La F1 ha ricominciato la sua avventura in giro per il mondo dal suggestivo circuito cittadino dell’Albert Park di Melbourne. Un tracciato non molto indicativo per il prosieguo della stagione, molto più significativi Bahrain e Cina. Tuttavia qualche indicazione è arrivata dai primi 58 giri: la Mercedes non abdica, la Ferrari resta una principessa in attesa di trono. La lotta è a due o meglio a uno e mezzo. La scuderia di Stoccarda è il team da battere e non sarà affatto facile, la Rossa sarà una costante spina nel fianco, ma i tempi con le medie e le morbide della Rossa rispetto a quelli dei rivali teutonici rivelano che il gap anche sul passo gara è notevole, seppur riducibile. L’impressione è che sarà un campionato più combattuto di quello precedente, ma a diventare campioni del mondo saranno comunque le Frecce d’argento e uno tra Hamilton e Rosberg, gli unici capaci di fare 40 giri con un solo set di gomme. Con le medie tenevano sotto controllo la Ferrari sulle morbide.
Il presidente Marchionne vuole il titolo oggi e lo ripete anche a costo di innervosire il team principal Arrivabene che avendo il polso della squadra e una discreta conoscenza delle variabili di una gara sa cosa è realistico e cosa no. Non l’ ha presa bene e lo ha fatto presente ai suoi uomini a Maranello che però hanno bisogno di rimanere compatti e concentrati. Devono archiviare le critiche e soprattutto non commettere altre leggerezze come quelle che hanno vanificato il probabile primo posto di Vettel. La Ferrari non può proprio permetterselo. Di buono c’è che il terzo posto del 2016 non è ben accetto come quello del 2015, se prima era un successo, ora è una mezza sconfitta.
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Per quanto riguarda i piloti: Rosberg c’è, Hamilton è un punto interrogativo, Vettel è speciale e Raikkonen ha una sfiga indecente. Il tedesco biondo (Toto Wolff ha rivelato che stavano per ritirarlo a causa di un eccessivo aumento delle temperature) non è e non sarà mai un fulmine di guerra, ma potrebbe trovare giovamento nelle modifiche regolamentari. Aveva avvertito di non sottovalutare la partenza con una sola leva e l’abolizione dei team radio, come se sapesse che Hamilton sarebbe andato in difficoltà. L’anglocaraibico deve fare molto di più che qualche selfie e frase a effetto, forse la brutta figura di Melbourne gli darà la sveglia.
Vettel non smette mai di stupirmi per bravura. Quando vinceva con la Red Bull non si capiva esattamente quanto fosse talentuoso e quanto fosse merito della macchina. Adesso lo sappiamo. Ma è pilota a 360°: in un mondo di driver livellati nel pensiero e ignorati quando timidamente dicono la loro (vedi le qualifche), lui parla chiaro, diretto, senza stucchevole diplomazia. Un fuoriclasse si vede anche da queste cose. Per amor di patria che la Ferrari non lo trasformi in un Alonso 2.
Promettono divertimento i volti nuovi o seminuovi: eccellente Grosjean con la Haas e Palmer con la Renault. La debuttante vettura giallo banana è stata capace di tener a bada i ruspanti Verstappen e Sainz (la loro rivalità è talmente forte da assicurare lo show). Menzione speciale per Wehrlein che ha condotto la Manor fino al 14° posto prima della bandiera rossa.
Da non sottovalutare che la decisione di portare tre mescole diverse a gran premio consente di variare le strategie e che le mescole Pirelli si sono rivelate determinanti. Lo saranno per tutto il campionato.
La chiusura è per il dietrofront sul nuovo format di qualifiche: in Bahrain si torna al vecchio sistema. Per sapere come la penso mi rifaccio alle dichiarazioni di Vettel: “Sono una m…”.