Giochi Olimpici invernali giovanili Lillehammer 2016

Lillehammer 2016 – Lindsey Vonn: “Per 2 anni non ho parlato a mio padre”

Thomas Bach e Lindsey Vonn - Foto from IOC official twitter

Ai Giochi Olimpici giovanili di Lillehammer 2016 Lindsey Vonn ha incontrato i ragazzi chiamati a rappresentare le proprie nazionali ed ha parlato della propria storia, spiegando come ha preso certe scelte, come sì è relazionata con la famiglia, le pressioni ed il mondo di tutti i giorni.

Ciao, mi chiamo Lindsey Vonn, ho vinto un oro olimpico in discesa e un bronzo in superG…ciao?!” ha così debuttato il volto più famoso al mondo dello sci alpino, con un sorriso e un tono scherzoso davanti ad una sala gremita per ascoltare i segreti di colei che sembra lanciata verso il record di più vittoriosa di sempre nella disciplina. “La mia forza più grande, quella che mi ha sostenuto da sempre quando ero piccola era mio padre: io volevo a tutti i costi partecipare all’Olimpiade di Salt Lake City nel 2002, era il mio sogno ed il mio obiettivo fisso mentre crescevo. Mio padre ed io abbiamo così fatto un piano per arrivarci: decidemmo quali erano le gare più importanti da fare, quali scelte fare e lui mi ha sempre sostenuto ed aiutato in tutto anche quando non poteva venire alle gare con me. Certo anche mia madre, mio fratello e le mie sorelle mi hanno sempre appoggiato, ma mio papà è stato anche lui uno sciatore in passato e sapeva cosa serviva per arrivare in alto.

Ma se il passato così lontano evoca questo ricordo del padre ed il presente ha anch’esso un sentimento simile, non vuol dire che le cose siano sempre state così idilliache in casa Kildow.

Mio papà era a Garmisch qualche settimana fa, ancora adesso mi segue quando può. Mia mamma purtroppo ha avuto un infarto quando mi ha avuta, per cui non può più sciare, ma ciononostante fa sempre il tifo per me, anche se spesso da casa, davanti ad un computer alle tre del mattino! Ovviamente però le cose non sono sempre state perfette: in passato ho avuto problemi con mio padre, circa quando avevo 18 o 19 anni e per un paio d’anni non gli ho più parlato. Questa è la parte più difficile di avere dei genitori coinvolti nella tua carriera: loro hanno la capacità di supportarti e appoggiarti, ma a volte tu devi fare delle scelte per te stesso. Ora è tutto chiarito e penso che ad un certo punto capisci che ci si può mettere tutto alle spalle e tornare ad essere una famiglia.

Il discorso poi è andato sulla prima esperienza olimpica della super campionessa americana ed il raffronto tra questa prima volta e l’ultima, che per lei è stata a Vancouver, nel 2010, poiché assente per infortunio a Sochi due inverni or sono.

Alla mia prima Olimpiade avevo solo 17 anni, non avevo aspettative di medaglia e quindi ho solo cercato di godermi l’esperienza il più possibile. È stato decisamente diverse da quanto successo a Vancourse, dove tutti si aspettavano che io vincessi tutte le gare, anche se l’aspettativa arrivava più dai media che da me stessa. Ad ogni modo è stata un’esperienza diversa, anche perché ero così giovane alla prima Olimpiade, mentre a Vancouver ero più matura, avevo uno staff diverso attorno a me: un fisioterapista e un preparatore atletico, figure che non avevo allora. Poi comunque io penso che ogni gara, ogni competizione, ogni Olimpiade ti insegni qualcosa ed è così che tu cresci come atleta e come persona.

Con un paio di battute sul tempo libero occupato con la cagnolina Lucy, tra cui una camminata sulla slack-line in compagnia della fidata bestiolina, e una battuta su come cambi la sua preparazione ad una gara a seconda del suo umore, sì ha ammesso che anche lei si sente nervosa ogni tanto, la Vonn ha lasciato il palco per passare ancora qualche momento con gli atleti americani prima di ripartire alla volta di La Thuile.

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