Calcio

Paulo Fonseca racconta l’incubo di Kiev: “Trenta ore senza fermarsi, ho ancora amici lì”

Paulo Fonseca, FOTO Олег Батрак VIA CC 3.0

“Un incubo. Era il 24 febbraio e dovevo partire alle 10 per il Portogallo con la famiglia, quando alle 4.30 abbiamo sentito cadere le prime bombe. Ci siamo spaventati. Il mio amico Srna (dirigente dello Shakhtar) mi ha invitato ad andare all’hotel Opera, dove c’era la squadra. Ci siamo rifugiati in un bunker. C’era De Zerbi, c’erano i brasiliani con le famiglie. I bambini dormivano per terra nei sacchi a pelo. Avevamo paura“. E’ il racconto dell’ex tecnico della Roma, Paulo Fonseca che come De Zerbi è riuscito a lasciare l’Ucraina solo ad invasione iniziata. “Poi la mia ambasciata ha organizzato un mini-van e in tre famiglie siamo partiti verso la Moldavia. È stato un viaggio terribile – ha detto in un’intervista alla Gazzetta dello Sport – Trenta ore senza fermarsi mai, incolonnati a volte a 5 km/h, con gli aerei che ci passavano sulla testa, i posti di blocco, mentre la gente intorno non trovava né carburante né cibo. Solo quando sono arrivato al confine con la Romania ho cominciato a rilassarmi, ma si fa per dire. Mia moglie piange in continuazione, perché abbiamo amici e parenti in tutta l’Ucraina. Ora, tramite la mia federazione, sono diventato ambasciatore per la pace e ci adoperiamo per trovare alloggio, lavoro e scuola ai profughi. Una piccola parte, naturalmente, dei due milioni di quelli che stanno fuggendo”.

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