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Nella sua rubrica ‘Posta e Risposta’ su Repubblica, Francesco Merlo tocca il tema dell’intitolazione dello stadio Olimpico a Paolo Rossi rispondendo alla domanda di una lettrice (“Non so se noi romani dovremmo ridere o piangere”).
“Ridere – esordisce Merlo – Vedrà che prevarrà il buonsenso e l’Olimpico resterà l’Olimpico. Non c’è infatti solo la bizzarria del tifo di Stato. C’è anche la violenza alla memoria di Paolo Rossi, un campione che, amato da tutti gli italiani, verrebbe esposto non voglio dire all’odio dei tifosi romanisti e laziali ma certamente all’irrisione di tutti i romani. Enrico Sisti lo ha spiegato benissimo: ‘l’Olimpico non è uno stadio al di sopra degli schieramenti’. E non vuole certo dire che l’Olimpico è uno stadio “contro” l’Italia, ma che viene prima dell’Italia, della Patria, è lo stadio dell’appartenenza organica, etnica, tribale, la stadio della squadra (Roma o Lazio), della Piccola Patria che il grande visionario (e reazionario) tedesco Ernst Jünger battezzò Mutterland, la terra della madre, della Matria (parola che il facile femminismo dovrebbe usare con cautela) contrapposta alla Vaterland, la terra del padre. Vedrà , cara tifosa, che Gabriele Gravina, eletto all’unanimità , saprà ora guadagnarsi tutti quei voti che ha avuto“.
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