Calcio

Gianfranco Zola: “Maradona un fratello maggiore. La sua morte mi ha colto impreparato”

Diego Armando Maradona
Diego Armando Maradona - Foto Antonio Fraioli

Perdere Diego è stata una sassata alle spalle. E’ stato un fratello maggiore. Con me, ragazzino debuttante in A tra tanti campioni, è stato molto disponibile. Mi ha insegnato tanto e non lo scorderò mai. Diego è stato un grande, è sbagliato dipingerlo sbrigativamente. Chi ha avuto la fortuna di giocarci assieme ha avuto solo cose buone”. Lo ha detto Gianfranco Zola in un’intervista a “La Repubblica”, ricordando Diego Armando Maradona, con cui ha condiviso lo spogliatoio del Napoli per alcune stagioni. Sapevo di uno stile di vita al di sopra delle righe, ma mai avrei pensato che potesse morire – ha detto l’ex Chelsea, Parma e Cagliari -. Mi ha colto impreparato, è  come se fosse scomparso uno di casa. Siamo stati in gruppo al suo matrimonio in Argentina, l’abbiamo commentato come fosse stata la cerimonia di un parente strettissimo”. 

Il ricordo più intenso? Era un numero uno – ha aggiunto Zola – . Ho avuto al fianco un genio che non ha mai fatto pesare l’immensità tecnica, la gestione della gara, l’intuito. Penso all’estro di Gascoigne o Best: monumentali per visione, gesti e qualità, fragili e perduti fuori dal campo. Maradona rimane un gigante, estremamente vitale per la mia carriera: se non lo avessi incontrato sarei rimasto un buon calciatore. Ha esaltato le mie abilità potenziali. Conserverò la sua immagine in campo e da persona che andava oltre i limiti. Senza far mai male a nessuno se non a sé stesso”. 

Dopo gli allenamenti, mettevamo le barriere per le punizioni: per lui, distanza e potenza da dare alla palla, erano dettagli. Mi spiegò come calibrare la traiettoria – ha poi detto Zola -. Mi faceva calciare in porta mille volte dall’altezza della bandierina, quattro metri oltre la linea di fondo. La giocata da fantascienza? Il gol a Giuliani del Verona, da 50 metri con un pallonetto – continua Zola – Il passaggio della maglia 10? Giocavamo a Pisa. In pullman Diego mi prese in giro: ‘Gianfranco, domani metto la 9 e tu la 10. Ma non illuderti, lo faccio solo perché voglio onorare Antonio’. Careca era out e lui rise a lungo, vedendo la mia faccia basita. Ma è anche vero che a Ferlaino disse che per sostituirlo non dovevano comprare nessuno perché c’ero io”.

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