Ciclismo

#Giro100, Fabio Aru tra mirto e (monte) grappa: omaggio a un corridore sfortunato

Fabio Aru - Foto Ciclismo Italia CC BY 2.0

Nella galleria di storie e successi che abbiamo messo insieme in vista di questo Giro 100 non poteva mancare lo spazio per un corridore sfortunato. Gli avevano disegnato una corsa su misura, con nemmeno un metro di pianura nell’ultima settimana; l’avevano fatta partire dalla sua Sardegna, con le spiagge incantate e il profumo del mare. Un infortunio banale, a un mese dal fatidico 5 maggio, gliel’ha strappata via.

Fabio Aru, la più rosea speranza del ciclismo italiano – nonostante quello che possa aver detto Mario Cipollini –, guarderà il Giro da casa. O non lo guarderà proprio, per non mordersi le mani e rendere meno amaro il suo rimpianto. Certo, quando si arriverà alla tappa numero 20, l’ultima di montagna prima della passerella di Milano, forse quella decisiva, avrà un piccolo tuffo al cuore con annesso triplo salto mortale e mezzo dello stomaco vedendo i suoi colleghi arrampicarsi sul Monte Grappa.

Lui, che da buon cavaliere dei quattro Mori preferisce il mirto, nel 2014 si è bevuto quella montagna come si fa con un cicchettino. Era il giorno della cronoscalata e Fabio era un giovane neoprofessionista in maglia bianca. Solo un incredibile Nairo Quintana, primo quel giorno e sul traguardo finale di Trieste, gli negò la gioia della vittoria (arrivata sulle strade del Giro già qualche giorno prima a Montecampione).

Per il resto, pedalò davvero d’incanto. Impiegò 1h 05’ 54” per percorrere i 26,8 chilometri da Bassano al monte, quasi tutti in salita, tranne i primissimi chilometri di lancio. Bocca spalancata e sguardo sbarrato, Aru sembrava sempre in debito d’ossigeno. Invece, l’ossigeno se lo mangiava per trasformarlo in potenza pura sulla bicicletta.

Quest’anno era chiamato alla rivincita dopo un 2016 non proprio esaltante. Ma nell’altalena dei campioni, prestazioni e controprestazioni sono da mettere in conto. La mancata partecipazione al Giro 100 peserà – e tanto – da un punto di vista psicologico. Sarà la testa di un corridore ormai maturo a resettare tutto e a partire dall’inizio. Per disputare un Tour de France di assoluto livello.

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