Amarcord

Amsterdam 1928: la storia della IX Olimpiade

Elizabeth Robinson - Foto Olympic.org

Amsterdam 1928 è stata la prima Olimpiade senza Il barone Pierre De Coubertin alla guida del CIO. Il barone aveva appena realizzato il suo sogno di vedere l’Olimpiade a Parigi e, ormai anziano e malato, aveva lasciato la presidenza del CIO nel 1925 al suo successore designato da tempo, il conte Henri de Baillet-Latour, che si insidiò al congresso di Praga del 1925. La scelta di Amsterdam è stata abbastanza facile dopo che la città olandese era già stata candidata ai giochi delle due edizioni precedenti, ma gli erano stati preferiti prima il Belgio, martoriato dalla grande guerra e poi appunto Parigi in onore di De Coubertin.

Questa edizione dei Giochi Olimpici viene ricordata soprattutto per due motivi, la riduzione della durata della manifestazione, che inizia con la cerimonia di apertura il 28 luglio e termina con la cerimonia di chiusura il 12 agosto e, in seconda battuta, per l’apertura alle donne nelle gare di atletica.

A livello organizzativo i problemi maggiori sono derivati dal villaggio olimpico che non è stata completato e molte delegazioni sono state costrette a risiedere nelle navi ancorate al porto. Alla fine il comitato organizzatore dovrà accusare una pesante perdita e una spesa notevolmente superiore a quella preventivata. Comunque gli organizzatori potranno vantarsi di aver conseguito un buon successo di critica e di pubblico. Per la prima volta nella storia dei Giochi fece il suo debutto la presenza di uno sponsor, la Coca Cola.

Il programma, come detto, è stato decisamente accorciato per concentrare tutte le gare in sole due settimane e, per mettere in pratica questa decisione il Comitato Olimpico decise di eliminare diversi sport tra cui hockey su pista, motonautica e scacchi e anche alcuni sport dichiarati ufficialmente “professionistici” tra i quali il tennis e il tiro. Dopo ampio dibattito il calcio restò tra le discipline olimpiche, anche se non parteciparono i forti britannici, che non aderivano alla FIFA.

L’Urss, anche in questa edizione dei giochi, restò fuori, mentre tornarono i tedeschi dopo la guerra. Al via la squadra più numerosa fu quella degli Stati Uniti, accreditati dei favori nella maggior parte delle competizioni, ma a differenza delle edizioni dei giochi a cavallo della guerra, in questo caso, gli Usa non dominarono, risultando alla fine la nazione con il maggior numero di vittorie e di medaglie, ma dimezzando i successi rispetto a Parigi 1924.

La cerimonia di apertura, per la prima volta, divenne molto simile a quella che vediamo nelle Olimpiadi dei nostri tempi. La prima nazione a sfilare fu la Grecia, l’ultima il paese ospitante. E soprattutto è in questa edizione dei Giochi che diventa ufficiale l’accensione della Fiamma Olimpica che restò accesa per tutta la durata dell’evento.

Tra i risultati più clamorosi, sicuramente le gare di velocità in atletica, in cui i grandi favoriti americani furono battuti da un giovane e sconosciuto canadese di venti anni, Percy Williams. Tipo strano questo Williams e soprattutto tipo molto strano il suo allenatore, tale Bob Granger, che era convinto che il modo migliore per rendere di più in gara fosse allenarsi cospargendosi di burro di noce di cocco e poi coprendosi con diversi indumenti per evitare di disperdere il calore del corpo. Anche poco prima della finale olimpica, mentre tutti gli altri atleti si scaldavano in pista, Percy Williams restava chiuso nello spogliatoio con addosso parecchie coperte per non “disperdere il calore del corpo”.

Allenamenti strani a parte, questo ragazzo canadese è stato capace di battere i favoritissimi americani sia nei 100 che nei 200 metri, diventando un eroe nazionale al ritorno in patria. Gli USA furono sconfitti anche nei 400 ostacoli, dove vinse sir David Burghley, marchese di Exeter, che sarebbe poi diventato presidente della IAAF e vicepresidente del CIO. Lo statunitense di origini italiane Raymond Barbuti vinse i 400 metri piani, ma questo, assieme alle vittorie nelle staffette, non bastò a placare le roventi polemiche che la stampa americana scatenò a seguito dei risultati negativi della folta rappresentanza statunitense.

