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Basket, Mondiali Cina 2019: prosegue l’era del minimo indispensabile per la pallacanestro azzurra

Marco Belinelli - Foto "Fiba.basketball"

Simone Pianigiani-Lituania, Ettore Messina-Croazia, Meo Sacchetti-Spagna. Partite diverse, tecnici diversi, avversari diversi, ma le stesse stesse sensazioni di rammarico per aver sciupato occasioni irripetibili. Facile e doloroso riassumere gli ultimi quattro anni di Italbasket fatti di entusiasmo e sconfitte che ci hanno riportato sempre con i piedi per terra sul più bello. A Wuhan si partiva indubbiamente sfavoriti, non eravamo la nazionale che nel 2015 era in grado di giocare quaranta minuti alla pari dei lituani o quella del 2016 obbligata a vincere il Preolimpico in casa, ma i rimpianti sono tanti perché dopo tre quarti e mezzo alla pari della selezione iberica è arrivato il solito blackout azzurro. L’imprinting perdente sarà il cruccio di questa generazione e nessuno dei tecnici citati in apertura è riuscito a cambiare le cose. Prosegue l’era del minimo indispensabile, l’appuntamento è per il Preolimpico 2020.

EPILOGO AMARO – Sul cronometro 3:58, l’Italia sopra di quattro lunghezze e pochi secondi sul cronometro dei 24” iberico. Belinelli da dietro commette un fallo ingenuo su Llull che accorcia in lunetta. Nei due possessi successivi il numero tre azzurro si concede tentativi scellerati dall’arco, in poco più di un minuto da +4 passiamo a -2. Inutile girarci intorno, questo è il punto di snodo della serata azzurra che in una fase delicata paga gli errori di uno dei suoi elementi più esperti. Naturalmente non si può ridurre ad un solo uomo il capo d’imputazione, ma una squadra con il braccino perenne non può convivere con i timori di uno dei giocatori più rappresentativi. Da ripetere però che il problema non è Belinelli perché in Cina con la Spagna è mancato lui, nelle passate occasioni sono venuti a meno altri giocatori. La cosa in comune agli ultimi gruppi azzurri è il ball stopping che fa morire la manovra e ci porta costantemente a fare scelte che rovinano quanto di buono fatto per arrivare al rush finale. Le rotazioni come prevedibile si sono confermate corte per giocare la manifestazione iridata, dalla panchina Gentile e Della Valle gli unici a salvarsi. Il primo per quanto discontinuo si è confermato l’unico in grado di affrontare gli iberici a difesa schierata mischiando un po’ le carte, il secondo ha raccolto sei punti in un momento di grande difficoltà offensiva dei compagni. Le poche opzioni a disposizione di Sacchetti hanno fatto sorgere un’altro problema quello del ritmo, questa nazionale contro Serbia e Spagna è stata costretta a tenere ritmi bassi per quaranta minuti e questo non è stato sufficiente per permettere al quintetto di tenere lucidità fino alla fine.

COSA SI SALVA? – Paul Biligha sale alla ribalta adempiendo con successo al compito più arduo, frenare Marc Gasol e i lunghi spagnoli. In apertura di rassegna Biligha aveva avuto difficoltà contro la fisicità dell’Angola e nulla faceva presagire alla possibilità di poter reggere il confronto con i pari ruolo iberici. A Wuhan invece difesa e rimbalzi eccellono e gli consentono di lasciare a Gasol a due punti. Buone anche le prove di Datome e Gallinari, il primo torna a creare veri pericoli nelle difese avversarie, il secondo tira con buone percentuali e fa il suo anche se ci si chiede perché nel finale non abbia preso in mano le redini della squadra. Per il resto il nostro Mondiale si chiude con l’ottenimento del minimo indispensabile, il Preolimpico è stato raggiunto e un’eventuale vittoria con il Porto Rico varrà il piazzamento nelle prime dodici.

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