Calcio

Arrigo Sacchi: 70 anni di successi, dolori e luoghi comuni

Arrigo Sacchi

Arrigo Sacchi compie 70 anni. Uno dei più grandi innovatori della storia del calcio italiano. Il “Mago di Fusignano”. Tecnico amato e discusso. Tra vittorie, insuccessi, gioie, dolori e, soprattutto, luoghi comuni.

Con quella squadra lì avrei vinto anche io“. Quante volte avrete sentite ripetere questa frase da presunti esperti di calcio, quante volte il lavoro di Sacchi è stato sminuito da luoghi comuni quali “Gullit e Van Basten avrebbero portato al successo chiunque” o “Sacchi non ha inventato niente, con i campioni è tutto più facile.“?

Per cercare di smontare tale luogo comune è bene partire dalla stagione 1986-1987, quella che vide per la prima volta Silvio Berlusconi alla guida del club per un’intera annata. Il Milan di Liedholm e, successivamente, di Fabio Capello, terminò il campionato al quinto posto, qualificandosi per la Coppa Uefa dopo aver superato la Sampdoria allo spareggio. Tra i giocatori maggiormente presenti in quel Milan vanno citati Giovanni Galli, Franco Baresi, Filippo Galli, Paolo Maldini (record man di presenze con 37 gettoni), Roberto Donadoni, Alberigo Evani, Mauro Tassotti e Pier Paolo Virdis.

L’anno successivo Arrigo Sacchi prese in mano la squadra e, oltre ai sopracitati, ebbe in dote Ruud Gullit, Marco Van Basten, Carlo Ancelotti e Angelo Colombo. Per quanto concerne Van Basten, però, va detto che l’olandese si infortunò immediatamente e racimolò solamente 11 presenze in campionato. In pratica l’ossatura della squadre titolare era la stessa della stagione precedente, con in più un Gullit stratosferico, i polmoni di Colombo e la sagacia tattica di “Carletto”.

Alcune sfide di quel 1987-1988 e delle stagioni successive sono rimaste negli annali per il totale predominio che il Milan faceva valere su forti e blasonati avversari, dal Napoli di Maradona sino a Inter, Juventus, Real Madrid e chi più ne ha più ne metta. Negli anni si è discusso molto su quale potesse definirsi la “partita perfetta” della storia rossonera. Le più citate sono state Milan-Manchester United del 2007 e Milan-Barcellona del 1994, ma la bellezza di Milan – Real Madrid 5-0, in un San Siro totalmente gremito, è probabilmente l’emblema del calcio di Arrigo Sacchi. Novanta minuti di attacchi asfissianti, di movimenti continui e ubriacanti, di giocate illeggibili e vincenti. La partita perfetta. Una delle tante.

Ci sono state anche sconfitta cocenti e scelte sbagliate, come è normale che sia in una carriera giocata sempre ad alti livello. Dalla fatal Verona all’Italia del 1996, sino al ritorno al Milan e agli incarichi abbandonati per troppo stesso.

Non è in questa sede che si vuole analizzare tatticamente la “rivoluzione sacchiana” né elencarne le esperienze, le vittorie e le sconfitte, ma è bene sottolineare come il tecnico di Fusignano abbia cambiato la mentalità del calcio italiano, portando alla ribalta un metodo dinamico, aggressivo, sempre votato all’attacco e, soprattutto, atto a non dare respiro all’avversario. Il ritmo imposto alla partita dalle squadre di Sacchi, dal Fusignano al Rimini sino alla Nazionale, ha determinato una scuola di calcio, un modo di vedere questo sport, che oggi si rispecchia in tanti allenatori italiani (e non) di grande livello, come Antonio Conte o Maurizio Sarri.

Arrigo Sacchi, con il suo calcio studiato nei minimi dettagli, ha saputo togliere l’aria agli avversari ma, al tempo stesso, ha tolto il respiro alla stesso tecnico di Fusignano, letteralmente mangiato vivo dall’ansia.

Gli allenamenti atti a ripetere un milione di volte gli stessi movimenti della linea di difesa, le nottate passate a preparare le partite, la maniacalità nella ricerca della perfezione, hanno fatto di Arrigo Sacchi un mito, nel bene e nel male. Perché vincere con Gullit, Rijkaard e Van Basten non era certamente impossibile, ma stra-vincere in Europa e nel mondo è un’altra cosa. Perché quel Milan non vinceva, dominava. Accendere la televisione e guardare quel Milan era una gioia per gli occhi, un calcio che non si poteva raccontare ma soltanto ammirare estasiati.

Alla guida dell’Italia Arrigo Sacchi ha sfiorato il colpaccio a Usa 94, quando dopo un inizio tribolato riuscì finalmente a far giocare una selezione nazionale come una squadra di club: in parte del match contro la Spagna nei quarti di finale e nello stupendo primo tempo contro la Bulgaria in semifinale, fu probabilmente una delle nazionali più coese, a livello di gioco, degli ultimi 30 anni.

Chiudiamo con le parole dello stesso Arrigo Sacchi, tratte dall’ultima pagina del libro “Calcio Totale“: “Ho raccolto tanto in poco tempo. La vita mi ha dato emozioni, la compagnia di mia moglie, l’affetto delle mie figlie, gli ottantamila tifosi rossoneri che cantavano il mio nome nell’ultima partita con il Milan, dopo quattro anni di vittorie, o l’abbraccio con Franco Baresi, che, venendo verso il centrocampo, cominciò a piangere perché aveva sbagliato il rigore, o la gioia di Van Basten quando segnò il rigore contro la Stella Rossa, o la vittoria sul Real Madrid per cinque a zero dopo la partita perfetta, o il gol di Baggio contro la Nigeria all’ultimo minuto, o il pullman che fendeva la folla di tifosi a Barcellona prima della finale contro lo Steaua… ho vissuto momento straordinari. Ho dato la mia vita al calcio, e il calcio mi ha ricambiato dandomi la gioia di una vita piena di emozioni indescrivibili.

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