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Laver Cup 2017, esperimento riuscito. E non chiamatela esibizione

Roger Federer - Foto Ray Giubilo

Cala il sipario sulla O2 Arena di Praga: la prima edizione della Laver Cup va all’Europa e può sicuramente definirsi un esperimento ampiamente riuscito. “Non sarà un’esibizione”, aveva dichiarato Roger Federer, uno degli ideatori di questa nuova competizione, e non lo è stata. Partite tirate e di livelli, tanto agonismo e poco spazio ai classici scambi da circo che contraddistinguono i match di tennis senza nulla in palio. Quasi nulli i sorrisi in campo, ma il divertimento non è sicuramente mancato. Un’occasione per far gruppo per la selezione europea e quella del resto del mondo: composta e di classe quella dei primi, casinara e talentuosa quella dei secondi. I pronostici della vigilia sono stati rispettati e non poteva essere altrimenti (cinque top 10 per l’Europa, solamente cinque top 50 per il resto del mondo, orfani tra gli altri anche di Del Potro e Raonic) ma resta l’impressione di aver assistito ad un qualcosa ben lungi dall’essere un’edizione isolata e fine a se stessa, ‘snobbata’ nei prossimi anni dai big. I continui “vamos” di Nadal, i consigli e i coaching di Federer al cambio campo per i più giovani Zverev e Thiem, l’onore per tanti astri nascenti di giocare davanti a leggende dello sport e per difendere i colori di una fetta di mondo diversa dalla semplice nazione come per la Davis Cup: nessuno aveva voglia di perdere e sfigurare, nessun punto del ranking in palio ma l’onore nel nome di Laver, un bell’espediente per frenare le infinite discussioni sul più forte della storia. Almeno nella tre-giorni di questa competizione, è l’australiano il G.O.A.T, l’unico fino a questo momento capace di racchiudere nella stessa metà campo Nadal e Federer per un doppio che entrerà di diritto negli annali di questo sport. Altre conferme? Le lacrime di uno come Kyrgios, “spaccone” per carattere e solitamente distaccato emotivamente in ogni sua sconfitta, affranto dopo aver ceduto nel match decisivo contro Federer e consolato in panchina da McEnroe.

SQUILIBRIO DELLE SQUADRE – Si è discusso tanto sul notevole divario tra Europa e Resto del Mondo, lo stesso McEnroe aveva ammesso la superiorità degli uomini a disposizione dell’eterno rivale Borg (tornati sulla cresta dell’onda anche a pochi mesi dall’uscita del film che ripercorre la loro storia). Lampante, vero, ma il tennis ha dimostrato ancora una volta che in una competizione a squadre tutto può succedere. Inoltre, come ogni sport, è ciclico. Una Laver Cup nel 1998 sarebbe risultata squilibrata all’opposto con Sampras, Rios, Rafter e Agassi nel Resto del mondo. Oppure nel 2001 con Hewitt, Kuerten e Agassi sul podio del ranking di fine anno. O ancora, in un ipotetico scontro tra tennisti sotto i 25 anni: Kyrgios, Kokkinakis, Shapovalov, Tiafoe potrebbero sicuramente giocarsela contro Zverev, Thiem, Rublev, Khachanov e perché no, anche il nostro Berrettini. Nella Ryder Cup di golf, cui la Laver Cup è stata spesso paragonata, gli Stati Uniti hanno vinto due terzi delle edizioni sull’Europa (26 a 13) ma, ad esempio, solo tre delle ultime nove.

AMPLIAMENTO ALLE DONNE – Un’idea potrebbe essere quella di allagare la competizione anche al circuito femminile. Sarebbero bastate le due sorelle Williams in forma o le due finaliste degli Us Open Sloane Stephens e Madison Keys per dare ancor più filo da torcere al tennis europeo. Difficilmente però si arriverà al connubio Atp-Wta: la competizione è stata ideata prettamente da uomini in onore di Laver, sarebbero dunque poche le motivazioni per le donne. Più probabile, al contrario, la creazione dell’equivalente femminile. Chissà, tra qualche anno intitolato a Margaret Court o proprio a Serena Williams. Di certo la Laver Cup non si fermerà, anzi guarda già al 2018. in giornata è stata infatti ufficializzata la location della prossima stagione: si giocherà a Chicago.

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