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Us Open 2017, Nadal come Agassi in Australia: finale Slam senza affrontare top-10

Rafael Nadal, foto Ray Giubilo

Rafael Nadal è in finale agli Us Open 2017, la ventitreesima in carriera in uno Slam (quindici delle quali vinte), la quarta a Flushing Meadows e la terza stagionale. Numeri da capogiro, nonostante questi l’ennesimo traguardo della rinascita dell’iberico è ridimensionato dall’opinione pubblica per la caratura degli avversari affrontati. Il maiorchino ha infatti l’opportunità di vincere il torneo senza essersi misurato con alcun top-10, per molti una ‘colpa’ cui ovviamente Nadal non poteva sottrarsi. Va detto, innanzitutto, che la pattuglia dei primi dieci del ranking aggiornato alla vigilia degli Us Open era dimezzata: considerando i forfait di Djokovic, Murray, Wawrinka, e Nishikori, restavano al via solo gli acciaccati Federer e Cilic, gli acerbi (per un exploit del genere) Zverev e Thiem, e Dimitrov (vera e propria delusione dopo aver illuso tutti con il primo 1000 in carriera vinto a Cincinnati). Ma torniamo a Nadal: verso la finale contro Anderson (numero 32 al mondo), Rafa ha battuto Lajovic (84), Daniel (118), Mayer (52), Dolgopolov (63), Rublev (54), del Potro (28). Di più: con un rapido sguardo al ranking dei giocatori tra parentesi, Rafa non incrociato alcun top-50 prima delle semifinali. Dati, comunque, che sono da ritenersi relativi all’attuale momento storico: Mayer ha un passato recente da numero 21 al mondo, Dolgopolov si è spinto sino al numero 13, lo stesso del Potro non ha bisogno di presentazioni. Lo spagnolo, evidentemente, non può scegliersi gli avversari ma – per ora – ha sfruttato nel migliore dei modi un tabellone invitante: dopo aver pagato a caro prezzo il conto al suo fisico e a più riprese, ironia della sorte adesso è lui il top più “sano” di tutti, con l’opportunità di giocarsi con i favori del pronostico la finale contro Anderson. Tuttavia, non è il primo caso nell’Era Open a livello Slam: lo stesso Nadal aveva raggiunto la finale a Wimbledon nel 2006 (poi persa da Federer) con Baghdatis come avversario dal ranking più alto (16).

SULLE ORME DI AGASSI – L’attuale numero 1 al mondo è in buona compagnia. L’ultimo in ordine di tempo era stato Andre Agassi agli Australian Open nel 2003, quando il “Kid” superò Vahaly (93), Lee (67), Escude (37), Coria (45), Grosjean (16), Ferreira (39) e Schuettler (36). Due anni prima, nel 2001, in circostanze simili vinse il titolo battendo Vanek (78), Goldstein (80), Prinosil (39), Ilie (49), Martin (54), Rafter (15) e Clement (18).

GLI ALTRI PRECEDENTI – La buona sorte ha sorriso anche al suo eterno rivale Pete Sampras, in due occasioni sugli amati prati di Wimbledon. Nel 1997 l’americano si misurò con Tillstrom (54), Dreekmann (78), Black (65), Korda (24), Becker (18), Woodbridge (37) e Pioline (44), mentre nel 2000 Vanek (80), Kucera (44), Gimelstob (99), Bjorkman (78), Gambil (56), Voltchkov (237), Rafter (21). Torniamo però a Melbourne per altri due casi. Nel 1999 toccò a Yevgeny Kafelnikov trionfare su Bjorman (25), Stoltenberg (29), Courier (77), Pavel (53), Martin (13), Haas (33), ed Enqvist (21). Tre anni più tardi, nel 2002, fu la volta di Thomas Johansson: nell’unico Slam vinto dallo svedese gli avversari sconfitti furono Diaz (89), Hipfl (75), El Aynaoui (23), Voinea (107), Bjorkman (64), Novak (24) e Safin (11).

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