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L’Italia femminile del tennis si aggrappa a Camila Giorgi ma non basta. Gli Australian Open 2018 confermano e amplificano le difficoltà del movimento ‘rosa’, che non porta alcuna tennista al terzo turno a Melbourne. Il Major down under non era nato sotto i migliori auspici, senza teste di serie per la prima volta dal 2002 e con sole due italiane ammesse direttamente nel main draw, minimo storico per la prima volta da diciotto anni. Anche negli Australian Open del 2000, infatti, furono Rita Grande e l’attuale capitano di Fed Cup Tathiana Garbin (proveniente dalle qualificazioni) le uniche rappresentanti del Belpaese, entrambe tra l’altro eliminate al primo turno. Questa volta è andata leggermente meglio all’Italia ma c’è poco da gioire: è vero, alla rientrante e 37enne Schiavone non si poteva chiedere di più contro la Ostapenko; è vero, sulla Giorgi si è accanita anche un po’ di sfortuna con un problema fisico che ha limitato la maceratese dopo due set alla pari con la Barty. Il bilancio complessivo, però, lascia l’amaro in bocca: nessun sedicesimo di finale conquistato e seconda settimana che appare una chimera.
Dal punto più alto del tennis femminile italiano raggiunto con la finale azzurra degli Us Open nel 2015 vinti da Flavia Pennetta, è toccato a Roberta Vinci tenere alto il tricolore nell’anno successivo con i quarti a Flushing Meadows. Poi solamente delusioni: il miglior risultato è uno sparuto terzo turno raggiunto da Camila Giorgi a Wimbledon nel 2017. Con il ritiro della Vinci ormai questione di mesi (appenderà la racchetta al chiodo dopo gli Internazionali di Roma), con Errani impegnata in una difficile risalita, la situazione appare preoccupante anche in chiave Fed Cup. Nel già complesso match contro la Spagna di Chieti del 10-11 febbraio, le uniche due top-100 nel ranking Schiavone e Giorgi non dovrebbero essere convocabili: la prima sembra ormai essersi ritirata dalla competizione, la numero 1 d’Italia è nel mezzo di un aspro conflitto con la Federazione. Potrebbe essere l’occasione giusta per rilanciare la leva del 1996 formata da Georgia Brescia, Jasmine Paolini e Deborah Chiesa ai nastri di partenza delle qualificazioni di Melbourne. Proprio questo è il bicchiere mezzo (o forse qualcosa di meno) pieno considerando che l’unica presenza nel tabellone cadetto di dodici mesi fa era rappresentata dalla Paolini. L’intero movimento femminile, sul tetto del mondo per quattro volte a partire dal 2006, ha dunque un disperato bisogno di una svolta e la sola Camila Giorgi a far da traino potrebbe non bastare.