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Cominciamo con la notizia più importante: la brutta caduta nel libero, durante l’Europeo di Ostrava chiuso in sesta posizione, non le ha causato alcuna conseguenza duratura, ma solo una piccola contrattura muscolare già superata. Charlene Guignard, francese naturalizzata italiana e pattinatrice delle Fiamme Azzurre al fianco del compagno di vita Marco Fabbri, si sta allenando senza problemi in vista dei Mondiali di Helsinki in programma dal 29 marzo al 2 aprile. Sul ghiaccio dell’Agorà di Milano, sotto l’occhio attento di Barbara Fusar Poli e di Corrado Giordani, i vicecampioni nazionali, ottavi nel ranking mondiale ISU, stanno perfezionando i loro programmi, cambiando quello che, in corsa, ci si è resi conto che non funzionava, in primis la sequenza di passi dello short che per tutta la stagione ha dato problemi e non ha permesso di arrivare ai livelli auspicati.
“Con Grease, nello short – spiegano – abbiamo puntato su esplosività e rapidità, che sono i nostri punti di forza, e abbiamo cercato di creare un programma che li sapesse mettere in risalto il più possibile. Nel libero, invece, abbiamo scelto tutt’altro registro, per far vedere che siamo capaci di fare anche cose completamente diverse. Ci abbiamo lavorato davvero molto perché in tanti propongono Tchaikovsky, ma noi volevamo dare un’impronta diversa al nostro programma, a cominciare dai costumi, che non sono quelli classici che ti aspetteresti sulle note dello Schiaccianoci, ma che hanno una loro simbologia e un loro messaggio. In vista di Helsinki, nello short stiamo continuando a lavorare prevalentemente sul blues, per prendere tutti i key points; nel libero, invece, vorremmo cercare di migliorare i GOE di ogni elemento, perché il livello medio tecnico ormai è molto alto per tutte le coppie, e puoi fare la differenza solo così, ripulendo GOE e components. Vorremmo, se possibile, anche riuscire ad approfittare delle piccole novità introdotte quest’anno nelle regole di punteggio. A parità di livelli, infatti, rispetto allo scorso anno, si può ambire ad un punteggio tecnico di base un po’ più alto, soprattutto nello short. Anche nel libero è stato inserito un elemento coreografico dal valore leggermente più elevato, ma qui siamo solo nell’ordine di qualche decimo“.
Torniamo ad Ostrava: a distanza di settimane, siete riusciti a capire, anche rivedendo i video, cosa è successo su quel sollevamento?
Marco: “Sinceramente no, ma per fortuna è stata una caduta molto più brutta vista da fuori che altro. Noi non abbiamo neanche avuto il tempo di capire cosa sia successo, è stato uno di quegli errori che non ti aspetti. Forse ho preso una traccia, è sembrato come se la caviglia mi si fosse spezzata. Non so se ho spinto male, so solo che ci siamo ritrovati giù in un sollevamento che non ci aveva mai dato problemi e che non è neanche un elemento a rischio. Ci era capitato di non eseguirlo bene, ma mai di cadere, è stata la prima volta. E non è stato nemmeno un errore dovuto all’agitazione o alle gambe contratte, è stato proprio un imprevisto”.
Ultimata la fase di scarico post europeo, vi state preparando per i mondiali. L’anno scorso avete chiuso decimi, quest’anno ci sono tante variabili: quale potrebbe essere un risultato realisticamente alla vostra portata?
“Vogliamo confermarci come coppia che si sta avvicinando a quelle di vertice, ma non sarà affatto semplice sia perché è il Mondiale che precede le Olimpiadi, e permetterà di staccare i pass, sia per il ritorno di Virtue – Moir. E poi c’è la squadra russa, che rispetto al Mondiale dell’anno scorso è più forte dopo il ritorno di Bobrova – Soloviev, sospesi temporaneamente per la questione doping. L’importante, comunque, pensiamo che sia rimanere a ridosso del penultimo gruppo e quindi puntiamo ad entrare tra i primi 10. Le gerarchie nell’anno preolimpico sono un po’ cristallizzate ed è difficile cambiarle. Di solito, le coppie di vertice non le tocchi, a parte casi eclatanti come Papadakis – Cizeron che dal 13mo posto mondiale del 2014 sono passati direttamente al primo nell’anno successivo e non hanno più mollato. Ma un salto del genere rappresenta un caso su un milione. Normalmente la danza è molto gerarchica e, sia a livello nazionale che internazionale, richiede tempo, lavoro e pazienza”.
Anna e Luca non hanno ancora parlato esplicitamente dei loro programmi post olimpici ma, allo stato attuale e visti i risultati, i loro eredi sareste voi. Vi sentite pronti o la avvertite più come una responsabilità?
