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“L’Inferno del Nord”. “La Regina delle classiche”. Sono solo alcune delle denominazioni con cui è altresì conosciuta la Parigi-Roubaix, terza classica monumento della stagione dopo Milano-Sanremo e Giro delle Fiandre (seguita poi da Liegi-Bastogne-Liegi e Giro di Lombardia). Disputata per la prima volta nel 1896 e giunta quest’anno alla sua 115esima edizione, la Parigi-Roubaix è entrata da tempo immemore nella leggenda del ciclismo, conservando inalterato il proprio fascino. Davvero una corsa fuori dal tempo, in virtù dei numerosi settori di pavé che da sempre la caratterizzano, conferendole quel sapore antico e impareggiabile che la contraddistingue. Trionfare nel Velodromo di Roubaix significa iscrivere inevitabilmente il proprio nome nella ultracentenaria storia del ciclismo. Una nuova pagina di questo infinito romanzo verrà scritta domenica.
IL PERCORSO
Nessun altra corsa in calendario, pur non presentando alcun metro di salita, risulta così aspra e selettiva. Lo spauracchio della Parigi-Roubaix – nonché il principale tratto distintivo – sono da sempre i settori di pavé, quei sentieri lastricati di pietre e porfido adibiti in origine al trasporto del carbone (in quella che è una zona mineraria) ed entrati oggi nell’immaginario collettivo di qualunque appassionato di ciclismo. Sono ventinove i settori in programma domenica (due in più rispetto alla passata edizione), per complessivi 55 km – dei 257 totali – da affrontare sulle pietre. La partenza avverrà – come ogni anno dal 1977 – in quel di Compiègne, cittadina francese situata 88 km a nord di Parigi. Dopo 97 km i corridori incontreranno il primo settore di pavé, quello da Troisvilles a Inchy, che misura 2,2 km e consentirà loro di acquisire confidenza (per quanto possibile) con questa particolare superficie. Superato il chilometro 103 si entrerà nel terzo settore, quello da Quiévy a Saint-Python, non particolarmente insidioso, ma che – in virtù dei suoi 3,7 km – è il più lungo dei ventinove in programma. Più impegnativo è invece il settore di pavé numero 20 (l’ordine è decrescente), da Haveluy a Wallers: affrontato dopo 153,5 km di corsa, misura 2,5 km ed è il degno antipasto di quanto attenderà i corridori poco dopo.
Al chilometro 161,5 – quando ne mancheranno 96 alla conclusione – la corsa vivrà il suo primo passaggio cruciale, quando la vera e propria “porta dell’Inferno (del Nord)” si paleserà innanzi ai corridori. L’Inferno ha le sembianze della Trouée d’Arenberg, luogo di culto che ogni anno chiama a raccolta migliaia di tifosi e appassionati; 2,4 km di rettilineo in lieve ascesa attraverso il bosco per il settore di pavé che più di ogni altro è entrato a far parte della leggenda di questo sport. È attraversando la Foresta che molti corridori si rendono conto della loro effettiva condizione, e di quale destino li attenderà nei chilometri finali. Solitamente è qui che i protagonisti annunciati danno un primo segnale, tanto agli avversari quanto a sé stessi. Ma è sempre qui che la corsa di molti può terminare anzitempo; su questo pavé spietato si sono infranti i sogni di molti, vittime di forature e incidenti meccanici, con le ammiraglie troppo distanti per poter garantire assistenza immediata: ne sa qualcosa Tom Boonen (plurivincitore di questa corsa che domenica gareggerà per un pokerissimo senza precedenti). All’uscita della Foresta di Arenberg, dunque, le ambizioni di alcuni potrebbero già essersi esaurite, ma il Velodromo sarà ancora un miraggio.
