Editoriali

Da Iuliano-Ronaldo al ritorno di Conte al tempo del Coronavirus: Juventus-Inter non è una partita come le altre

Juventus-Inter, Rummenigge e Platini
Juventus-Inter, Rummenigge e Platini - Foto pubblico dominio

Era il 14 novembre 1909 e in pochi potevano immaginare che proprio in quel giorno freddo di metà autunno sarebbe nata quella che, per molti, troppi motivi, rappresenta tuttora la più grande rivalità del calcio italiano. Sono passati centoundici anni, nel mezzo è successo di tutto e il dualismo infinito tra Juventus e Inter è pronto a rinnovarsi ancora una volta domenica 8 marzo per la centosettantaquattresima volta e con una settimana esatta di ritardo rispetto alla data prevista.

COVID-19 E DINTORNI – E’ l’ennesimo derby d’Italia della discordia: stavolta, però, le polemiche sono nate già ben prima del calcio d’inizio. Il Coronavirus che sta attanagliando l’Italia e in particolare le regioni del nord ci ha messo il suo zampino, poi la governance del nostro calcio ha fatto il resto e la partita che tutti aspettavano, carica oltre che dell’atavica rivalità anche di un duello per lo scudetto legato al presente, è stata al centro di una vera e propria bufera. Nell’ordine, si è passato dal giocare la partita a porte chiuse al rinvio al 13 maggio, quindi alla possibilità, campata in aria, di giocare lunedì 9 marzo a porte aperte su pressioni dei bianconeri; il tutto senza però dimenticare le velleità nerazzurre di far disputare la partita a porte aperte o di rinviarla per analogia con le altre, prima del nuovo dietrofront di Marotta con annessa sfuriata di Zhang, e della richiesta di giocarla dopo l’altro recupero contro la Sampdoria ma non così lontana nel tempo. Un vero e proprio rebus risolto dal Governo: il calcio può andare avanti, ma solo a porte chiuse, dunque la proposta di far slittare di una settimana l’intero campionato e di inserire i recuperi nel weekend. Detto-fatto, e così dopo giorni di clima tesissimo tra Juventus e Inter e tra quest’ultima e la Lega di Dal Pino, è stata trovata una data unanime.

SCONTRO IN VETTA – Il Coronavirus, però, costringerà oltre quarantamila tifosi a seguire la partita in tv e non all’Allianz Stadium, tristemente a porte chiuse per il derby d’Italia che a distanza di quasi vent’anni da quella stagione culminata nell’incredibile 5 maggio 2002 che di fatto, prima di questa, fu l’ultima in cui bianconeri e nerazzurri si trovavano entrambe in lotta per lo scudetto. Dopo, tra il caso Calciopoli (ed ecco un altro motivo per cui no, Juve-Inter non è una partita come le altre) che ha dato vita a una serie di cinque titoli in fila per la Beneamata, e il ritorno prepotente della Vecchia Signora con il contemporaneo declino nerazzurro, mai più questo big match aveva incarnato in sé anche i connotati di uno scontro diretto per lo scudetto.

CONTE, UN SILENZIO ASSORDANTE – Del resto, a dominare gli ultimi otto anni in Italia sono stati proprio i bianconeri con un ciclo iniziato sotto la gestione dell’uomo che sta provando adesso a riportare l’Inter al successo e che non verrà accolto né da i fischi né dagli applausi nel giorno del suo primo ritorno allo Stadium da avversario, ma semplicemente da un silenzio assordante. Il triennio di Conte alla Juventus, strepitoso entro i confini nazionali, si è chiuso come peggio non avrebbe potuto, con la fuga estiva del tecnico in rotta con la società per diverse scelte, soprattutto in chiave di mercato, e gran parte della tifoseria bianconera non aveva apprezzato. Quasi nessuno, però, avrebbe potuto immaginare che pochi anni dopo l’allenatore leccese potesse trasferirsi proprio alla guida dell’Inter, provando anche a ripulirsi agli occhi dei nerazzurri, che lo videro esultare da rivale il 5 maggio 2002 mentre un intero popolo piangeva, oppure negare, insieme a tutti i compagni, che il contatto tra Iuliano e Ronaldo nel 1998 potesse essere da rigore. Se quello scontro frontale fosse o meno falloso è una domanda alla quale probabilmente non si può rispondere senza scadere nella partigianeria, ma si tratta di una narrazione che affascina e che ha dato nuova linfa a una rivalità che era cominciata proprio con un penalty della discordia.

TUTTO NACQUE DA UN RIGORE – Era il 14 novembre 1909, dicevamo, e Juventus e Inter si affrontavano per la prima volta in campionato. Vinsero i bianconeri per 2-0 e proprio il gol del vantaggio, il primo della storia del derby d’Italia, arrivò grazie a un calcio di rigore concesso dall’arbitro Alziator. A fine match, il primo caos dei tantissimi che si sono susseguiti nel rapporto misto tra odio sportivo e rispetto reciproco che ha caratterizzato questa infinita rivalità: i nerazzurri ritengono che il fallo di mano non ci fosse e chiedono l’annullamento del match, senza successo. Di acqua ne è passata sotto i ponti e con Calciopoli è stata la Juventus a vedersi privata di due scudetti, di cui uno andato proprio all’Inter che in quel processo svolto in maniera francamente sbrigativa con l’incombenza dei Mondiali era risultata – almeno in un primo momento – completamente estranea ai fatti.

NUOVO CAPITOLO – Sembra ieri, era il 2006: nel frattempo il rampollo Andrea Agnelli ha reso la Juventus uno dei club più solidi a livello europeo, mentre Moratti ha ceduto la società, ora nelle mani salde di Suning. La recente cena del numero uno bianconero col presidente nerazzurro Steven Zhang dimostra come la rivalità a questi livelli debba anche passare attraverso continue mediazioni. Quelle che il ventinovenne cinese aveva provato a scavalcare di netto con il duro attacco alla Lega degli scorsi giorni che non ha fatto altro che gettare ulteriore benzina sul fuoco. Allarme rientrato, c’è il lieto fine. Juventus-Inter, per la gioia di milioni di italiani, si gioca: purtroppo a porte chiuse e con il pensiero costante al rischio epidemia in cui versa il Bel Paese (chissà se potremo vedere ancora scene di ordinaria normalità come quelle nell’immagine in alto), ma per due ore si tornerà a respirare. Al fischio finale, è garantito, si aprirà un nuovo capitolo dell’interminabile libro del derby d’Italia.

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