Amarcord

L’angolo del ricordo, Earvin “Magic” Johnson: il Re dello Showtime che sorrise alla morte

Magic Johnson
Magic Johnson

14 maggio 1996: Earvin “Magic” Johnson, tornato in NBA a quattro anni dal primo ritiro, annuncia il definitivo ritiro dopo aver giocato 32 partite di regular season e quattro di playoffs. La data del primo ritiro è tuttavia quella più sconcertante, quella rimasta indelebile nella mente degli appassionati al tempo: 7 novembre 1991. Una data che soprattutto i tifosi losangelini non saranno mai in grado di dimenticare. Una data in cui, nonostante la gravità degli eventi, Magic non smise ugualmente di sorridere. E’ legato indissolubilmente alla magia gialloviola come lo è stato Jerry West e come lo è stato il compianto Kobe. E’ stato colui che ha portato lo ShowTime non solo al The Forum (casa della franchigia prima dello Staples) ma anche nella propria vita.

Il piccolo Earvin nasce a Lansing (capitale dello stato del Michigan) il 14 agosto 1959. Figlio di un operaio della General Motors, cresce con impiantata nel DNA una palla a spicchi arancione andando a fare la spesa palleggiando, spalando la neve la mattina presto nello spiazzo di fianco a casa per poter tirare prima e dopo la scuola, anche se la sua passione non è quella. Il suo vero talento è sempre stato portare la sua immaginazione al servizio della squadra: una definizione di ciò che in un futuro prossimo chiameranno ShowTime. In età adolescenziale gli viene affibbiato il soprannome Magic per la sua capacità di cui sopra, ovvero di immaginarsi e realizzare in una velocità pari al nanosecondo modi di passare la palla che sono d’avanguardia anche al giorno d’oggi. Condurrà Michigan State University al titolo nel 1979, giocando una finale da brivido contro un certo Larry, che di cognome faceva già Legend: fu la finale più vista e sentita dello sport universitario americano.

Approdato in NBA, Johnson viene subito introdotto come “L’uomo capace di accendere le televisioni con il suo sorriso”. Assieme a Kareem condurrà i Lakers al titolo nel 1981, sebbene la gara decisiva nelle finali contro Philadelphia la giocò senza il centro inventore del gancio cielo. E la giocò proprio al suo posto, in tutti i sensi. A partire dal volo di andata per Phila, dove sull’aereo Magic si sedette nel posto riservato a Jabbar, e disse “Tranquilli ragazzi, ci sono qui io”. Quella sera Johnson divenne il primo giocatore della storia ad essere stato sul parquet di gioco sia come playmaker che come pivot, realizzando 42 punti, 13 rimbalzi e 7 assist. Nel 1982 la storia si ripeterà sempre contro Philadelphia.

Sembra andare tutto a gonfie vele, finchè Magic, nelle finali del 1984, incontra il suo nemico di sempre nel più grande spot che l’NBA abbia mai avuto. Sempre Larry e sempre Legend. Earvin crolla: in gara-2 sbaglia un passaggio cruciale, in gara-4 i liberi del successo. Ma l’apoteosi avviene in gara 7, quando Dennis Johnson gli ruba l’ultima palla che può togliere il titolo ai Celtics. Viene risoprannominato Tragic Johnson. La tanta agognata rivincita sarebbe arrivata tuttavia l’anno successivo. Gara-6 in casa biancoverde, i Lakers vincono il titolo per la prima volta dopo ben otto finali perse al Boston Garden. Nell’estate dello stesso anno, la Converse decide di girare uno spot con Magic e Larry assieme. Sul set tra i due nasce una grande amicizia, tant’è che durante le riprese dello spot, che prevedeva una sorta di duello stile “Far West”, i due non riescono a smettere di ridere. In campo, siamo però di nuovo alle solite: ancora Lakers-Celtics in finale del 1987. Altra super prestazione, altro titolo ai gialloviola. A Magic, però, viene chiesto di essere più egoista. E con ciò arriverà un’altro titolo l’anno successivo contro i Pistons di Isahia Thomas, riuscendo in un repeat che la NBA intera non vede dal 1969. Raggiungerà altre due finali prima di quel famoso 7 novembre: una contro i Pistons e l’altra contro i Bulls di Jordan, entrambe perse. Non serve un illuminato per capire quanto siano irrilevanti i 5 titoli NBA nella storia di questo giocatore.

Il 7 novembre 1991, infatti, arriva la tragica notizia, quella che nessun tifoso di questo sport si aspettava. Quella che nessuno non si sarebbe mai aspettato.A causa del virus dell’HIV che ho, devo ritirarmi dai Lakers oggi… devo chiarire: non ho l’AIDS, mia moglie è negativa”. A quasi venticinque anni da quel giorno d’autunno, Magic risulta essere la persona ad aver contribuito maggiormente alla conoscenza e al finanziamento della ricerca sull’AIDS, contratto da rapporti sessuali non protetti come lui stesso ammetterà. Giocherà per il Dream Team alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, e un All-Star Game da favola tranciando di netto tutti i pregiudizi che fino ad ora gravavano sulle persone afflitte dalla sua stesa malattia. Sempre con quel fantastico sorriso che gli solca il volto.

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