“Un po’ tutte e due. Diventare prima coppia carica di responsabilità, ma permette un’ulteriore crescita a livello internazionale, anche se fondamentalmente il metodo di lavoro resta lo stesso. Quando sei la prima coppia diventa un’esigenza ancora più impellente portare a casa un risultato di un certo tipo. Al momento, comunque, rimaniamo concentrati sul presente e sulla prossima stagione, e stiamo già pensando ai nuovi programmi perché può sembrare lontana, ma in realtà è dietro l’angolo e devi avere il tempo di correggere il tiro se qualcosa non funziona, soprattutto nella stagione delle Olimpiadi. C’è da dire comunque che, per fortuna, a noi non è mai successo di dover stravolgere tutto e di dover cambiare una musica, tranne nell’anno di Giulietta e Romeo ma è successo dopo appena 15 giorni”.
Parliamo delle coppie di vertice. Il ritorno di Virtue – Moir, tra i vostri preferiti in assoluto, e “i pigliatutto” Papadakis – Cizeron. Analogie, differenze e la vostra analisi sul loro modo di concepire la danza…
“Tessa e Scott riescono a fare con naturalezza qualsiasi cosa, fanno calare un’atmosfera che nessun altro sul ghiaccio riesce a creare. In più, a differenza di altre coppie, si sono coraggiosamente cimentati in tanti stili, riuscendo sempre a tirar fuori dei bei programmi. Papadakis – Cizeron, invece, sembrano, più o meno, proporre sempre lo stesso pacchetto, anche se di qualità eccezionale ed indiscutibile. Ma se non rischi quando hai 20 anni e sei già al top quando vuoi farlo? Non si può pretendere di vedere cose nuove da chi stenta quasi ad ottenere la qualificazione. Papadakis – Cizeron forse a livello di tecnica e di pulizia degli elementi sono migliori, però non riescono a creare la stessa magia di Virtue – Moir; loro sono ineguagliabili, non gli stacchi proprio gli occhi di dosso, mentre quando sul ghiaccio ci sono i francesi ti concentri più che altro su alcuni particolari”.
La vecchia danza e la nuova a confronto. Quali sono i programmi che definireste i simboli?
“La danza negli anni è talmente cambiata che, ripensando alla vecchia, sembra proprio un altro sport. Della danza moderna ci tornano in mente i Virtue – Moir di Vancouver 2010, forse quelli sono stati i programmi meglio riusciti su di loro e in un momento in cui erano al meglio della loro forma. Virtue – Moir rispecchiano davvero in toto quello che dovrebbe essere la coppia di danza, l’unisono e la complicità. La danza del passato, invece, per noi porta la firma Torvill – Dean, non a caso certi loro passaggi e certe parti coreografiche ispirano e vengono ripresi ancora oggi”.
Una domanda che arriva da una lettrice, nonché vostra ammiratrice: Sofia. Alimentazione: seguite regole ben precise?
“Mangiamo equilibrato ma di tutto, cerchiamo solo di evitare cibi troppo grassi e poco sani. Facciamo merenda ogni giorno ma senza esagerare, e comunque ci muoviamo talmente tanto che bruciamo tutto. Come ogni coppia abbiamo un equilibrio da mantenere, ma mentre determinati alimenti in alcuni sport sono off limits, nel nostro tutto dipende dalla fisicità individuale”.
Charlene, ormai sei in Italia da 8 anni. Percepisci delle differenze nel modo in cui il pattinaggio viene seguito in Italia e in Francia?
“Le differenze credo siano solo a livello mediatico, in Francia tv e giornali ne parlano decisamente di più. Quando, nel 2014, Anna e Luca hanno vinto i mondiali non ne ha parlato praticamente nessuno; in Francia, invece, quando vincono Papadakis – Cizeron se ne parla per almeno tre giorni. Non so se incida su questo il fatto che la Francia abbia avuto una coppia che ha vinto l’oro alle Olimpiadi (ndr: Anissina – Peizerat, Salt Lake City, 2002) ma sta di fatto che quando in Italia si parla di pattinaggio si fa riferimento quasi solo a Carolina Kostner. Tutti concordano nel dire che è un bellissimo sport, ma alla fine ci dedicano davvero pochissimo spazio”.
Come vedete, allo stato attuale e in prospettiva, la squadra italiana e il movimento legato ad essa?
“Se pensiamo a nomi come quelli di Barbara e Maurizio, Carolina Kostner, Valentina Marchei, Stefania Berton, Ondrej Hotarek, Anna e Luca, Nicole e Matteo, l’impressione è che negli ultimi 10 – 15 anni il pattinaggio di figura italiano sia cresciuto davvero tanto in termini di partecipazione e di risultati. Si sta creando, sebbene molto lentamente, una cultura del pattinaggio, e ne è riprova il fatto che l’Italia ha atleti forti in quasi tutte e 4 le discipline. Nelle coppie di artistico prima non avevamo nessuno, ora ne abbiamo due molto competitive, nell’individuale maschile siamo un po’ più deboli, ma abbiamo avuto Samuel Contesti e ora c’è Ivan Righini che sta cercando di alzare l’asticella; lì, però, ci sono davvero dei “mostri” e se non hai il quadruplo non vai da nessuna parte. Insomma, potrebbero volerci anni prima di riavere una squadra mediamente così forte una volta finita questa generazione e, naturalmente, tutte le speranze sono riposte nei nostri juniores”.