Altri sette settori da percorrere per arrivare – dopo 208,5 km di gara, a poco meno di 50 dall’arrivo – al secondo dei tre caratterizzati dalle cinque stellette di difficoltà, quello di Mons-en-Pévèle (settore numero 10), che misura 3000 metri di lunghezza. Meno significative le difficoltà che i corridori incontreranno nei successivi tre – Mérignies to Avelin, Pont-Thibaut to Ennevelin, Templeuve (Moulin-de-Vertain) – mentre più impegnativi sono quello da Cysoing a Bourghelles (1,3 km) e quello di Camphin-en-Pévèle (1,8 km). Da non sottovalutare neppure i tratti in asfalto che intercorrono tra questi settori proposti in rapida successione: spesso la gara si è decisa con azioni solitarie in queste fasi, utilizzate invece da molti per cercare di recuperare qualche energia. A questo punto la corsa si avvia verso la sua fase finale, ma il primo dei quattro settori di pavé ancora da affrontare è tra i più temibili; dopo 240 km i corridori giungeranno infatti al leggendario Carrefour de l’Arbre, poco più di 2 km che sovente hanno deciso le sorti della gara.
Superata la celebre Taverna, mancheranno all’incirca 15 km alla conclusione. Il settore di Gruson e quello da Willems a Hem (che misurano rispettivamente 1,1 e 1,4 km) sono poca roba rispetto alle difficoltà appena affrontate, ma prossimi ai 250 km di corsa la luce si può spegnere per chiunque in qualsiasi momento. Il pavé vero e proprio terminerà a 7 km dalla conclusione, ma all’ultimo chilometro i 300 metri di lunghezza del simbolico settore numero 1, il cosiddetto Espace Crupelandt (dedicato alla memoria di Charles Crupelandt, corridore nativo di Roubaix che si impose per due volte in questa corsa) rappresentano una sorta di tappeto rosso che precede l’ingresso nel Velodromo. Qui, dopo un giro completo di pista, al termine di una cavalcata in solitaria o di una volata più o meno ristretta, conosceremo il vincitore della 115esima Parigi-Roubaix.
I NOMI PIÙ ATTESI
Non è mai facile prevedere chi potrà dominare l’Inferno del Nord, una corsa per vincere la quale occorre – oltre a un’eccellente condizione – superare indenni le immancabili insidie rappresentate da guasti meccanici, forature e cadute.
La squadra di riferimento è sempre una e una soltanto, ovverosia quella diretta da Patrick Lefevre, che da anni domina le classiche del pavé (e questo 2017 non sta rappresentando un’eccezione in tal senso). Assente Philippe Gilbert (il dominatore del Giro delle Fiandre di domenica scorsa virerà direttamente sulle classiche delle Ardenne), questa volta la Quick-Step Floors sarà compatta attorno a Tom Boonen, l’uomo di gran lunga più atteso dell’intero lotto. E non potrebbe essere altrimenti: Tommeke – 36 anni compiuti lo scorso ottobre – è all’ultima recita di una gloriosa carriera, avendo deciso di appendere la bici al chiodo proprio al termine di questa Parigi-Roubaix. La corsa che più di tutte lo ha consacrato, quella che lo vide affacciarsi sul grande palcoscenico nel 2002 – quando a soli 21 anni finì terzo – e che in seguito avrebbe fatto sua in ben quattro occasioni tra il 2005 e il 2012, eguagliando il record di Roger De Vlaeminck. Quello stesso primato che “Tornado Tom” proverà a battere domenica, così da diventare il primo uomo a conquistare per cinque volte la Regina delle classiche.
Boonen avrà dalla sua un’autentica corazzata, potendo contare tra gli altri su un passato vincitore di questa corsa, l’olandese Niki Terpstra, ma anche su Fernando Gaviria, Zdenek Stybar, i nostri Matteo Trentin e Davide Martinelli (al debutto tra i prof su queste strade). E attenzione che qualcuno di questi non possa ricevere via libera, sfruttando il gioco di squadra qualora la situazione in corsa lo richiedesse. Del resto la quinta Parigi-Roubaix sarebbe potuta arrivare lo scorso anno per Boonen, se non avesse incontrato sulla propria strada un 38enne australiano di nome Mathew Hayman, che disputò la corsa della vita e a sorpresa bruciò il fiammingo nello sprint ristretto al Velodromo. Hayman (Orica-Scott) ci riproverà quest’anno, tentando – senza particolari aspettative o pressioni – un’impresa riuscita venticinque anni fa a Gilbert Duclos-Lassalle (che conquistò due Roubaix consecutive a 38 e 39 anni, la stessa età dell’australiano).