Per la prima volta arrivò a vincere due ori il Giappone, nel salto triplo e nei 200 rana di nuoto. La sorpresa fu tale che il cerimoniere ufficiale dovette correre ad acquistare lo spartito per suonare l’inno del Giappone che nessuno aveva preparato.

Il primo oro della storia dell’atletica femminile andò alla studentessa polacca Halina Konopacka nel lancio del disco. La gara dell’atletica femminile che richiamò più spettatori fu senza dubbio i 100 metri con una serie incredibili di squalifiche per falsa partenza. Alla fine l’ultimo atto si disputò solo tra quattro ragazze e ebbe la meglio la statunitense Elizabeth Robinson, che divenne in breve tempo una stella mondiale dell’atletica, fino ad un drammatico incidente aereo nel 1931, che la lasciò tra la vita e la morte per molto tempo. Si riprese e sembrò comunque non essere mai più in grado di correre. Invece riuscì a partecipare alla staffetta (non poteva piegarsi per mettersi sui blocchi allo start e quindi non poteva più fare gare individuali) vincendo l’oro all’Olimpiade di Berlino del 1936, con la propria squadra.

L’Italia ha chiuso al quinto posto del medagliere con diciannove medaglie complessive, sette ori, cinque argenti e sette bronzi, prestazione che comunque non soddisfò Benito Mussolini, che al temine dei Giochi decise la rimozione di Lando Ferretti dalla carica di Presidente del CONI.

Tre ori e un bronzo arrivarono dal pugilato, due ori, un argento e due bronzi dalla scherma, un oro dal canottaggio e dal ciclismo e medaglie anche da ginnastica, sollevamento pesi e lotta, oltre al bronzo del calcio.

In particolare le vittorie nel pugilato furono caratterizzate da roventi contestazioni contro i giudici. Contestazioni che, peraltro, accompagnarono l’intero torneo olimpico del pugilato. I tre ori azzurri portano la firma del peso gallo Vittorio Tamagnini, risultato sconfitto ai punti alla prima decisione dei giudici, poi sconfessata dalla giuria che gli assegnò definitivamente l’oro. Tamagnini girò anche un film interpretando se stesso, nella ricostruzione della sua carriera. Nei pesi leggeri vinse Carlo Orlandi, muto e menomato nell’udito dopo un’aggressione subita da un cane da ragazzino, vinse nettamente l’oro e al ricevimento finale di corte ebbe l’apprezzamento personale della regina Guglielmina che gli disse “Un pugile come voi non lo rivedremo mai più”. Il terzo oro del pugilato arrivò da Pietro Toscani, che se lo aggiudicò nella categoria dei pesi medi, dopo un convulso finale con tanto di rissa e polizia sul ring a cercare di sedare gli animi di coloro che pretendevano la vittoria del suo avversario della Cecoslovacchia.

Nel ciclismo si registrò il terzo oro consecutivo di un quartetto dell’inseguimento italiano, sempre con una formazione diversa. Nella scherma, l’Italia arrivò all’oro nel fioretto e nella spada a squadre. Un po’ di delusione invece per le prove individuali, dove partivamo con i favori del pronostico. L’ultimo oro italiano fu nel canottaggio con la vittoria del “4 con” della società istriana Pullino. Delusione per il “2 con” dove il nostro equipaggio era favorito, ma perse un remo nella finale e arrivò solo quarto.

Da segnalare per i nostri colori l’argento conquistato dalle giovanissime ragazzine delle ginnastica, tutte provenienti da Pavia. La riserva Luigina Giavotti, coni suoi 11 anni e 302 giorni divenne la più giovane atleta della storia delle Olimpiadi, anche se qualcuno sostiene che il timoniere dell’armo olandese del 1900 fosse ancora più giovane, ma nessuno certificò la sua età.

Alla fine dei Giochi, ben 33 nazioni (su 46 partecipanti) terminarono la competizione con la vittoria di almeno una medaglia. E’ un record che durò per i successivi quaranta anni. Gli Stati Uniti terminarono al posto più alto del medagliere con 22 ori, 18 argenti e 16 bronzi. Al secondo posto la Germania, tornata ai Giochi dopo la guerra.

Tra le altre curiosità, anche l’oro del futuro re di Norvegia Olav V nella vela. La maratona che concluse i giochi venne vinta dal poverissimo operaio francese di origini algerine, Boughera El Ouafi, che alcuni anni dopo morì durante una rissa negli Stati Uniti.

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