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Il Milan riparte ancora da zero con una beffa: Calderoni come Brignoli

Gianluigi Donnarumma
Gianluigi Donnarumma - Foto Antonio Fraioli

Da Gattuso a Pioli, da Benevento a Lecce, da Brignoli a Calderoni. Il Milan sembra ormai essere entrato in un vortice negativo destinato a ripetersi con una frequenza preoccupante per le ambizioni e la storia di un club che pare incapace di invertire la rotta. Una vana illusione la ventata di freschezza portata a San Siro nel primo tempo dai rossoneri alla prima di Stefano Pioli sulla panchina rossonera, con un compleanno amaro e rovinato da un gol nel recupero della neopromossa pugliese. E la mente corre veloce al dicembre del 2017, alla prima di Gennaro Gattuso che pareva poco più che una formalità contro la cenerentola Benevento ancora a secco di punti alla prima esperienza della propria storia nel massimo campionato. Le analogie con quella maledetta partita al “Vigorito” risuonano sinistramente tra i mugugni del pubblico di San Siro, che ha risposto con circa 50.000 spettatori senza tuttavia risparmiare qualche critica alla dirigenza.

Un pareggio frutto di un ridimensionamento del blasone del club, in totale sfiducia e con il “braccino” per la mancata confidenza con i tre punti. Così come contro il Benenvento, il Milan ha preferito gestire (male) uno striminzito vantaggio facendo venire a galla tutti i limiti caratteriali prima che tecnici di una squadra giovane e impaurita. La rete nel recupero, come nella miglior esplicazione pratica della legge di Murphy, ne è la conseguenza: questa volta non è stato il portiere Brignoli a negare i tre punti ma una bordata da fuori di Marco Calderoni, trent’anni e una vita passata in Serie B, dieci primavere dopo il gol che regalò la salvezza aritmetica al Piacenza guidato – ironia della sorte – proprio da Pioli.

Storie che si intrecciano, maledizioni che proseguono (come quella che vede Pioli mai vincente all’esordio da otto anni) ma con il denominatore comune di un Milan in perenne convalescenza.  Con una guida tecnica bocciata dopo sette giornate e un quarto posto che sembra distante anni luce, il lavoro di Pioli si prospetta più arduo che mai: l’ex tecnico di Inter e Fiorentina dovrà restituire un’identità e trovare la quadra in poco tempo per evitare ulteriori malumori. Ciò che è riuscito in qualche modo a Gattuso nonostante un altro pesante scivolone come quello contro il Verona pochi giorni dopo la beffa con il Benevento ma “smontato” in breve tempo dall’esperienza disastrosa di Giampaolo. Il calendario, però, non è dalla parte di Pioli che avrà Roma, Lazio, Juventus e Napoli nelle prossime cinque partite: per il Diavolo sarà un novembre infernale.

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