelli non nasconde l’emozione. Prima però c’è da conquistarsi la qualificazione nel torneo preolimpico. “Sono carico. Giocheremo a Torino davanti alla nostra gente, una grande opportunità. Sono contento per Messina c.t., ma ho ringraziato Pianigiani. L’Olimpiade è il sogno di tutti. io in Brasile sono stato per commentare il Mondiale di calcio”.
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Tanti i problemi trovati a Sacramento, ma Belinelli non si nasconde. “Qui c’è un proprietario nuovo, una dirigenza nuova, la cultura vincente da ripristinare. Non è facile. È mancato un leader nello spogliatoio. Mi prendo le mie responsabilità. Ho passato molto tempo a cercar di capire cosa fare per migliorare, per aiutare il gruppo da veterano, in termini di mentalità vincente, come gioco di squadra. Non ho tirato bene, ma, senza voler cercare scuse, il contesto non ha aiutato nessuno. Nella vita non è tutto rose e fiori” racconta ai microfoni della Gazzetta dello Sport
La possibilità di giocare con i migliori del mondo, un basket completamente diverso da quello europeo. Sono tanti i mostri sacri che ha sfidato, con qualcuno ha anche diviso il parquet. “Rondo è un passatore favoloso, in carriera ho avuto la fortuna di avere vicino in quel ruolo Paul, Rose e Parker. Resta il rammarico che partendo io dalla panchina, non siamo stati molto sul parquet assieme. Curry?Mai visto niente del genere. Prende tiri pazzeschi, come distanza, ma ha ragione lui, perché li segna. E’ l’mvp della stagione, lo ha vinto un anno fa ed è migliorato. Non sono però sicuro sia l’esempio ideale per i ragazzini. Provano a tirare da meta campo, mica è facile…”