I favori del pronostico spettano probabilmente a Peter Sagan (Bora-Hansgrohe), reduce dalla delusione di domenica scorsa al Giro delle Fiandre, dove una rocambolesca caduta lo ha messo sostanzialmente fuori dai giochi. Il campione del mondo – già più volte vincente e piazzato in questo 2017 – proverà a riscattarsi sul pavé francese, dove tuttavia in carriera vanta un solo piazzamento tra i primi dieci; ulteriore incognita per lo slovacco è la squadra, raramente parsa in grado di supportarne lo straordinario (quanto esuberante) talento. Sagan se la vedrà con il rivale di sempre, il campione olimpico Greg Van Avermaet (BMC Racing Team); quest’anno vincitore della Omloop Het Nieuwsblad (battendo proprio Sagan), del GP di Harelbeke e soprattutto della Gand-Wevelgem, il belga potrà contare sull’apporto dei due azzurri Manuel Quinziato e Daniel Oss, particolarmente a loro agio su questi terreni.
Tra quanti hanno conquistato la Parigi-Roubaix in passato e domenica proveranno a concedere il bis, impossibile non pensare a John Degenkolb (Trek-Segafredo), vincitore di questa corsa nel 2015; quell’anno il tedesco si impose nello sprint più numeroso visto negli ultimi anni al Velodromo, tre settimane dopo aver conquistato la Milano-Sanremo. La sua carriera subì una brusca frenata lo scorso anno a causa di un incidente occorsogli in allenamento, per il quale rischiò la perdita di un dito indice (che tuttavia – una volta ricucitogli – non ha più riacquistato la stessa sensibilità) e conseguenze assai peggiori; sembra che in questo 2017 Degenkolb stia ritrovando gradualmente la miglior condizione. Altro cacciatore di classiche monumento (può vantare nel proprio palmarès una Sanremo e un Giro delle Fiandre) dotato di eccezionale spunto veloce, con il quale bisognerà fare i conti, è il norvegese Alexander Kristoff (Team Katusha-Alpecin).
Scarse, per non dire nulle, le possibilità degli italiani di conquistare una corsa che nel Terzo Millennio ci vede ancora a secco di vittorie (ultimo azzurro a imporsi fu Andrea Tafi, che la vinse nel 1999, in maglia tricolore di campione nazionale). La maggior parte di essi – come i già citati Trentin, Oss e Quinziato – sarà imbrigliata da obblighi di scuderia, mentre per altri non è che il battesimo all’Inferno del Nord. L’attenzione è rivolta in particolare a Sonny Colbrelli (Bahrain-Merida), sempre presente quest’anno alle classiche (e semi-classiche) del Nord finora disputate, cogliendo buoni piazzamenti. Ma anche a Marco Marcato, atleta di esperienza alla guida di una formazione – la UAE Team Emirates – che schiererà al via tra gli altri Sacha Modolo e Oliviero Troia (quarto lo scorso anno alla Parigi-Roubaix riservata agli Under 23 vinta da Filippo Ganna). Curiosità inoltre per quanto riguarda Gianni Moscon (Team Sky), talento emergente per questo tipo di corse.
Sono questi alcuni dei nomi da tenere in considerazione per la Parigi-Roubaix 2017, una corsa che si preannuncia come sempre altamente spettacolare e affascinante, nel solco della tradizione che ha fatto grande questo sport. In questo inizio di stagione in cui le classiche monumento sono tornate a regalare le antiche emozioni, la loro Regina promette di non essere da meno.