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Italia, Malagò: “Tavecchio? Se fossi al posto suo mi dimetterei” (AUDIO)

Giovanni Malagò - Foto Nizegorodcew/Sportface

Tavecchio? Se fossi al posto suo io mi dimetterei”. Lo ha dichiarato il presidente del Coni Giovanni Malagò a margine della conferenza stampa di presentazione del nuoov stadio dell’Atalanta avennuta nel Salone d’Onore del Coni. “Sono scelte della propria coscienza – continua il numero uno dello sport italiano –  se il signor Tavecchio ritiene di essere la persona maggiormente deputata per portare avanti il nuovo corso della Federcalcio si assuma la responsabilità di questa decisione. Abete e Prandelli andarono via? Non c’è una regola, non c’è una obbligatorietà – ha dichiarato Malagò – Alcuni presidenti federali e allenatori sono rimasti al loro posto, si sono assunti questa responsabilità, altri invece hanno deciso di lasciare. Sono scelte della propria coscienza. Se il signor Tavecchio ritiene, magari dopo l’incontro di ieri, di essere la persona maggiormente deputata per portare avanti il nuovo corso della Federcalcio, si assume la responsabilità di questa decisione”.

Il presidente del Coni non nasconde la delusione per la mancata qualificazione ai Mondiali di Russia 2018: “La delusione, sportivamente parlando ma anche umana, è clamorosa. Un’amarezza. E poi si leggono i giornali, si sente l’opinione pubblica, si vede quello che gira sui social, un uomo di istituzione deve ascoltare tutti e poi ragionare con il buonsenso e con quelle che sono le norme. Il presidente del Coni nei confronti di una Federazione può commissariare, anzi deve commissariare se accadono tre fatti: il primo è se non c’è il funzionamento della giustizia sportiva, il secondo è il funzionamento e la regolarità dei campionati, il terzo è se ci sono gravi irregolarità amministrative di carattere finanziario. Oggettivamente non esiste nessuno di questi tre fattori: non ci sono gli strumenti giuridici, formali, tecnici e procedurali per portare avanti un commissariamento. Poi c’è un altro discorso che non è scritto in queste norme, di diritti e di doveri, che riguarda la sfera delle competenze sportive, delle responsabilità che sono fattori oggettivi e sono sotto gli occhi di tutti”.

Una domanda anche sul commissario tecnico Giampiero Ventura: “Purtroppo è stata una scommessa persa dalla Federcalcio. L’inizio del progetto era legato ad un’altra filiera di carattere tecnico che prevedeva un ruolo significativo per Marcello Lippi, poi non andato a buon fine – ha aggiunto il numero uno dello sport italiano – Ventura è diventato così responsabile di tutte le squadre: probabilmente impostare così questo ruolo è stata una valutazione sbagliata. Se mi aspettavo dimissione immediate? Non credo che questo sia il punto, non penso che il problema sia soltanto Ventura. Se è vero che il contratto sarebbe stato rinnovato solo nel momento in cui l’Italia si fosse qualificata per i Mondiali, di cosa stiamo parlando? Presumo che questo contratto duri soltanto qualche mese, per cui la sostanza cambia poco: di fatto Ventura non ha il rinnovo. Che si dimetta ora o tra venti giorni, cambia poco. Ma il rammarico cresce perché qualcosa, o molto più di qualcosa a livello di scelte tecniche non è andato come si aspettava”.

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