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Pochi tra i professionisti in attività conoscono le Strade Bianche meglio di Damiano Cunego. Questa corsa è nel suo destino, nel bene e nel male. Come quando arrivò terzo nel 2011 dietro a Philippe Gilbert e ad Alessandro Ballan, pagando una piccolo calo nelle ultime due-tre pedalate dello strappo di via Santa Caterina e con i 400 metri finali a tutta. O come l’anno scorso, quando fu costretto al ritiro a causa di una frattura alla mano.
In questo 2017, il nome del corridore della Nippo-Vini Fantini, vincitore del Giro d’Italia 2004, non sarà sul foglio firme della partenza di Siena. La caduta alla Vuelta de San Juan e la conseguente operazione a fine gennaio lo tengono fermo ai box e gli impediranno di partecipare alle Strade Bianche e alla Tirreno-Adriatico. Il rientro è previsto per fine marzo-inizio aprile.
“È davvero un peccato non poter partecipare a questa corsa unica – ci dice Cunego con rammarico – Conservo ricordi dolci e amari a proposito delle Strade Bianche: l’anno scorso mi sono infortunato, ma in passato sono stato protagonista riuscendo a ottenere anche un terzo posto“.
Una gara diversa, che ha la cifra distintiva nei suoi tratti di sterrato, in mezzo alle campagne della provincia di Siena. Cunego, nel corso degli anni, ha saputo apprezzarne il clima che si respira ed è riuscito a svelarne i segreti: “Le Strade Bianche si decidono in due punti fondamentali. Il primo è il Monte delle Sante Marie (posizionato a circa 40 chilometri dall’arrivo, ndr), un’asperità dove solitamente solo 20-25 corridori riescono a scollinare davanti. Da lì in poi, è una bagarre continua: bisogna stare attenti alle forature, alle cadute, a non anticipare troppo l’azione. Infine, si arriva nel tratto conclusivo, la salita che porta a Siena, altro momento cruciale della gara“.
Un po’ Fiandre e un po’ Rubaix. Lo sterrato bianco sta al pavé, come le asperità della campagna del Chianti stanno ai muri fiamminghi. Le Strade Bianche sono una sorta di sintesi di due delle classiche monumento più famose: “Sì, è vero – continua Cunego – la corsa senese ha aspetti in comune con entrambe. Ma è fatta a modo suo, ha un suo stile che, un po’ alla volta, ha conquistato atleti e istituzioni del ciclismo internazionale“.
E infatti, da quest’anno, le Strade Bianche entreranno a far parte del circuito World Tour, un riconoscimento prestigioso che permetterà a tutte le squadre di maggior caratura di portare a gareggiare i propri atleti migliori: “Era l’ultimo gradino che mancava alla corsa per mettersi in pari con le altre classiche che hanno una storia molto più lunga alle spalle – commenta Cunego – Un vantaggio enorme per le Strade Bianche: ci sarà una concorrenza molto agguerrita, con tanti volti nuovi e competitivi a contendersi il successo finale“.
Chi, invece, non era per nulla nuovo a questa corsa è Fabian Cancellara. Lo svizzero, che l’ha vinta per ben tre volte, si è ritirato al termine della scorsa stagione: “Ecco – ricorda il corridore della Nippo-Vini Fantini – Fabian è uno di quelli che ha creduto nelle Strade Bianche sin dalle prime edizioni e la corsa deve essere onorata di questo. Quando smettono atleti della sua caratura, c’è sempre un po’ di vuoto. Ma il bello del ciclismo è che si trovano sempre altri grandi campioni che raccolgono il testimone delle generazioni precedenti“.
Uno sguardo al passato e uno al futuro. Cunego è consapevole della difficoltà del pronostico per questa edizione delle Strade Bianche, visti i grandi nomi di spessore che saranno al via. Ma ci prova lo stesso: “Quando in corse come queste c’è Peter Sagan alla partenza, bisogna indicarlo come favorito. Moreno Moser (già vincitore qui nel 2013, ndr) ha trovato una sua dimensione, una buona squadra e potrebbe fare bene. Me lo auguro. Per quanto riguarda gli altri, bisognerà vedere chi avrà voglia di rischiare di più: le Strade Bianche arrivano a inizio stagione, prima di altri appuntamenti importanti e c’è sempre un po’ di timore per qualche infortunio che può sempre essere dietro l’angolo“.
INTERVISTA COMPLETA A DAMIANO CUNEGO (PODCAST)
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