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Qui di seguito le pagelle azzurre della finale del Preolimpico di Torino, che ha visto la Croazia superare l’Italia 84-78. Per gli uomini di Ettore Messina termina il sogna di un posto a Rio 2016.
Belinelli 4.5 – Il tabellino, analizzato in maniera soft, alla voce punti recita 18 per l’uomo mascherato. Come sempre, però, i punti vanno pesati. Sono 18 anche quelli di Saric, ad esempio. Ma la serata del Beli è tragica, ben oltre il 4 su 15 dal campo. Le forzature al tiro – e in entrata – fanno parte del bagaglio tecnico di Marco, non è la percentuale a fare la differenza in negativo. C’è stata però la sensazione, specialmente dopo l’uscita per falli di Gallinari e Datome, di un uomo in missione per voler vincere da solo, ignorando i compagni di squadra. E se non si vince, alla fine, il bilancio non può certo essere positivo. Pesano anche le quattro palle perse, alcune maturate in momenti chiave del primo tempo.
Aradori 5.5 – Gioca 20 minuti silenziosi, quasi da passacarte, facendosi sentire a rimbalzo. Nel supplementare gli si chiedono punti pesanti: arriva una tripla da campione, poi un paio di tiri aperti non entrano e la notte di Torino diventa amara. Ma non può essere colpa sua.
Gentile 4 – Come per Belinelli, breve lettura del tabellino: 6 punti, 3 su 8 dal campo, anche quattro assist. È la faccia buona della serata di Ale, anche se uno di quei cinque errori è quell’appoggio al vetro che avrebbe portato l’Italia nuovamente al -2 nell’overtime. Ma ci sono cinque palle perse – compresa quella che di fatto chiude il match sempre nel supplementare – e una lettura pessima delle situazioni di gioco, in particolare quando Messina gli chiede di sostituire Hackett in una fase decisiva del quarto quarto. Non è un play, e sarebbe folle fargliene una colpa, ma da un ragazzo che sogna l’NBA è obbligatorio pretendere di più.
Bargnani 4 – Si sbraccia a centro area ma quando riceve non trova mai la complicità dei ferri del PalaAlpitour. E se non segna, il Mago rischia di diventare una tassa in difesa. Nei minuti del quarto quarto in cui Saric si prende il palcoscenico lui è sempre coinvolto da difensore/spettatore non pagante.
Gallinari 7 – Quel quinto fallo su Simon, fischio indubbiamente eccessivo, lo relega in panchina proprio quando sembrava aver preso la partita in mano, con un assist divino per Melli. Sparacchia da 3 ma lotta come un leone a rimbalzo, è la “star” che non ha tradito le attese. Chissà come sarebbe finita con lui in campo in quell’ultimo minuto e 40.
Melli 7.5 – Deve spesso lottare da solo fra i giganti. Ma Nicolò ha un cuore che fa provincia, si butta su tutti i palloni vaganti, sfiora la doppia doppia (11 + 8) e trova anche il tap-in del supplementare. L’Italia del futuro partirà da lui e dalla sua grande intelligenza cestistica.
Cusin 6.5 – Gioca poco (12 minuti) e in attacco non è certo l’uomo a cui chiedere giocate a effetto. Ma in un primo quarto di sbandamento collettivo, il Cuso dà tutto quello che ha in difesa, con un paio di stoppate monumentali e alcuni scivolamenti difensivi da manuale. Mezzo voto in più per il possesso difensivo su Bogdanovic che manda fuori di testa il 44 croato.
Datome 7 – Il capitano stavolta c’è, fa canestro con continuità dal mid-range anche se da 3 raramente viene costruito qualcosa per lui. Come per Gallinari, sono i falli a estrometterlo dalla partita.
Hackett 7 – I momenti con Daniel seduto in panchina sono i peggiori per l’attacco dell’Italia. Il play dell’Olympiacos è la vera anima della squadra, difende come se da ogni possesso dovesse passare il volo per Rio e riesce a mettere ordine e inventiva in una squadra che arranca costantemente. Condizionato anche lui dai falli.
Messina 5 – Doveva essere l’uomo in grado di ribaltare il gioco della Nazionale di soli pick and roll e isolamenti di Pianigiani. Ci è riuscito in difesa – ma l’abnegazione era presente anche con l’ex guida della Mens Sana – mentre in attacco, pur con meno pick and roll centrali, l’Italia ha sofferto per tutto il torneo. Poeta e Cervi, in una serata come questa, avrebbero forse meritato qualche minuto, anche per provare a cambiare qualcosa. È andata male e parte del fallimento spetta anche a una leggenda come lui.